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Il giovane favoloso


sab 01_11 ore 21.15
dom 02_10 ore 18.00 - 21.00


GENERE: Biografico, Drammatico, Storico
ANNO: 2014
REGIA: Mario Martone
SCENEGGIATURA: Mario Martone
ATTORI: Elio Germano, Isabella Ragonese, Michele Riondino, Massimo Popolizio, Edoardo Natoli, Anna Mouglalis, Valerio Binasco, Paolo Graziosi
PAESE: Italia
DURATA: 137 Min






Trama

Il giovane favoloso inizia con la visione di tre bambini che giocano dietro una siepe, nel giardino di una casa austera. Sono i fratelli Leopardi, e la siepe è una di quelle oltre le quali Giacomo cercherà di gettare lo sguardo, trattenuto nel suo anelito di vita e di poesia da un padre severo e convinto che il destino dei figli fosse quello di dedicarsi allo "studio matto e disperatissimo" nella biblioteca di famiglia, senza mai confrontarsi con il mondo esterno.
Mario Martone comincia a raccontare il "suo" Leopardi proprio dalla giovinezza a Recanati, seguendo Giacomo nella ricerca costantemente osteggiata da Monaldo e da una madre bigotta e anaffettiva delineata in poche pennellate, lasciandoci intuire che sia stata altrettanto, e forse più, castrante del padre: sarà lei, più avanti, a prestare il volto a quella Natura ostile cui il poeta si rivolgerà per tutta la vita con profondo rancore e con la disperazione del figlio eternamente abbandonato.

