DATA USCITA: 05 maggio 2016 GENERE: Animazione
ANNO: 2016
REGIA: Vincent Kesteloot, Ben Stassen
DISTRIBUZIONE: Notorious Pictures
PAESE: Belgio
DURATA: 90 Min
Il pappagallo Martedì
viveva tranquillamente su un'esotica isola insieme ai suoi amici
animali, quando un giorno all'improvviso una nave naufraga davanti a
loro. Impauriti gli animali scappano via; solo il piccolo pappagallo
corre in aiuto dell'unico susperstite ed insieme a pochi coraggiosi, li
aiuteranno a sopravvivere sull'isola. La vera storia di Robinson Crusoe
raccontata dal pappagallo Martedì che sull'isola è diventato il suo
migliore amico.
Pittore, scultore, scienziato, musico,
esperto di anatomia e di fisica, botanico, architetto, inventore:
superando lo spirito del suo tempo, Leonardo viene oggi identificato con
l’immagine del Genio. Era un uomo poliedrico l’artista di Vinci e lo
dimostrano l’immenso patrimonio di studi e opere che ci ha lasciato,
oltre alla lettera in cui, nel 1482, si presenta a Ludovico il Moro,
signore di Milano.
Così, partendo dalla mostra a Palazzo
Reale organizzata da Skira e Comune di Milano nei mesi di Expo, Rai Com,
Skira e Codice Atlantico hanno deciso, in collaborazione con Pirelli e
Confagricoltura, di lavorare congiuntamente per raccontare in un
docufilm proprio gli anni trascorsi da Leonardo a Milano, toccando i
diversi aspetti della sua vita e della sua arte, approfondendo le
caratteristiche della città del tempo, le personalità degli artisti che
gli sono stati vicini, senza trascurare naturalmente le molte leggende
che lo riguardano.
Leonardo da Vinci. Il Genio a Milano
esplora il soggiorno cittadino dell’artista, offrendo la chiave per
trasformare in quadri cinematografici i numerosi scenari leonardeschi di
Milano: il Castello Sforzesco, il Museo della Scienza e della Tecnologia “Leonardo da Vinci”, la Basilica di Santa Maria delle Grazie, i Navigli, la Vigna di Leonardo sino al celebre Cenacolo. Il film – in cui verranno mostrate e raccontate opere come La Belle Ferronnière, la Dama con l’ermellino, la Vergine delle Rocce, il Ritratto di musico, il San Giovanni Battista, l’Ultima Cena
– arriverà nelle sale di tutto il mondo distribuito da Nexo Digital e
sarà in programma in Italia il 2, 3 e 4 maggio all’interno del progetto
della Grande Arte al Cinema che sta conquistando un pubblico sempre più
vasto.
Coinvolgendo Pietro Marani – curatore
della mostra – alcuni tra i massimi esperti di Leonardo a livello
mondiale e autori che ne hanno esplorato la personalità – Claudio
Giorgione, Maria Teresa Fiorio, Richard Schofield, Vittorio Sgarbi,
Daniela Pizzagalli – è nata infatti una storia capace di aprire nuove
prospettive e svelare mondi straordinari.
Com’è possibile raccontare la
complessità del genio assoluto? Da dove s’inizia? Qual è il mistero che
rende Leonardo l’artista più amato, discusso e studiato di tutti i
tempi? Per rispondere a queste domande e approfondire ulteriormente il
tema e le opere in mostra provenienti dal Louvre di Parigi, dalla
National Gallery of Art di Washington e dalla Pinacoteca Ambrosiana, gli
autori Jacopo Ghilardotti e Gabriele Scotti hanno ritenuto opportuno
arricchire il racconto documentaristico, sviluppato con il regista Nico
Malaspina, con l’aggiunta di alcune scene di fiction, per le quali è
stato coinvolto il regista Luca Lucini. La storia di Leonardo a Milano
ha potuto così allargarsi ed includere molti protagonisti del suo
soggiorno milanese: Ludovico il Moro, signore di Milano, l’amico e
allievo Salaì, Beatrice d’Este, Donato Bramante, Vincenzo Bandello e
altri ancora. I personaggi storici saranno interpretati da attori noti
come Vincenzo Amato, Cristiana Capotondi, Alessandro Haber, Gabriella
Pession, Paolo Briguglia, Edoardo Natoli, Giampiero Judica, Nicola
Nocella, mentre la voce narrante sarà quella di Sandro Lombardi.
