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Visualizzazione dei post da novembre, 2013

L'ultima ruota del carro

sab 30_11 ore 21.15
dom 1_12 ore 18.00 e 21.00

GENERE: Commedia
REGIA: Giovanni Veronesi
ATTORI: Elio Germano, Alessandra Mastronardi, Ricky Memphis, Sergio Rubini, Virginia Raffaele, Alessandro Haber, Francesca Antonelli, Maurizio Battista, Francesca D'Aloja, Luis Molteni, Dalila Di Lazzaro, Ubaldo Pantani, Massimo Wertmüller, Elena Di Cioccio
FOTOGRAFIA: Fabio Cianchetti
MONTAGGIO: Patrizio Marone
PAESE: Italia 2013
DURATA: 113 Min




Trama
Ernesto Fioretti, figlio di tappezziere romano, tifoso della Roma, bambino, poi ragazzo, poi uomo e infine anziano per nulla diverso da qualsiasi altro italiano della sua età, attraversa 30 anni di storia del paese tra fatti personali e sociali: dominio e fine dei socialisti, ascesa berlusconiana, sogni di gloria di amici che non disdegnano di sporcarsi le mani o rifiutano di lavorare, amore sincero per la compagna di una vita e inevitabili malattie.

Recensione

Per il suo film più audace, dotato di maggiori aspirazioni e nettamente più riuscito, Giovanni Veronesi è partito dal più casuale, umano e popolare degli spunti: la vera vita di Ernesto Fioretti (che appare brevemente nel ruolo del sacrestano), autista suo e di molti altri registi e attori del cinema italiano. Fioretti non ha avuto un'esistenza particolarmente eccezionale (questo è parte della forza della trama), come tutti ha attraversato le diverse fasi della storia italiana, come pochi (o almeno così vuole raccontare il film) ha vissuto gli alti e bassi della propria vita in coincidenza con gli alti e bassi del paese.
Di certo nel raccontare questa vita L'ultima ruota del carro procede con trovate ed espedienti di grana grossa, non vuole mai fermarsi sulle sottigliezze nè è interessato a una ricerca intellettuale sulle molte fasi politiche ed economiche che scandiscono i tempi del racconto (assieme alle partite dell'Italia e le formazioni della Roma, a ribadire una prospettiva assolutamente anti intellettuale). Non vuole operare nemmeno ponderate valutazioni sociologiche nè tantomeno catturare lo "spirito italiano", l'interesse degli autori appare essere umano, un amore sconfinato per gli ultimi e la loro ingenua semplicità, il sentimento principe della tradizione della commedia italiana (specie di quella più ambiziosa) che, cosa rara, stavolta appare sincero e coinvolgente. I semplicismi che da sempre vediamo nel cinema di Veronesi stavolta sono supportati da uno sguardo affettuoso e innamorato delle piccole cose sconosciuto ai precedenti film del regista.
Animato da una straordinaria energia vitale che scaturisce principalmente dal corpo energetico di Elio Germano, protagonista assoluto non tanto per ruolo o minutaggio quanto per capacità di far orbitare intorno a sè qualsiasi altro personaggio e condurre anche le scene più ordinarie con un afflato emotivo non comune, L'ultima ruota del carro vuole fare un racconto sentimentale più che cronachistico del periodo preso in esame, punteggia la trama con riferimenti precisi (dal ritrovamento del cadavere di Moro alle monetine lanciate a Craxi) e cerca di portare in scena in ogni istante ciò che tutto questo potesse significare per le persone più che i fatti. Questo tratto (il più "hollywoodiano" del film) è senza dubbio il meno riuscito, populista e non popolare, contro tutti i potenti in quanto tali e a favore della povera brava gente a prescindere e innamorato genericamente della grande arte simboleggiata dallo stereotipico pittore pop (sono più feroci, calzanti e stimolanti da questo punto di vista i molti altri film italiani che nell'ultimo decennio hanno rielaborato e raccontato gli anni '70, spesso appoggiandosi al corpo esile, perfetto per l'epoca, di Elio Germano). Al contrario quando il riflettore si sposta su Fioretti e il film rivela la sua ossatura di melodramma (non mancano i classici del genere come l'ospedale) le scene si fanno più ariose e anche il punto di vista schiacciato verso il basso, verso cioè le ultime ruote del carro, sembra davvero il migliore, l'unico buono per mettere in scena la vita per come si svolge, nel suo banale essere coinvolgente.
È quindi innegabile che una squadra solo parzialmente rinnovata abbia beneficiato molto al regista e sceneggiatore toscano. Il lavoro del solito Ugo Chiti e di Filippo Bologna (che hanno scritto con Veronesi la storia non senza un occhio ad alcuni punti di forza di C'eravamo tanto amati), la fotografia desaturata di Fabio Cianchetti (molto in linea con la maniera in cui il nostro cinema sta rappresentando quegli anni, tra macchina a mano e focale lunga) e infine il montaggio di Patrizio Marone (un esperto del genere già apprezzatissimo per il ritmo impresso alla serie Romanzo Criminale), mettono in scena l'epopea semplice e priva d'ambizioni di Ernesto Fioretti con un afflato sconosciuto ai precedenti film di Veronesi, lasciando emergere quel buono che in passato rimaneva schiacciato da una messa in scena sciatta e svogliata. Non che lo stile del regista non sia comunque riconoscibile ma la nuova veste per un nuovo tipo di storia (mai Veronesi aveva voluto essere così serio con i suoi film) è innegabilmente ben tagliata. Gabriele Niola