Recensione
La prima ora de Il giovane favoloso, dedicata interamente a Recanati, è chiaramente reminescente dell'Amadeus di Milos Forman, così come il rapporto fra Giacomo e Monaldo rimanda a quello fra Mozart e suo padre. Ma non c'è margine per lo sberleffo nell'adolescenza di Leopardi, incastonato nei corridoi della casa paterna e in quella libreria contemporaneamente accessibile e proibita. In queste prime scene prende il via il contrappunto musicale che è uno degli elementi più interessanti della narrazione filmica de Il giovane favoloso, e che accosta Rossini alla musica elettronica del tedesco Sasha Ring (alias Apparat)e al brano Outer del canadese Doug Van Nort.
Attraverso un salto temporale, ritroviamo Leopardi a Firenze, dove avvengono gli incontri con l'amata Fanny e con l'amico Antonio Ranieri, entrambi fondamentali nel costruire la geografia emotiva del poeta. È del periodo fiorentino anche il confronto con la società intellettuale dell'epoca, che invece di cogliere la capacità visionaria di Leopardi in termini di grandezza artistica ne intuiscono la pericolosità in termini "politici", in quanto potenziale sabotatrice di quelle "magnifiche sorti e progressive" che il secolo cominciava a decantare.
L'atto conclusivo, dopo una breve sosta a Roma, si svolge a Napoli, città per cui Martone prova un trasporto emotivo evidente nel rinnovato vigore delle immagini (ma il segmento potrebbe estendersi meno a lungo, nell'economia della narrazione). Alle pendici del Vesuvio si concluderà la parentesi di vita di Leopardi, strappandogli l'ultimo grido di disperazione con la poesia La ginestra, summa del suo pensiero esistenziale.
Martone racconta un Leopardi vulnerabile e struggente, dalla salute cagionevole e l'animo fragile, ma dalla grande lucidità intellettuale e l'infinita ironia. Elio Germano "triangola" brillantemente con le sensibilità di Leopardi e di Martone, prestando voce e corpo, sul quale si calcifica l'avventura umana e intellettuale del poeta, alla creazione di un personaggio che abbandona la dimensione letteraria, e la valenza di icona della cultura nazionale, per abbracciare a tutto tondo quella umana. La riscoperta dell'ironia leopardiana, intuibile nei suoi poemi, ben visibile nei suoi carteggi, è una potente chiave di rilettura moderna del poeta. "La mia patria è l'Italia, la sua lingua e letteratura", dice il giovane Giacomo. E Martone ci ricorda che nella lingua e letteratura di Leopardi si ritrovano le radici dell'Italia di oggi.
In questo modo Leopardi esce dai sussidiari ed entra nella contemporaneità, continuando quella missione divulgativa che il regista napoletano ha cominciato ad intraprendere con Noi credevamo. Martone fa parlare i suoi protagonisti in un italiano oggi obsoleto ma filologicamente rigoroso, e fa recitare in toto a Leopardi le sue poesie più memorabili, strappandole alle pareti scolastiche e ai polverosi programmi liceali. Germano interpreta quei versi senza declamarli, reintegrandoli nel contesto umano e storico in cui stati concepiti, e restituendo loro l'emozione della scoperta, per il poeta nel momento in cui le ha scritte, e per noi nel momento in cui le (ri)ascoltiamo. Nelle sue parole torna, straziante, la malinconia "che ci lima e ci divora", nei suoi dilemmi esistenziali ritroviamo i nostri.
Martone recupera anche la dimensione affettiva di Leopardi, raccontandolo con immensa tenerezza, e senza mai indulgere nella pietà per i tormenti fisici del poeta, che orgogliosamente rivendica la propria autonomia di pensiero intimando: "Non attribuite al mio stato quello che si deve al mio intelletto". E ne sottolinea la valenza politica, facendo dire al poeta: "Il mio cervello non concepisce masse felici fatte di individui infelici". Infine identifica nel poeta un precursore del Novecento nel collocare il dubbio al centro della conoscenza: "Chi dubita sa, e sa più che si possa". Quel che emerge sopra a tutto è una profonda affinità elettiva fra Martone e Leopardi, un allineamento di anime e di sensibilità artistiche: attraverso il poeta, il regista racconta quella condizione umana "non migliorabile", a lui ben nota e non "sempre cara", di sentirsi straniero ovunque e in ogni tempo. Il Leopardi di Martone si ricollega idealmente al Renato Caccioppoli di Morte di un matematico napoletano in quell'impossibilità per alcuni di essere nel mondo, oltre che del mondo.
Il giovane favoloso è un film erudito sulla sensibilità postmoderna che ha collocato Leopardi fuori del suo tempo, origine della sua immortalità e causa della sua umana dannazione. Martone costruisce una grammatica filmica fatta di scansioni teatrali, citazioni letterarie e immagini evocative ai limiti del delirio, come sanno esserlo le parole della poesia leopardiana. All'interno di una costruzione classica si permette intuizioni d'autore, come l'urlo silenzioso di Giacomo davanti alle intimidazioni del padre e dello zio, o le visioni del poeta nella parte finale della vita. Il giovane favoloso "centra" in pieno la parabola di un artista che sapeva guardare oltre il confine "che da tanta parte dell'ultimo orizzonte il guardo esclude". E ci invita a riconoscerci nel suo desiderio di infinito. Paola Casella

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We are the best

ven 31_10 ore 21.15

GENERE: Drammatico
ANNO: 2013
REGIA: Lukas Moodysson
SCENEGGIATURA: Lukas Moodysson
ATTORI: David Dencik, Mira Barkhammar, Mira Grosin, Liv LeMoyne
FOTOGRAFIA: Ulf Brantas
MONTAGGIO: Michal Leszczylowski
PAESE: Svezia
DURATA: 102 Min









Trama
Stoccolma, 1982. Bobo, tredici anni, affronta con una certa intraprendenza la propria adolescenza inquieta. La sua amica del cuore è la coetanea Klara, con la quale condivide una fiera marginalità rispetto agli altri compagni di scuola. Bobo suona il basso e Klara la batteria, amano il punk, vorrebbero una band tutta loro. La svolta avviene quando conoscono Hedvig, bravissima a suonare la chitarra (classica). La convertono al rock e a tagliarsi i capelli suscitando l’ira della madre e finalmente, suonano. Il loro motto è: “Il punk non è mai morto”. Sono inseparabili, finché incontrano un ragazzo già affermato nell’emergente giro “rockettaro” della città, e del quale si invaghiscono sia Bobo che Klara.