gio 28_4 ore 21.15 sab 30_4 ore 21.15 dom 01_5 ore 18.00 e 21.15
GENERE: Drammatico , Biografico ANNO: 2016 REGIA: Roschdy Zem ATTORI: Omar Sy, Noémie Lvovsky, James Thiérrée, Frédéric Pierrot SCENEGGIATURA: Cyril Gely FOTOGRAFIA: Thomas Letellier MONTAGGIO: Monica Coleman MUSICHE: Gabriel Yared PAESE: Francia DURATA: 110 Min
Trama
Francia, 1897. Rafael Padilla, nero di origine cubana, è uno dei freaks
di Monsieur Delvaux, direttore artistico di un piccolo circo di
provincia. Esibito tra la donna cannone e l'uomo più alto del mondo,
Rafael impersona con pelle maculata e osso tra i capelli il mito del
selvaggio famelico, terrorizzando sulla pista donne e bambini. Ma George
Footit, clow bianco di professione, intravede in lui un potenziale e
gli propone di formare un duo comico.
Lasciata la provincia per la Ville
Lumière, George e Rafel incontrano un successo sbalorditivo. Col nome di
Chocolat, diventa il primo artista nero della scena francese ma lontano
dalle paillettes la vita presenta il conto e la Francia la sua
intolleranza. Delazione e arresto innescano un processo di
consapevolezza della propria condizione che coinciderà con il fallimento
di una carriera.
Trama Gianfranco Rosi racconta Lampedusa attraverso la storia di Samuele, un
ragazzino che va a scuola, ama tirare sassi con la fionda che si è
costruito e andare a caccia di uccelli. Preferisce giocare sulla
terraferma anche se tutto, attorno a lui, parla di mare e di quelle
migliaia di donne, uomini e bambini che quel mare, negli ultimi
vent'anni, hanno cercato di attraversarlo alla ricerca di una vita degna
di questo nome trovandovi spesso, troppo spesso, la morte.
Recensione
Per comprendere appieno un film di Gianfranco Rosi è prioritariamente
indispensabile liberarsi da una sovrastruttura mentale alla quale molti
hanno finito con l'aderire passivamente e in modo quasi inconscio ed
indolore. Si tratta del format dell'inchiesta giornalistico-televisiva
che si concretizza in immagini scioccanti, in interviste più o meno
interessanti finalizzate a un impianto (in particolare sulla tematica
delle migrazioni) ideologicamente preconfezionato. O si è pro o si è
contro la presa in carico del fenomeno e su questa base si costruisce la
narrazione.
Rosi, come il Salgado che abbiamo potuto conoscere grazie a Il sale della terra diretto da Wim Wenders,
si allontana in maniera netta da quanto descritto sopra a partire dalla
scelta, fondamentale, di aborrire il cosiddetto documentario 'mordi e e
fuggi' che vede la troupe giungere sul luogo, pretendere di capire in
fretta o comunque di mettere in ordine i propri pregiudizi e ripartire
quando pensa di 'avere abbastanza materiale'. Il regista è rimasto per
un anno a Lampedusa entrando così realmente nei ritmi di un microcosmo a
cui voleva rendere una testimonianza assolutamente onesta.
Samuele è un ragazzino con l'apparente sicurezza e con le paure e il
bisogno di capire e conoscere tipici di ogni preadolescente. Con lui e
con la sua famiglia entriamo nella quotidianità delle vite di chi abita
un luogo che è, per comoda definizione, costantemente in emergenza.