Approfondimenti
rassegna stampa

Infanzia clandestina

ven 29_11 ore 16.00 - 18.00


GENERE: Drammatico
REGIA: Benjamin Avila
SCENEGGIATURA: Benjamin Avila, Marcelo Müller
ATTORI: Natalia Oreiro, Ernesto Alterio, César Troncoso, Christina Banegas, Teo Gutiérrez Moreno, Mayana Neiva, Violeta Palukas, FOTOGRAFIA: Iván Gierasinchuk
MONTAGGIO: Gustavo Giani
PRODUZIONE: Historias Cinematograficas Cinemania, Habitacion 1520 Producciones, Antartida Produccions
PAESE: Brasile, Spagna, Argentina 2011




Trama
uan ha dodici anni e ha condotto una parte della sua vita in esilio. Nel 1979 torna, con i genitori e la sorellina di un anno, nel suo paese, l'Argentina. Il ragazzino è stato costretto a vivere lontano da casa per la condizione di clandestinità dei genitori, guerriglieri peronisti dell'organizzazione dei Montoneros, oppositori della dittatura militare di Videla, che ha rovesciato con un golpe il governo Peron nel 1976. Il padre e la madre di Juan sono adesso convinti che sia giunto il momento di alzare il tiro e portare la resistenza nel cuore dell'Argentina. Il ritorno in patria è, però, rischioso: sono latitanti ricercati dalle autorità e devono, quindi, vivere nascosti, sotto falsa identità. Anche Juan ha un nuovo nome. Per i suoi compagni di scuola e per la ragazzina di cui si innamorerà, si chiamerà Ernesto, come il Che.

Recensione

È un'infanzia rubata quella raccontata dal regista argentino Benjamín Ávila nel suo primo lungometraggio. Una condizione che ha il preziosissimo valore della testimonianza. La sconvolgente storia del dodicenne Juan si basa, infatti, su eventi realmente accaduti al regista da piccolo. Già questo basterebbe a rendere Infanzia Clandestina un film necessario. Di opere sull'eroismo della resistenza contro le dittature nel mondo ne abbiamo viste tante, ma l'originalità di questo film sta nel diverso punto di vista, che ci permette di osservare il microcosmo partigiano dall'interno, senza filtri, se non quello di un bambino che partecipa alla resistenza scrutandola dal punto di osservazione privilegiato della propria età. E così la mette a nudo, svelandone in maniera impietosa le contraddizioni e le assurdità. Lo sguardo indagatore di Juan, che è lo sguardo bambino del regista, non condanna ma neppure assolve. Non ci suggerisce cosa è giusto o sbagliato, perché nelle guerre - clandestine o ufficiali che siano - non può esserci giustizia. Nell'Argentina di fine anni Settanta, da una parte ci sono interessi, dall'altra convinzioni. Eppure, anche queste possono condurre sul terreno minato dell'insensatezza.
Juan è stato educato sulla base di valori e princìpi ferrei, senza dubbio nobili, eroici e coraggiosi, ma intransigenti. Insegnamenti che forgiano il carattere del ragazzo, ideali che respingono con forza l'egoismo mediocre e timoroso del qualunquismo individualista, ma che rasentano l'assurdo se applicati aprioristicamente alla vita reale. Quella vita che i genitori hanno tolto a Juan, per la devozione totale a una causa. Lottano per il bene comune, per garantire al proprio paese un futuro migliore. Chiusi nel loro mondo di credenze incrollabili, il serio padre e la passionale madre di Juan donano al figlio l'amore di una famiglia unita, ma lo privano della possibilità di una vita e una crescita normali. All'inizio, avere un nome falso o una casa con nascondiglio può essere un gioco. Ma non sono un gioco le riunioni clandestine dei guerriglieri, le commemorazioni dei caduti, le armi, la paura che mamma e papà possano non tornare a casa. Juan non discute la scelta di vita imposta dai genitori, vi aderisce, non ha la maturità tale da poter fare diversamente. Ma, nel momento in cui assapora la possibilità di una vita normale, con dei compagni di gioco e la scoperta emozionante del primo amore, qualcosa si spezza nella relazione simbiotica con i genitori. È giusto privare un bambino di tutto questo? È giusto sacrificare la felicità individuale o la serenità della propria famiglia, per mettersi al servizio di una collettività che non ha il coraggio di fare altrettanto? Infanzia Clandestina pone domande complesse e non dà risposte, se non nell'insegnamento fondamentale che il magnetico zio Beto, anche lui guerrigliero, tramanda al nipote Juan, esortandolo a non tradire mai se stesso, qualunque cosa decida di fare nella vita.
Al valore di tematiche così importanti si aggiungono meriti squisitamente cinematografici: un cast sempre all'altezza del difficile compito, una sceneggiatura ben scritta - che sa far ridere e piangere subito dopo, senza mai appesantire, anche nelle situazioni più drammatiche - e una regia sicura, non invadente, ma capace di soluzioni peculiari, come l'uso del disegno animato nelle sequenze più violente, quelle che la mente di un bambino non può concepire, persino quando i suoi occhi ne diventano testimoni innocenti. Annalice Furfari