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Tutto può cambiare


sab 25_10 ore 21.15
dom 26_10 ore 18.00 - 21.00


 GENERE: Commedia, Drammatico, Musicale
ANNO: 2014
REGIA: John Carney
SCENEGGIATURA: John Carney
ATTORI: Keira Knightley, Mark Ruffalo, Hailee Steinfeld, Catherine Keener, Adam Levine, Mos Def, James Corden
FOTOGRAFIA: Yaron Orbach
MUSICHE: Gregg Alexander
PAESE: USA
DURATA: 104 Min





Trama
Dan Mulligan, produttore musicale in caduta libera, con una figlia adolescente, un matrimonio fallito alle spalle e il vizio della bottiglia, incontra Gretta, una cantautrice inglese in panne sulla banchina della metropolitana. Arrivata a New York col fidanzato quasi celebre e la promessa di una vita da spendere insieme, Gretta perde in un baleno ragazzo e sogni. Autrice di ballate sentimentali, una sera si esibisce suo malgrado in un locale dell'East Village frequentato da Dan. Ubriaco di sventura ma avvinto dalla sua musica, Dan le propone di lavorare insieme per riprendersi il loro posto nel mondo.

Recensione

Sei anni dopo Once, un mélo-musicale ambientato a Dublino, John Carney attraversa l'oceano e compone un nuovo refrain, una creazione musicale e un processo di creazione musicale che canta l'amore ed esalta il potere trasformativo dell'arte. Romantico e spassoso, Tutto può cambiare non è assimilabile comunque alla commedia sentimentale, che lambisce senza mai consumare veramente. Il nuovo film di Carney è piuttosto una ballata, un componimento pop(olare) costruito intorno a distinti attimi di felicità e affidato alla citazione viva: promenade e evasioni urbane guidate dalla musica. La linea dei grattacieli di New York (ri)trova una celebrazione e fornisce un incipit a una storia che ripaga i protagonisti dei molti affanni ma non prelude a una relazione sentimentale. Perché, alla maniera di Once, Tutto può cambiare non esplicita il sentimento, lasciando che la dialettica amorosa scorra dentro le canzoni eseguite nei vicoli, nei parchi, sulle strade e nella dismisura scenografica di New York. Città isola e unico luogo pensabile in cui realizzare il proprio sogno e magari aiutare un amico a realizzare il suo.
Tutto può cambiare si muove intorno al doppio jack di Mark, cavo e oggetto del cuore allacciato allo specchio interno della sua Jaguar vintage, che collega due cuffie a un medesimo lettore e compendia la poetica di John Carney. Un'idea di cinema che accorda le persone attraverso la musica. Pericolosamente in bilico dentro una metropoli sfruttata dal turismo sentimentale, il regista irlandese, ex batterista dei The Frames (band indie irlandese), si mantiene al di qua del limite, dissimulando i cliché, trasformando New York in uno studio di registrazione en plein air e realizzando una demo che ci viene personalmente recapitata. Come Dan spiega a Gretta, è la musica a rendere ogni passaggio della vita irrinunciabile, a cambiarla di segno proprio come fa con la commedia di Carney, definendo l'armonia della sua tessitura e sollevandola da un esito altrimenti convenzionale.
Davanti a Keira Knightley, mono-tona al microfono e disarmonica nei piani, si impone Mark Ruffalo, sfrontato, incolto e obliquo sopra il divano o dietro a un basso, che graffia usurpando il trono di Adam Levine, leader dei Maroon 5 parcheggiato letteralmente in panchina. È indiscutibilmente Mark a conquistare la scena e a riempirla col suo humor caldo e la perfetta padronanza dei tempi, che dispiegano un talento limpido e la limpida epifania di un attore troppo a lungo trascurato.  Marzia Gandolfi


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Mud


ven 24_10 ore 21.15

GENERE: Drammatico
ANNO: 2012
REGIA: Jeff Nichols
SCENEGGIATURA: Jeff Nichols
ATTORI: Matthew McConaughey, Reese Witherspoon, Michael Shannon, Sam Shepard, Sarah Paulson, Ray McKinnon, Joe Don Baker, Tye Sheridan
MUSICHE: David Perkins
PAESE: USA
DURATA: 130 Min