Grazie a lui e al suo 'occhio pigro', che ha bisogno di rieducazione per
prendere a vedere sfruttando tutte le sue potenzialità, ci viene
ricordato di quante poche diottrie sia dotato lo sguardo di un'Europa
incapace di rivolgersi al fenomeno della migrazione se non con l'ottica
di un Fagin dickensiano che apre o chiude le frontiere secondo il
proprio tornaconto. Samuele non incontra mai i migranti. A farlo è
invece il dottor Bartolo, unico medico di Lampedusa costretto dalla
propria professione a consatatare i decessi ma capace di non trasformare
tutto ciò, da decine d'anni, in una macabra routine, conservando
intatto il senso di un'incancellabile partecipazione. Rosi non cerca mai
il colpo basso, neppure quando ci mostra situazioni al limite. La sua
camera inquadra vita e morte senza alcun compiacimento estetizzante ma
con la consapevolezza che, come ricordava Thomas Merton, nessun uomo è
un'isola e nessuna Isola, oggi, è come Lampedusa.
Giancarlo Zappoli
martedì26_4 ore 21.15 mercoledì 27_4 ore 18.00 e 21.15
GENERE: Commedia , Drammatico , Family ANNO: 2014 REGIA: Harold Cronk ATTORI: Willie Robertson, David A.R. White, Shane Harper, Kevin Sorbo, Korie Robertson, Marco Khan, Dean Cain SCENEGGIATURA: Chuck Konzelman, Cary Solomon MONTAGGIO: Vance Null MUSICHE: Will Musser PAESE: USA DURATA: 113 Min
Trama
Ispirato ad un avvenimento realmente accaduto, il film racconta di una
matricola universitaria che sfida un prestigioso professore di
filosofia, rischiando ben più della propria carriera accademica, per
difendere la tesi a lui più cara: l'ESISTENZA di DIO.
gio 21_4 ore 21.15 sab 23_4 ore 21.15 dom 24_4 ore 18.00 e 21.15 lun 25_4 ore 21.15
GENERE: Commedia
ANNO: 2015
REGIA: Julian Jarrold
ATTORI: Sarah Gadon, Bel Powley, Emily Watson, Rupert Everett, Jack Reynor, Jack Gordon, Roger Allam
SCENEGGIATURA: Kevin Hood, Trevor De Silva
FOTOGRAFIA: Christophe Beaucarne
MUSICHE: Paul Englishby
PAESE: Gran Bretagna
DURATA: 97 Min
Trama
È la sera dell'8 maggio 1945, giornata della vittoria
degli Alleati contro la Germania nazista. Giorgio VI si appresta a
parlare all'Inghilterra via radio, superando la sua balbuzie: è lo
stesso discorso del re celebrato dal film di Tom Hooper. Ma le sue due
figlie Elizabeth - futura regina Elisabetta II - e Margaret scalpitano
per unirsi al caos gioioso che si è riversato per le strade di Londra.
La loro mamma, Elisabetta I, è fortemente contraria ma papà Giorgio
acconsente a mandare le ragazze al ballo che si terrà all'Hotel Ritz,
scortate da due guardie reali. Appena arrivate al Ritz però Margaret, la
sorella più intraprendente, riesce ad eludere la sorveglianza delle
guardie e sgattaiola fuori dall'hotel, tuffandosi nel fiume di londinesi
in festa. Al suo inseguimento si lancia Elizabeth, anche lei depistando
i due chaperon.
Recensione Una notte con la regina trae ispirazione da un episodio
realmente accaduto - l'uscita di Elizabeth e Margaret, all'epoca di soli
19 e 14 anni, dalla residenza reale la sera della vittoria per recarsi
al ballo del Ritz - e inventa un'avventura per le due principesse
(aumentandone un po' l'età anagrafica) che comporta un inseguimento fra
autobus, l'excursus in un bordello e l'incontro tra Elizabeth e un
giovane aviatore, Jack (come il protagonista di Titanic), che non sa di avere a che fare con una principessa (come il giornalista di Vacanze romane).
