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Visualizzazione dei post da novembre, 2014

Torneranno i prati

sab 29_11 ore 21.15
dom 30_11 ore 18.00 e 21.00

 GENERE: Drammatico
ANNO: 2014
REGIA: Ermanno Olmi
SCENEGGIATURA: Ermanno Olmi
ATTORI: Claudio Santamaria, Alessandro Sperduti, Francesco Formichetti, Andrea Di Maria, Camillo Grassi, Niccolò Senni, Domenico Benetti
FOTOGRAFIA: Fabio Olmi
PAESE: Italia
DURATA: 80 Min




Trama
In un avamposto d'alta quota, verso la fine della prima guerra mondiale, un gruppo di militari combatte a pochi metri di distanza dalla trincea austriaca, "così vicina che pare di udire il loro respiro". Intorno, solo neve e silenzio. Dentro, il freddo, la paura, la stanchezza, la rassegnazione. E gli ordini insensati che arrivano da qualche scrivania lontana, al caldo. Ordini telefonati che mandano i soldati a farsi impallinare come tordi.

Recensione
torneranno i prati, scritto tutto minuscolo come si conviene ad una storia minima e morale, non è un film d'azione e non ha nemmeno una trama nel senso canonico del termine, perché i pochi avvenimenti si consumano come la cera di una candela, dentro una quotidianità sporca e scoraggiata. Il film di Olmi è una ballata malinconica come la melodia alla fisarmonica che apre la narrazione, e triste come Il silenzio, le cui note sono incorporate nel tema finale composto e suonato alla tromba da Paolo Fresu. torneranno i prati è un film epidermico, che ci fa sentire il ruggito dei mortai in lontananza, il rosicchiare del trapano che scava una galleria nemica sotto la trincea, il gelo e la monotonia delle giornate segnate dal rancio e dalla consegna della posta, unica occasione in cui i nomi dei soldati vengono pronunciati, riconoscendoli come esseri umani invece che come semplici numeri. I militari, dal capitano alla recluta, restano attoniti davanti all'orrore dell'inganno in cui sono caduti per aver creduto nell'amor di patria e nel dovere del cittadino italiano. Alcuni guardano verso di noi e raccontano quell'orrore e quella solitudine, ricordandoci i magistrali sguardi in camera de Il mestiere delle armi. Anche questi soldati semplici sono testimoni della storia, una storia che si è consumata sulla loro pelle, e a loro insaputa.
La fotografia profondamente evocativa di Fabio Olmi, a suo agio nel gestire tanto le nebbie quanto il profilo nitido delle montagne, allinea quadri grigi in successione atemporale, sottolinea i colori dell'oro e del sangue; le scenografie di Giuseppe Pirrotta ricostruiscono con esattezza storica ed emotiva la miseria della trincea, fatta di pochi pezzi essenziali - la gavetta, la lampada ad olio - e i costumi di Andrea Cavalletto (con l'amichevole supervisione di Maurizio Millenotti) trasformano i soldati in fantasmi, ombre imbacuccate irriconoscibili a se stesse sotto pile di coperte che non bastano a cacciare il freddo dalle ossa. Ci vuole pudore per raccontare una guerra senza senso, come lo sono tutte le guerre. Ci vogliono lunghi silenzi, profondità di sguardo e di coscienza, per intonare un de profundis dedicato alla memoria dei tanti giovani (e meno giovani) morti in luoghi dove poi sarebbero ricresciuti i prati, cancellando la memoria del loro sacrificio. Un sacrificio di cui il regista si fa cantore, ritraendo i suoi soldati nel momento dell'estrema consapevolezza di essere andati a morire invano, in una guerra di posizione che si è rivelata una mera attesa del proprio destino finale.
In torneranno i prati c'è la lezione di Remarque e Rigoni Stern e Buzzati, nessuno citato perché tutti assorbiti nel sapere di Olmi, che crea un mondo da incubo i cui personaggi si rivolgono a noi dicendo: questo ero io, e lo ricordo proprio a te, sperando che tu sia custode della mia memoria, e che porti con te il mio messaggio. Perché "anche quelli che sono tornati indietro hanno portato dentro la morte che hanno conosciuto", e se il piccolo Ermanno ricorda i racconti del padre, cui ha dedicato questo film, il regista più che ottantenne teme che, come dice un soldato, "di quel che c'è stato qui non si vedrà più niente, e quello che abbiamo patito non sembrerà più vero".
torneranno i prati è un film perfettamente centrato nel cuore di tenebra di una trincea, e di una guerra, buia e allucinata, il nostro Apocalypse Now, cronaca di un conflitto supremamente inutile, e che la Storia vorrebbe dimenticare. Paola Casella

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I nostri ragazzi

ven 28_11 ore 21.15

GENERE: Drammatico
ANNO: 2014
REGIA: Ivano De Matteo
SCENEGGIATURA: Valentina Ferlan, Ivano De Matteo
ATTORI: Alessandro Gassman, Giovanna Mezzogiorno, Luigi Lo Cascio, Barbora Bobulova, Rosabell Laurenti Sellers, Jacopo Olmo Antinori
FOTOGRAFIA: Vittorio Omodei Zorini
MONTAGGIO: Marco Spoletini
PAESE: Italia




Trama
Due fratelli dai caratteri opposti (uno chirurgo pediatrico e l'altro avvocato) si incontrano a cena ogni mese in un ristorante stellato con le reciproche mogli che si detestano senza nasconderlo troppo. Il pediatra ha un figlio, Michele, e l'avvocato una figlia, Benedetta, nata da un precedente matrimonio. I due adolescenti si frequentano spesso. Una notte una telecamera di sicurezza riprende (senza che se ne possa ricostruire l'identità) l'aggressione a calci e pugni da parte di un ragazzo e di una ragazza nei confronti di una mendicante che finisce inizialmente in coma. Le immagini vengono messe in onda da "Chi l'ha visto?" e in breve tempo le due coppie acquisiscono la certezza che gli autori dell'atto delittuoso sono i reciproci figli. Che fare?