Trama
Ellis (Tye Sheridan) un ragazzino quattordicenne che, in giro con l'amico Neckbone (Jacob Lofland), incontra casualmente, in un piccolo isolotto sul Mississippi, Mud (Matthew McConaughey), un fuggitivo con un serpente tatuato sul braccio e una pistola sempre pronta all'uso. Nonostante sulla testa di Mud pendano una taglia che fa gola a tanti e un mandato di cattura che motiva le forze dell'ordine a spingersi anche oltre la legge, Ellis si aggrappa a lui nel disperato tentativo di rifuggire le tensioni quotidiane della sua famiglia. Colpiti dalle storia che Mud racconta loro, Ellis e Neckbone si impegnano con tutte le loro forze ad aiutarlo a rimettere in sesto una barca che gli permetta di lasciare l'isoletta sano e salvo. Tuttavia, per i due ragazzini è difficile discernere la realtà dalla versione dei fatti raccontata da Mud e presto molte domande cominciano ad affiorare nelle loro menti: Mud è davvero inseguito per aver ucciso un uomo? E, soprattutto, chi è quella misteriosa ragazza che nel frattempo è arrivata nella loro piccola città? comingsoon.it

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Perez

sab 18_10 ore 21.15
dom 19_10 ore 18.00 - 21.00


GENERE: Drammatico
ANNO: 2014
REGIA: Edoardo De Angelis
SCENEGGIATURA: Edoardo De Angelis, Filippo Gravino
ATTORI: Luca Zingaretti, Marco D'Amore, Simona Tabasco, Gianpaolo Fabrizio, Massimiliano Gallo
FOTOGRAFIA: Ferran Paredes
PAESE: Italia
DURATA: 94 Min






Trama

Demetrio Perez è un avvocato d'ufficio che difende i delinquenti, i dimenticati, i perdenti. La sua carriera è sfumata con il suo matrimonio, di cui Tea, la figlia, è l'unico bagliore. Rassegnato e inerte, si trascina nella vita, lasciando che siano gli altri a scegliere per lui. In un giorno come tanti a Napoli assiste Luca Buglione, capo camorrista che ha deciso di collaborare con la Giustizia ma alle sue regole. Determinato a recuperare una partita di preziosi diamanti nascosti nella pancia di un toro, Buglione propone a Perez uno scambio. Se l'avvocato lo aiuterà nell'impresa, lui troverà modo e occasione per incastrare Francesco Corvino, giovane camorrista rivale che ha una relazione con Tea. L'amore per la figlia lo esorterà finalmente all'azione, cambiando il suo destino di ignavo.