È un esercizio in immaginazione e creatività che richiede una certa
sospensione dell'incredulità, soprattutto per quanto riguarda le due
guardie reali ubriacone e donnaiole, ma che si rivela una divertente e
per certi versi commovente cavalcata nella nostalgia per un'epoca
lontana più semplice ed un cinema più incline al sogno. La ricostruzione
d'ambiente, popolata da centinaia di comparse in costume, ha il sapore
della messinscena teatrale o della favola disneyana, ma a rendere
moderna la narrazione sono i dialoghi, ispirati nel vocabolario e nella
enunciazione alle commedie sofisticate anni '40, ma carichi di senno di
poi e colorati dalla nostra sensibilità contemporanea. Gran parte del
sottotesto riguarda l'ingiustizia del sistema di caste inglese che,
anche in tempo di guerra, manda avanti i suoi paria e tiene al caldo i
suoi bramini.
Sarah Gadon è un'efficace ingénue nei panni di Elizabeth, ma a
rubare la scena, ogni singola scena, è Bel Powley nei panni di Margaret,
goffa e pasticciona, incosciente e maliziosa, affamata di vita e di
emozioni forti eppure ingenua e teneramente naif. Rupert Everett è un re
Giorgio apparentemente impassibile ma in realtà visibilmente fragile ed
Emily Watson è la saggia e severa Elisabetta I.
Se la traccia narrativa che riguarda Elizabeth ricalca la sceneggiatura di Dalton Trumbo per il film di William Wyler, quella che riguarda Margaret attinge alla screwball comedy e prefigura un'eroina alla Judy Holliday (per non dire alla Mae West).
Non guasta che, accanto a lei, per un tratto dell'avventura di una
notte ci sia l'impareggiabile Roger Allam nei panni del proprietario di
un locale a metà fra lo speakeasy e la casa di tolleranza, un uomo scevro da ogni ipocrisia britannica e imbevuto di pragmatico opportunismo. Conditio sine qua non per apprezzare fino in fondo questa
favola è soprattutto la comprensione del rapporto di profondo amore e
familiarità che gli inglesi hanno con la famiglia reale, non privo di
spirito critico ma ricco di genuina devozione patriottica.
Paola Casella
GENERE: Drammatico
ANNO: 2015
REGIA: Emmanuelle Bercot
ATTORI: Rod Paradot, Catherine Deneuve, Benoît Magimel, Sara Forestier
SCENEGGIATURA: Emmanuelle Bercot, Marcia Romano
FOTOGRAFIA: Guillaume Schiffman
MUSICHE: Éric Neveux
PAESE: Francia
DURATA: 120 Min
Trama
Malony è stato abbandonato da sua madre alla età di 6 anni e da allora
fa dentro e fuori da istituti e la giudice dei minori Florence viene
costantemente chiamata a decidere del suo futuro. Il ragazzo viene
affidato al tutoring di Yann, un educatore che comprende le sue
difficoltà avendo avuto un'infanzia difficile. Il ragazzo ha una
bassissima autostima e neppure le attenzioni che gli rivolge Tess,
figlia di una insegnante di un istituto, sembrano inizialmente
rassicurarlo.
Recensione
Raccontare un ragazzo 'difficile' non è un'impresa facile soprattutto sul grande schermo. Perché se non sei i Dardenne o Gus Van Sant
(che si sono conquistati da tempo sul campo il riconoscimento critico
per poterlo fare) il rischio del mancato consenso è sempre in agguato.
Come sembra essere successo per questo film selezionato per l'apertura
del Festival di Cannes 2015 ed accolto con il silenzio alla proiezione
per la stampa internazionale. Perché in questi casi finisce con il
verificarsi uno strano (e preoccupante) fenomeno. I critici più
conservatori e parte di quelli più progressisti finiscono con il
ritrovarsi sullo stesso fronte, che è poi quello della reazione
negativa. I primi perché fanno una lettura ideologica e ritengono che
per certi 'casi' non si debba poi provare troppa comprensione. I secondi
perché, se la sceneggiatura lascia intravedere una possibile soluzione
positiva, attivano in automatico la definizione 'buonismo' e con quella
risolvono la questione.