Zoran, il mio nipote scemo

sab 23_11 ore 21.15
dom 24_11 ore 18.00 e 21.00

GENERE: Commedia, Drammatico
REGIA: Matteo Oleotto
SCENEGGIATURA: Daniela Gambaro, Pierpaolo Piciarelli, Matteo Oleotto, Marco Pettenello
ATTORI: Giuseppe Battiston, Teco Celio, Rok Prašnikar, Roberto Citran, Marjuta Slamic, Riccardo Maranzana, Sylvain Chomet
FOTOGRAFIA: Ferran Paredes Rubio
MUSICHE: Antonio Gramentieri
PAESE: Italia, Slovenia 2013
DURATA: 106 Min




Trama
Paolo Bressan trascorre le sue giornate da Gustino, gestore di un'osteria in un piccolo paese vicino a Gorizia. Un quarantenne alla deriva, cinico e misantropo, professionista del gomito alzato ma anche della menzogna compulsiva, che lavora di malavoglia in una mensa per anziani e insegue senza successo l'idea di riconquistare Stefania, la sua ex moglie. Ma le cose cambiano con l'entrata in scena di Zoran, un quindicenne occhialuto lasciatogli in"eredità"da una lontana parente slovena, che parla in modo strano e sembra anche un po’ ritardato. Scopre così di essere zio, e la cosa lo disgusta. Solo quando si accorge che suo nipote Zoran è un vero fenomeno a lanciare le freccette, si ricrede. Ogni anno si svolgono i campionati mondiali di freccette con un montepremi di 60mila euro e Paolo non ha nessuna intenzione di lasciarsi scappare questa opportunità. Grazie a Zoran comincia a pensare di poter fare finalmente centro nella sua vita... Ci riuscirà? Una cosa è certa: Paolo s'è svegliato da un letargo che durava da sempre e ha iniziato a inseguire un riscatto personale. Ma Paolo l'inaffidabile, Paolo l'insopportabile, Paolo l'alcolista, prima di vincere qualsiasi gara di freccette, sarà in grado di sconfiggere se stesso?

Approfondimenti
Rassegna stampa

Via castellana bandiera


ven 22_11 ore 16.00 e 21.00

GENERE: Drammatico
REGIA: Emma Dante
SCENEGGIATURA: Giorgio Vasta, Licia Eminenti, Emma Dante
ATTORI: Emma Dante, Alba Rohrwacher, Elena Cotta, Dario Casarolo, Carmine Maringola, Elisa Parrinello, Giuseppe Tantillo, Sandro Maria Campagna, Renato Malfatti
FOTOGRAFIA: Gherardo Gossi
MONTAGGIO: Benni Atria
PAESE: Svizzera, Italia 2013
SOGGETTO: Tratto dall'omonimo romanzo di Emma Dante.
NOTE: Presentato in concorso al Festival di Venezia 2013.