Recensione
Opera seconda di Edoardo De Angelis, Perez. bussa alla porta come la polizia e rovescia l'ideologia tranquillizzante del cinema italiano. Due almeno i motivi di interesse nel noir sceneggiato e diretto dal regista napoletano. Il primo è di ordine tematico. Perez ci mostra la difficoltà di riscatto di chi è caduto una volta nella vita e, per quanto resista, è destinato a cadere ancora più giù. Tuttavia la caduta viene affrontata in una prospettiva rovesciata, il punto di vista di un avvocato minacciato dalla violenza del mondo a cui appartiene e della società criminale che lo assedia. Il secondo argomento riguarda la fotografia. Il film è ambientato quasi interamente di notte e dentro giorni senza sole, proiezioni dell'angoscia interiore del protagonista. La città fuori è un enorme ingranaggio, un gigantesco organismo insieme vitale e oppressivo, che domina l'esistenza di Perez e circonda il suo tentativo di serrarsi in una tranquilla dimensione domestica.
Ambientato nel Centro Direzionale di Napoli, un aggregato di grattacieli progettato dall'architetto giapponese Kenzo Tange, Perez. è abitato da un personaggio braccato da entrambi i lati della legge, da una parte i camorristi, che arriveranno addirittura a installarsi a casa sua sequestrandolo con la figlia, dall'altra i giudici e i poliziotti nevrotici che lo sospettano e lambiscono la sua facciata borghese. L'ambiguo tormento dell'avvocato Perez, al tempo stesso eccitato e disgustato dai cattivissimi della storia, è incarnato da Luca Zingaretti, credibile nel ruolo di genitore timido e inibito che regia e sceneggiatura spingeranno verso il punto di massima intensità, là dove ogni rapporto si fa oscuro e tortuoso. A sfidarlo dall'altra parte della legge il camorrista navigato di Massimiliano Gallo, dal volto duro e la strisciante inafferrabilità, e quello imprudente di Marco D'Amore, con il viso d'angelo e il destino segnato. Tra di loro, sorpreso e inquadrato di spalle, sopravvive il protagonista di Zingaretti, che prova a tirarsi fuori dal suo fallimento personale e dalla sua disperata solitudine. Solitudine riflessa nella vita trascinata di Ignazio Merolla, collega arreso e amico caduto.
Lo sguardo di De Angelis si pone nel mezzo dell'azione e gli interpreti avanzano fino ai primissimi piani, rivelando le loro pulsioni più oscure. Nero, freddo e lucente, Perez. relaziona straordinariamente il personaggio con l'ambiente, di cui l'imponente nettezza volumetrica, quasi astratta, interpreta l'identità smarrita e problematica. Il Centro Direzionale, costruito sulla foce del Sebeto, fiume misterioso e sotterraneo che spinge dal basso per riemergere e tornare al mare, è la nuova terra di nessuno dell'alienazione dove Perez si giocherà a dadi la vita, determinandone la svolta.
Nell'intimità delle camere o di un abitacolo, si rivela invece la dark lady di Simona Tabasco, tentatrice che seduce il camorrista, condannandolo poi alla rovina. Tentatrice ma pure woman in distress, Tea Perez è la donna da salvare e insieme colei che salverà l'uomo della vita, il primo nella sua personale classifica degli affetti, suo padre, che per lei smetterà di essere usato dall'universo di potere di cui fa parte. Marzia Gandolfi

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La ricostruzione


ven 17_10 ore 21.15

GENERE: Drammatico
ANNO: 2013
REGIA: Juan Taratuto
SCENEGGIATURA: Juan Taratuto
ATTORI: Diego Peretti, Claudia Fontan, Alfredo Casero, Maria Casali, Eugenia Aguilar
FOTOGRAFIA: Nico Hardy
MONTAGGIO: Pablo Barbieri Carrera
MUSICHE: Iván Wyszogrod
PAESE: Argentina
DURATA: 93 Min





Trama
Eduardo vive in Argentina, in Patagonia. Non ha ancora compiuto cinquant'anni, ma non vuole più contatti con gli altri esseri umani. Ha perso la donna che amava e con lei anche l'interesse per la vita. Una chiamata però cambierà la sua esistenza, il suo ex miglior amico deve operarsi al cuore. Lui dovrà prendersi cura della sua famiglia e del suo negozio finché il suo amico non ritornerà a casa. Sarà un duro banco di prova per Eduardo che lo metterà di fronte ai suoi demoni del passato.

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Un ragazzo d'oro

sab 11_10 ore 21.15
dom 12_10 ore 18.00 - 21.00



GENERE: Drammatico
ANNO: 2014
REGIA: Pupi Avati
SCENEGGIATURA: Pupi Avati, Tommaso Avati
ATTORI: Sharon Stone, Riccardo Scamarcio, Cristiana Capotondi, Giovanna Ralli, Guia Zapponi, Viola Graziosi, Tiziana Buldini, Christian Stelluti
PAESE: Italia
DURATA: 102 Min






Trama
La storia è quella di Davide Bias (Riccardo Scamarcio) un creativo pubblicitario col sogno di scrivere qualcosa di bello, di vero. Convive quotidianamente con ansia e insoddisfazione: per tenerle a bada, solo le pillole. Neanche la fidanzata Silvia (Cristiana Capotondi) sa come sollevarlo dalle sue insicurezze. Quando il padre, uno sceneggiatore di film di serie B, improvvisamente muore, da Milano il giovane si trasferisce a Roma dove incontra la bellissima Ludovica (Sharon Stone), un’editrice interessata a pubblicare un libro autobiografico che il papà di Davide aveva intenzione di scrivere....