Emmanuelle Bercot fortunatamente sembra non preoccuparsi per questo tipo
di reazioni e ci offre, grazie anche alla straordinaria prestazione del
giovanissimo Rod Paradot, un ritratto più che verosimile di un percorso
di formazione costantemente minato e rimesso in discussione da chi
dovrebbe portarlo avanti. Qualche volta si tratta di adulti che non
comprendono o si limitano ad 'applicare' la legge ma spesso è chi
dovrebbe essere recuperato che rifiuta le attenzioni, le opportunità e
talvolta anche l'amore che gli vengono offerti ritenendosi non in grado
di gestirlo anche se solo a livello inconscio. È quanto accade a Malony
in questa vicenda che è frutto di un lungo lavoro di ricerca al fianco
di giudici minorili e di educatori. Se è buona regola vedere qualsiasi
film dall'inizio, in questo caso la stessa diventa cogente. Quel bambino
di 6 anni che assiste al difficile confronto tra sua madre (che ha in
braccio il fratellino) e la giudice sta completando l'introiezione di
innumerevoli sensi di colpa e di inadeguatezza che saranno alla base
della sua adolescenza tumultuosa in cui risultati che sembrano
definitamente acquisiti possono essere rimessi totalmente in discussione
da una frase o da un gesto. Spesso dietro a quelle reazioni ci sono
delle richieste inespresse di un aiuto a cui non sempre è umanamente
facile corrispondere. Emmanuelle Bercot ci invita a fare almeno lo
sforzo di capirne il senso.
Giancarlo Zappoli
gio 14_4 ore 21.15 sab 16_4 ore 21.15 dom 17_4 ore 18.00 e 21.15
GENERE: Drammatico ANNO: 2016 REGIA: Kevin Reynolds ATTORI: Joseph Fiennes, Tom Felton, María Botto, Cliff Curtis, Peter Firth SCENEGGIATURA: Kevin Reynolds FOTOGRAFIA: Lorenzo Senatore MONTAGGIO: Steve Mirkovich MUSICHE: Roque Baños PAESE: USA DURATA: 107 Min
Trama
L'epica storia della Resurrezione e delle settimane che seguirono,
attraverso gli occhi del non credente Clavius, un tribuno militare di
alto rango. Insieme al suo aiutante Lucius, vengono istruiti
direttamente da Ponzio Pilato per assicurarsi che i seguaci più radicali
di Gesù non rubino il suo corpo. Quando il corpo scompare, Clavius ne
inizia la ricerca per smentire le voci che il Messia sia risorto ed
evitare quindi una pericolosa rivolta a Gerusalemme.
GENERE: Drammatico , Thriller
ANNO: 2015
REGIA: Denis Villeneuve
ATTORI: Emily Blunt, Josh Brolin, Jon Bernthal, Benicio Del Toro, Jeffrey Donovan, Raoul Trujillo, Maximiliano Hernández, Daniel Kaluuya, Dylan Kenin, Julio Cedillo
SCENEGGIATURA: Taylor Sheridan
FOTOGRAFIA: Roger Deakins
MONTAGGIO: Joe Walker
MUSICHE: Jóhann Jóhannsson
PAESE: USA
DURATA: 121 Min
Trama
Un'imboscata dell'FBI rivela molto piu' di quanto era previsto: lo
spettacolo orripilante di decine di cadaveri nascosti nei muri e con la
testa sigillata in sacchetti di plastica. Per allargare la squadra che
va a caccia dei mandanti di quel massacro la CIA arruola Kate, la
giovane agente dell'FBI che ha partecipato all'imboscata rivelatrice,
anche se lei è un'esperta di rapimenti mentre la squadra combatte da
tempo contro il cartello messicano della droga. È l'inizio di una
discesa agli inferi che coinvolgerà tutti i servizi segreti statunitensi
(e la coscienza di un Paese) disposti a trasgredire ogni regola e a
sacrificare ogni parvenza di umanità pur di mantenere il controllo (ma
senza alcuna volontà di debellare il Male).