Trama
Samira ha tanti anni e un dolore grande: ha perso sua figlia, uccisa dal cancro e da una vita tribolata nella periferia di Palermo. Da sette anni la ritrova in un cimitero assolato e desolato, dove sfama cani e cuccioli prima di riprendere la strada di casa alla guida della sua Punto e a fianco di un genero ostile. Rosa ha una madre da lasciare andare e un passato da dimenticare a Palermo, dove accompagna Clara, la donna amata, al matrimonio di un comune amico. Inquieta e infastidita da una città da cui è fuggita anni prima, infila via Castellana Bandiera, un strada stretta e senza senso di marcia. In direzione ostinata e contraria arriva Samira e chiede il passo per raggiungere la sua casa a pochi metri dall'impasse. Contrariata e altrettanto risoluta, Rosa è decisa a mantenere la posizione. Irriducibili sotto il sole tenace di Palermo, Samira e Rosa si affronteranno in un duello che non contempla resa e retromarcia.

Recensione

Di un uomo caduto morto in un duello non si penserà che "abbia dimostrato di essere in errore riguardo al proprio punto di vista", scrive Cormac McCarthy in "Meridiano di sangue". Allo stesso modo Emma Dante, regista teatrale che debutta al cinema, elude 'giustificazioni' o allineamenti, decidendo per il dicotomico senza stabilire una vittoria di una parte sull'altra o affermare quello che è giusto su quello che invece è avvertito come inopportuno. Rosa e Samira sono opposti che si osservano e si affrontano a una distanza limite. Figlia di un'altra madre e madre di un'altra figlia, sono selvagge votate alla distruzione vicendevole, corpi in stretto rapporto e dotati dello stesso corredo di dolore. La natura identica e testarda origina allora la tragedia, riflettendole geometricamente e impedendole a praticare la tolleranza e l'integrazione emotiva dell'altro. Calate in un clima 'pagano', che mette in scena le incomprensioni e le follie di una comunità, le protagoniste (si) ingombrano la strada del titolo e lasciano fuori campo il buco, un vuoto, uno strappo, una ferita 'non filmabile'. Oggetto di spettacolo diventa perciò la loro ostinazione all'immobilità. Schierate l'una di fronte all'altra come in un western classico veicolano pulsioni dissidenti e negative, infilando con via Castellana Bandiera il punto di non ritorno. Il duello, celebrazione dell'ordine sulle eventualità disgregative del disordine, nel dramma di Emma Dante genera al contrario una forza distruttiva che diventa espressione fondante della pulsione di morte dei suoi personaggi. Nessuno escluso. Non ci sono regole da stabilire (e da rispettare) in via Castellana Bandiera. Dove la forza produce un diritto e la gente abita lo stesso numero civico, c'è piuttosto da scommettere sul cavallo vincente. Acme del racconto, il duello made in Italy tra una Punto e una Multipla non risolve le tensioni create dalla narrazione ma le provoca definendo geometrie che si dispongono nella profondità delle protagoniste e da lì ripartono contaminando parenti, vicini, curiosi, avventori. Disagio e inesorabilità si distribuiscono frontalmente e si incarnano in donne incapaci di qualsiasi ricognizione, di qualsiasi compassione, di qualsiasi ripresa. Interpretato dalle efficacissime Elena Cotta e Emma Dante, 'affiancata' dalla Clara di Alba Rohrwacher, Via Castellana Bandiera è un film a imbuto che trascina idealmente e concretamente in un gorgo di smarrimento infinito i suoi personaggi. Confronto tragico e lontano da qualsiasi purezza eroica, l'opera prima di Emma Dante ci lascia testimoni muti e agghiacciati. Impossibilitati a intervenire inserendo la retromarcia per evitare la deriva e liberare la strada a un 'paese' bloccato e incapace di ripartire. Se non in direzione della collisione e del suo esito sciagurato. Marzia Gandolfi 

Approfondimenti
rassegna stampa

Voci nel buio


ven 15_11 ore 21,15



Regia: Rodolfo Bisatti
Anno di produzione: 2012
Durata: 90'
Genere: drammatico
Paese: Italia/Slovenia
Produzione: Kineo Film, Arkadena, Axelotil - Pablo
Distributore: Pablo Distribuzione Indipendente


presente in sala il regista Rodolfo Bisatti


Film in collaborazione con Studio Percorsi
e la Fabbrica del Sociale - coordinamento cooperative della Saccisica





VOCI NEL BUIO TRAILER from Rodolfo Bisatti on Vimeo.