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Grand Budapest Hotel

ven 10_10 ore 21.15


GENERE: Commedia
ANNO: 2014
REGIA: Wes Anderson
SCENEGGIATURA: Wes Anderson
ATTORI: Ralph Fiennes, Bill Murray, Saoirse Ronan, Tony Revolori, Jude Law, Owen Wilson, Tilda Swinton, Willem Dafoe, F. Murray Abraham, Adrien Brody, Léa Seydoux, Edward Norton, Harvey Keitel, Tom Wilkinson, Bob Balaban, Florian Lukas, Mathieu Amalric, Jeff Goldblum, Jason Schwartzman
PAESE: USA
DURATA: 99 Min




Trama
Monsieur Gustave è il concierge ma di fatto il direttore del Grand Budapest Hotel collocato nell'immaginaria Zubrowka. Gode soprattutto della confidenza (e anche di qualcosa di più) delle signore attempate. Una di queste, Madame D., gli affida un prezioso quadro. In seguito alla sua morte il figlio Dimitri accusa M. Gustave di averla assassinata. L'uomo finisce in prigione. La stretta complicità che lo lega al suo giovanissimo neoassunto portiere immigrato Zero gli sarà di grande aiuto.

Recensione
Per occuparsi di questo film di Wes Anderson (presentato in apertura alla 64^ Berlinale) è necessaria una premessa di carattere letterario. Il film è dedicato a Stefan Zweig, scrittore austriaco tra i più universalmente noti tra gli anni Venti e Trenta. Animato da un convinto pacifismo si vide bruciare nel 1933 ciò che aveva scritto dai nazisti. È alle sue opere (tra cui un solo romanzo) che il regista ha dichiarato di ispirarsi per questo ennesimo viaggio in un mondo tanto immaginario quanto affollato di riferimenti alla realtà. A partire da quella che potrebbe sembrare solo una raffinata scelta tecnica e che invece diviene una precisa indicazione di senso. La ratio del film (cioè il formato della proiezione) cambia tre volte e finisce con lo stabilizzarsi sulla cosiddetta "academy ratio" che è stata quella della storia del cinema classico fino a quando arrivarono il CinemaScope e il VistaVision. Questo ci rivela come Anderson abbia voluto rifarsi alle opere dei Lubitsch e dei Wilder innervandolo con il suo ormai classico caleidoscopio di situazioni e di attori. Perché in questa occasione ai quasi immancabili Bill Murray ed Owen Williams si aggiungono new entries che vanno da Ralph Fiennes a Murray Abraham passando per l'esordiente Tony Revolori che non solo si carica del ruolo di coprotagonista ma finisce con il rappresentare l'immigrato costantemente nel mirino di tutti i razzismi grazie anche al suo volto che è quasi un coacervo di etnie (figlio di guatemaltechi sembra talvolta arabo e talvolta ebreo). Come il Chaplin de Il grande dittatore e il già citato Lubitsch di Vogliamo vivere Anderson vuole farci sorridere delle innumerevoli avventure a cui sottopone i suoi protagonisti. Questo però non cancella, anzi accentua, la riflessione su quelle frontiere che troppo a lungo in Europa hanno costituito punti di non ritorno per decine di migliaia di persone arrestate e fatte sparire e oggi si ripresentano con altre modalità meno tragicamente evidenti ma sempre fondamentalmente ostili.
Questo film però vuole essere anche, fin dal suo tanto astratto quanto acutamente lieve inizio, una riflessione sull'arte del narrare. Un'arte che può permettersi di parlare della realtà profittando di quanto di meno realistico si possa escogitare. Le stanze del Grand Budapest Hotel sono innumerevoli quanti i personaggi che le abitano o vi entrano anche solo per un'inquadratura. L'instancabile e vivace fantasia di Anderson possiede la chiave di ognuna di esse. Giancarlo Zappoli

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