Recensione
Il regista canadese Denis Villeneuve, dopo l'excursus fra i conflitti
alimentati dai fondamentalismi religiosi in Medio Oriente ne La donna che canta, prosegue il percorso di denuncia degli Stati Uniti controllori (fallibili) del mondo iniziato con Prisoners,
il suo primo film "americano" . I temi sono identici, qui più
estremizzati: la volontà di mantenere un ordine a tutti i costi e la
consapevolezza di trovarsi sempre e comunque di fronte ad un caos
inarginabile, l'incapacità di proteggere i figli (propri e altrui)
dall'escalation di violenza che non guarda in faccia nessuno, la
progressiva deumanizzazione di chi si fa carico di "fare pulizia".
In Sicario la deumanizzazione prende due forme: quella cinica e
istrionica di Matt, il team leader della missione contro il cartello
messicano, interpretato da Josh Brolin con pericoloso carisma emulativo,
e il killer del titolo, un mercenario colombiano che combatte per chi
paga e nel contempo persegue un suo personale obiettivo, che ha il viso
segnato e lo sguardo ambiguo di Benicio Del Toro. Fra di loro, vaso di
coccio destinato a incrinarsi più volte, Emily Blunt nei panni di Kate,
fragile anche fisicamente, decisa a non giustificare l'ingiustificabile
ma disposta a prestarsi come esca. In un mondo in cui tutti usano tutti,
Kate è supremamente utilizzabile e i suoi scrupoli servono solo a
renderla un perfetto specchietto per le allodole.
Villeneuve fa di tutto per superare se stesso, registicamente parlando, inventandosi sequenze che devono moltissimo a The Hurt Locker e Zero Dark Thirty (entrambi girati da una donna che sa come non farsi usare), ma non riesce ad elevare il discorso già compiutamente espresso in Prisoners, con meno fuochi di artificio e meno grandguignole. L'universo di Sicario,
privo di pietà e di senso, è letteralmente senza testa (scopo
dell'operazione CIA-FBI è quello di decapitare il cartello messicano,
Kate rischierà l'osso del collo e le decisioni sul destino delle persone
vengono prese molto da "cervelli" più in alto rispetto ai corpi che
cercano di sopravvivere in basso). "Non lasciateci all'oscuro", chiede
un personaggio a Matt, e quello lo schernisce: "Hai paura del buio?".
Come ricorda Sicario attraversando piu' volte le frontiere fra Messico e
Stati Uniti, fra brutalità e civiltà (solo apparente), ci sono confini
che è meglio non attraversare, e il momento di maggiore pericolo è
quello del ritorno.
Paola Casella
gio 7_4 ore 21.15 sab 9_4 ore 21.15 dom 10_4 ore 18.00 e 21.15
GENERE: Biografico , Drammatico ANNO: 2015 REGIA: James Vanderbilt ATTORI: Robert Redford, Cate Blanchett, Elisabeth Moss, Topher Grace, Dennis Quaid, Bruce Greenwood, David Lyons, John Benjamin Hickey SCENEGGIATURA: James Vanderbilt FOTOGRAFIA: Mandy Walker MONTAGGIO: Richard Francis-Bruce PAESE: Australia, USA DURATA: 125 Min
Trama
Nel 2005 Dan Rather, celeberrimo anchorman del network
televisivo americano CBS, rassegnò le sue dimissioni in seguito alla
controversia esplosa dopo la messa in onda di un servizio che metteva in
discussione l'appartenenza dell'allora presidente George W. Bush alla
Guardia Nazionale Aerea durante la guerra nel Vietnam. Responsabile di
quel servizio era Mary Mapes, una produttrice televisiva che, per il
programma giornalistico "60 Minutes", aveva realizzato molti storici
scoop con grande intuito giornalistico. Maples ha poi raccontato la
storia di quella controversia in un memoriale che è la base su cui James
Vanderbilt, sceneggiatore alla sua prima regia (nonché erede della
celebre dinastia di bramini newyorkesi), ha strutturato il copione di Truth,
solido e coinvolgente dramma nella tradizione americana del cinema
hollywoodiano che esplora i rapporti tra politica e giornalismo.
