The Old Oak
Cineforum - Cinedizionario
A seguire incontro con Arianna Prevedello
Genere: Drammatico Anno: 2023 Regia: Ken Loach Attori: Dave Turner, Ebla Mari, Debbie Honeywood, Chris Gotts, Rob Kirtley, Andy Dawson, Maxie Peters, Lloyd Mullings, Reuben Bainbridge Paese: Francia Durata: 113 min
TRAMA
The Old Oak è un posto speciale. Non è solo l’ultimo pub rimasto, è anche l’unico luogo pubblico in cui la gente può incontrarsi in quella che un tempo era una fiorente località mineraria e che oggi attraversa momenti molto duri, dopo 30 anni di ininterrotto declino. Il proprietario del pub, TJ Ballantyne (Dave Turner) riesce a mantenerlo a stento, e la situazione si fa ancora più precaria quando The Old Oak diventa territorio conteso dopo l’arrivo dei rifugiati siriani trasferiti nel villaggio. Stabilendo un’improbabile amicizia, TJ si lega ad una giovane siriana, Yara (Ebla Mari). Riusciranno le due comunità a trovare un modo di comunicare? The Old Oak è un dramma commovente che parla di perdite, di paura e della difficoltà di ritrovare la speranza
CRITICA
Come ogni film di Loach anche The Old Oak affonda a piene mani nella storia recente della Gran Bretagna e nella sua società, ed è anche questo un film militante, ma lo sguardo del regista risulta per il pubblico di tutto il continente e di tutto il mondo prezioso, critico e lucido: registra e non giudica le debolezze di chi è schiacciato dalle iniquità e le contestualizza, ma prende anche, ancora e sempre, posizione, gridando forte chiaro che, ancora oggi, nel 2023, è necessario schierarsi, scegliere da che parte stare, darsi da fare per il mondo in cui si vuole vivere, per costruirlo. Un darsi da fare che non può essere individuale perché la salvezza di una società o di una sua parte, è per definizione una questione collettiva, e deve affondare in una chiara visione di ciò che è giusto e di ciò che non lo è, assumendosi i rischi che schierarsi comporta sempre. Oltre a questo, The Old Oak è un film pieno di sentimento, commovente e sincero, in cui la comprensione dell’umanità e delle sue fatiche trasuda da ogni fotogramma. Un film che ci racconta che cosa rischiamo di diventare volgendo lo sguardo sempre da un’altra parte, e che cosa possiamo ancora essere. E ci ricorda che il primo antidoto contro la disumanizzazione è la nostra coscienza, personale e civile. (today.it)
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