Trama
Una famiglia ai margini vive prigioniera del vento, in una città misteriosa: Trieste. Il figlio adolescente, Giovanni, ha perso la vista a quattro anni. Cora, la madre, vive per lui. Il padre, Angelo, un ex professore, sopravvive nell'ombra portando i giornali nelle edicole di notte. L’immobilità e l’isolamento vengono scossi da Dusan, un serbo che disertò i combattimenti del 99 in Kosovo e che ritorna in Italia per accusare Angelo, un tempo impegnato nell’aiuto ai profughi, di aver fatto sparire sua moglie e sua figlia. Angelo, sarà quindi costretto a riaprire gli occhi. “Povero giovane! Come diavolo faceva a sapere che c’era un furgone? Deve averlo sentito. Forse vedono con la fronte. Una specie di senso dei volumi. Peso. Se ne accorgerebbe se levassero di mezzo qualcosa? Sentirebbe un Vuoto”. Dall’Ulisse di James Joyce.

Approfondimenti
sito ufficiale
pagina facebook
scheda completa su cinemaitaliano.info






Un ballo in maschera





domenica 17 novembre 2013 ore 16,30
Un ballo in maschera
di Giuseppe Verdi, dal Teatro Regio di Torino (anno 2012)




7/12 Cine-cena: la cena cinematografica



La sala della Comunità Cinema Marconi e l'associazione culturale Arte del Sogno, che ne cura la programmazione, ti invita a partecipare alla specialissima prima edizione della Cine-cena: la cena cinematografica!


sabato 7 dicembre 2013 – ore 20.30
sala Polivalente del Patronato 
del Duomo di Piove di Sacco (Pd)

MENU
Coraggioso come Il gladiatore,
Maccheronico come Un americano a Roma,
Avventuroso come Thelma & Louise,
Romantico come Chocolat...

BIGLIETTI 
adulto € 20,00 – fino ai 14 anni € 10,00
da 0 a 3 anni gratis.


PREVENDITE A PIOVE DI SACCO (entro il 3 dicembre)
- biglietteria del Cinema Marconi (via Gauslino, 7)
- bar del Patronato (corte Milone, 1)
- ortofrutta Gianni Benvegnù (via Garibaldi 137)

INFO
E. cinema.marconi@gmail.com | T. 338 43 76 352


Il ricavato andrà a sostegno della Campagna Proiettati al futuro per l’aggiornamento 
del proiettore digitale 2K del Cinema Marconi.

Una canzone per Marion

ven 8_11 ore 16.00 e 21.15

GENERE: Commedia, Drammatico
REGIA: Paul Andrew Williams
SCENEGGIATURA: Paul Andrew Williams
ATTORI:
Vanessa Redgrave, Terence Stamp, Gemma Arterton, Christopher Eccleston, Anne Reid, Calita Rainford, Ram John Holder, Bill Thomas
FOTOGRAFIA: Carlos Catalán
MONTAGGIO: Dan Farrell
MUSICHE: Laura Rossi
PRODUZIONE: Steel Mill Pictures, Coolmore Productions
PAESE: Germania



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Ospite della serata il Walk Together Gospel Choir della Scuola di Musica "Salti di tono" di Piove di Sacco, diretto dal jazzista e arrangiatore Franco Nesti. Come il far parte di un coro può migliorare la tua vita e quella di chi ti sta intorno.

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Trama
Arthur e Marion sono una coppia di pensionati londinesi profondamente uniti nonostante i loro caratteri diversi. Marion è positiva e socievole, Arthur è cupo e arrabbiato con il mondo intero. Arthur non comprende l'entusiasmo della moglie nel cantare nel coro locale diretto dalla frizzante Elizabeth. Ma a poco a poco, attraverso la scoperta della musica, verrà toccato dallo stato d'animo del gruppo e dalla gentilezza di Elizabeth.

Recensione
Paul Andrew Williams riprende la recente tradizione delle commedie che parlano di anziani e di seconde possibilità e dei film i cui una coppia anziana si fronteggia con la malattia e la morte per narrare la crescita e il cambiamento di un uomo da sempre chiuso in se stesso.
Se la sua trasformazione è prevedibile, bella e struggente è la parte del film incentrata sul rapporto fra marito e moglie. Molto bravo Terence Stamp, sublime Vanessa Redgrave. (Carola Proto)