Recensione
La messiscena è classica e rigorosa, anche se dichiaratamente di parte,
ovvero dalla parte di Mary Mapes e di Dan Rather, e racconta con ritmo
incalzante e continui colpi di scena ciò che succede in un network
televisivo quando il gioco si fa duro e i duri cominciano a giocare. Ma
al di là del resoconto della vicenda realmente accaduta, Truth è
una riflessione su come sta cambiando la cronaca e come, in
particolare, stia scomparendo il giornalismo di inchiesta: troppo
costoso, troppo pericoloso, troppo soggetto al fuoco incrociato dei
poteri forti e del popolo di Internet, che se da un lato ha fatto da
cane da guardia della libertà di informazione (merito cui la
sceneggiatura, colpevolmente, non fa cenno), dall'altro ha dato voce a
centinaia di anonimi troll e lanciatori di fango, ancor più velenosi
quando il bersaglio appartiene al sesso femminile.
In modo artificiale ma efficace, la sceneggiatura di Vanderbilt semina
nella prima parte tutti gli ami che andrà a recuperare nella seconda,
compresi gli accenni al passato oscuro della Mapes, figlia di un padre
retrogrado e violento, e all'importanza del coraggio per un giornalista
davvero intenzionato a raccontare quella verità che dà titolo al film (e
che Mapes, con ingenuità e un certo grado di faziosità, presupponeva
essere unica). La verità è al centro della storia anche perché, nel
grande circo multimediatico, sembra contare meno di un'opinione
strillata, o di uno scandalo ben confezionato. Spesso dunque si perde di
vista la sostanza dei fatti, o la gravità di certe azioni, per dare
spazio alle querelle e alle chiacchiere, e quando questo succede a farne
le spese è la democrazia.
La regia di Vanderbilt è scolastica nel senso migliore del termine,
perché privilegia una narrazione lineare che rinuncia ai tocchi (ma
anche ai vezzi) autoriali che un Oliver Stone,
ad esempio, avrebbe senz'altro utilizzato per raccontare questa storia.
Le complicazioni della trama sono semplificate dagli stessi espedienti
visivi che caratterizzano i programmi televisivi di approfondimento
politico, e il montaggio serve ad aggiungere spettacolo e pathos ad una
storia altrimenti troppo didascalica. Truth si colloca su un crinale storico, quello fra informazione
vecchio stile, affamata di scoperte e coraggiosa fino all'incoscienza, e
informazione nell'epoca in cui le notizie non si cercano ma rimbalzano
di sito in sito, di blog in blog, senza che chi le ripropone si prenda
la responsabilità di verificarne la veridicità (ma di certo si prende il
gusto di fare le pulci alle rivelazioni altrui). Il rischio, afferma il
film, è quello di dimenticare l'imperativo deontologico della seconda
(e terza, e quarta) domanda per concentrarsi su sterili querelle e gogne
mediatiche sempre utili a chi vuole che le notizie, quelle vere,
passino in secondo piano.
Cate Blanchett è efficace come sempre nel ruolo di Mary Mapes, ma
risente dell'impostazione classica hollywoodiana della sceneggiatura che
le toglie quella libertà di movimento necessaria ad utilizzare le sue
corde più sottili. Perfettamente in parte, invece, il liberal Robert Redford, che mette i suoi quasi ottant'anni a frutto nell'incarnare la gravitas (ma anche la fragilità fisica) di un giornalista duro e puro entrato a far parte del mito americano.
Paola Casella
GENERE: Commedia ANNO: 2015 REGIA: Gianni Zanasi ATTORI: Valerio Mastandrea, Hadas Yaron, Giuseppe Battiston, Paolo Briguglia, Maurizio Donadoni FOTOGRAFIA: Vladan Radovic PAESE: Italia DURATA: 117 Min
Trama Enrico Giusti è il re delle cessioni. Intermediario per un'azienda che
acquista società in crisi, avvicina i suoi clienti, quasi sempre vanesi e
inconcludenti, ne guadagna la fiducia e ne 'risana' la vita, facendoli
ripartire in Costa Rica o agli antipodi. Figlio di un padre
imprenditore, che ha abbandonato la sua famiglia per il Canada in
seguito a un fallimento finanziario, e fratello maggiore di Nicola,
eterno studente che come il genitore si risolve nella fuga, Enrico
ripara il trauma infantile assistendo e scampando aziende da gestioni
disastrose. La morte tragica di una coppia di imprenditori trentini, che
lasciano un figlio diciottenne e una figlia tredicenne orfani e 'al
comando' dell'impresa familiare, e l'arrivo imprevisto della fidanzata
israeliana, sedotta e abbandonata dal fratello, sconvolgeranno per
sempre la sua vita. Una vita in passivo e in cerca di riscatto.
Eredità, tradizione, continuità, c'è tutto questo nella nuova commedia di Gianni Zanasi. La felicità è un sistema complesso
cerca nuovi equilibri ma è nello squilibrio che trova il suo punto di
forza e di attrazione, avvitandosi intorno al suo protagonista, che
stima debiti e crediti di una vita. La sua vita trascorsa a subire
l'eredità paterna e a compensarla attraverso un lavoro 'creativo' che si
illude di combattere il sistema dall'interno ma è il sistema economico,
forma sublimata della guerra dove i mercati si conquistano
estromettendone altri, la concorrenza si schiaccia o si ricatta, ad
assimilarlo fino a smorzarne desideri e intenzioni.
Recensione
In guerra permanente, l'Enrico di Valerio Mastandrea conosce bene la sua
posizione e la giustifica. Almeno fino a quando un incidente, un
trasalimento del destino, non capovolge letteralmente l'inquadratura e
radicalmente la sua vita. La variabile è incarnata da una giovane donna e
due ragazzini che dimostreranno, ciascuno a suo modo, che non è
sufficiente assumere su di sé il peso dell'eredità per farla davvero
propria ma è sempre necessario, contro di essa, un gesto eccentrico.
Perché il conflitto fra le generazioni è sano se produce differenza.
Differenza liricamente riprodotta da quella 'torta di noi' che è ancora e
non è più la torta della nonna. Impastata in cucina o cantata in un
pub, la torta ideale di Enrico 'riconsidera' il senso della tradizione e
della continuità rispetto alla sua provenienza ma allo stesso tempo
rompe con il familismo.
Con un salto puro e (in)cosciente, Zanasi segna daccapo il movimento di
rottura del suo protagonista. 'Rubato' dalla locandina di Non pensarci, il tuffo in piscina di Mastandrea ritrova al suo personaggio lo slancio di volere davvero
dentro sequenze che sembrano alimentarsi con un'energia autonoma e
interna. Tra il principio di prestazione e l'illusoria uscita dal mondo,
che il predatore aziendale di Giuseppe Battiston insegue con l'eroina o
un giro in kayak, Enrico assume la questione della responsabilità evasa
fino a quel momento con discorsi fatti e argomentazioni deboli che si
infrangono sotto lo sguardo franco di Hadas Yaron, personaggio che lega
ogni atto alle sue conseguenze. Con Filippo e Camilla prende in carico
invece la genitorialità, funzione fino a ieri 'ereditata' e oggi
esercitata, procedendo per agnizioni e riconoscendo alla fine le persone
per quelle che sono e non per quello che credeva che fossero.
Valerio Mastandrea è il volto umano e affidabile di un film che fa della
dilatazione temporale la sua direttiva poetica principale. Asse
costitutivo e concettuale, la dilatazione (melodica) 'scivola' o levita i
personaggi, producendo una sospensione che sfiora la morte e anticipa
la vita. Materia grezza nelle mani di Zanasi, il tempo è malleabile e
scorre in avanti, spostandosi indietro come il moonwalk di Michael Jackson
eseguito da Enrico, una commedia esistenziale imprevedibile e
scompaginata che chiude sul risveglio del protagonista. Un Valerio
Mastandrea virtuoso dell'understatement e latore di un'ironia
senza forzature e così naturale da nascondere la propria infallibile
profondità esistenziale. Conquista intellettuale o esperienza dei sensi,
la felicità per Zanasi rimuove la proprietà (quella che ha
abolito la forma etica delle azioni) e 'mescola' sentimenti. Perché
soltanto la mancanza di possesso o la gestione responsabile del 'bene'
rendono possibile e corrente l'amore.
Marzia Gandolfi