Recensione

Ivano De Matteo con La bella gente e Gli equilibristi aveva raccontato l'irrompere di un elemento che veniva da fuori in un nucleo familiare apparentemente ben assestato. Ora invece la sfida si fa ancora più complessa. Cosa accade se invece ciò che sconvolge assetti ormai consolidati irrompe dall'interno? La sequenza che apre il film appartiene all'ordinaria follia quotidiana che trova spazio nella cronaca o nei Tg specializzati in disgrazie, finendo col collocarsi non solo come elemento che attraversa il film (il chirurgo si occupa di una delle vittime) ma soprattutto come occasione di riflessione sullo scatenarsi di una violenza incontrollata mirante a risolvere in tempi brevi qualsiasi questione e a rimuovere letteralmente dalla faccia della Terra ciò che rischia di rappresentare un pericolo.
Lo spettatore viene però posto in una condizione di estraneità al fatto che gli viene consentito di giudicare nella sua dinamica assegnando torti e ragioni. È quanto accade dopo che invece l'accaduto costringe ognuno a porsi la domanda: io come mi comporterei? La totale amoralità dei due ragazzi ci può spaventare spingendoci quasi a rifiutarne le modalità di espressione. De Matteo ci chiede piuttosto di guardarla in faccia senza nascondere la testa sotto la sabbia. Perché è su questo piano che ai genitori viene chiesto di intervenire, senza prediche inutili ma anche senza cedimenti. A questo si intreccia l'ulteriore e fondamentale domanda: il degrado morale, l'assenza di punti fermi va imputata a una gioventù ormai lasciata in balia dei social network o ha le sue radici in un falso perbenismo incapace di reggere al maglio della realtà? I genitori di Michele e Benedetta non sono 'cattive persone', non possono neppure imputare alla società (visto il loro status) un degrado sociale a cui attribuire le proprie opzioni.
Dentro di loro alberga però (e ha messo radici) la convinzione di poter aggirare ogni ostacolo azzittendo qualsiasi sussulto di coscienza. Forse non in tutti e forse non nello stesso modo. De Matteo ci accompagna nell'osservazione delle loro reazioni suggerendoci pre-giudizi con i quali confrontarci.  Giancarlo Zappoli

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David Bowie is




mart 25_11 ore 18:00 e 21:00


Museum di Londra nel 2013 con uno straordinario record di pubblico (sono stati infatti oltre 311.000 i visitatori in pochissimi mesi), arriva al cinema la più incredibile mostra mai allestita per il più camaleontico artista del rock internazionale: DAVID BOWIE.

Girato tra le sale del Victoria and Albert Museum di Londra, David Bowie Is è un viaggio lungo 50 anni di carriera, innumerevoli trasformazioni e personaggi - dal Major Tom di “Space oddity” a “Ziggy Stardust”, dal Thin White Duke di “Station to Station” al diafano post-rocker di “Heroes” fino ai trionfi di “Let’s dance” e del più recente “The next day” - eccentrici costumi di scena e una colonna sonora composta di canzoni che hanno fatto la storia del rock. David Bowie Is è una mostra diventata leggenda che ora arriva nei cinema italiani solo il 25 e il 26 novembre per guidare gli spettatori tra i 300 oggetti esposti che includono filmati, fotografie, testi scritti a mano, storyboard per i video, bozzetti di costumi e scenografie... Un patrimonio di memorabilia legati al mondo di un uomo che è stato in grado di cambiare la nostra cultura, dalla musica alla moda, dalle performance al design.

Descritta da The Times come "elegante e oltraggiosa" e da The Guardian come "un trionfo", la mostra su Bowie è stata un successo clamoroso in patria dove i biglietti sono andati a ruba come mai nella storia del V & A Museum. E mentre continua a girare per il globo, la mostra parte ora anche in tour… nei cinema del mondo. Il film accompagna infatti il pubblico in un viaggio straordinario attraverso le sale dell’esposizione con ospiti molto speciali, tra cui il leggendario stilista giapponese Kansai Yamamoto e il front-man dei Pulp Jarvis Cocker, per esplorare le storie che si nascondono dietro ad alcuni dei più begli oggetti esposti. I curatori della mostra, Victoria Broackes e Geoffrey Marsh del Dipartimento di Teatro & Performance V & A -che propongono lungo il percorso i video musicali più memorabili e i rispettivi costumi originali, così come gli elementi più personali legati alla carriera e alla creatività dell’artista - hanno dichiarato: "Siamo felici che questa mostra straordinaria viaggi per il mondo, che le persone possano immergersi nel tour cinematografico dell’esposizione di Londra. Il film offre affascinanti dettagli sugli oggetti chiave del David Bowie Archive, commenti di ospiti speciali e naturalmente… una fantastica colonna sonora! ".

David Bowie is è stato girato e diretto da Hamish Hamilton, il regista Premio BAFTA degli Academy Awards e della Cerimonia di Apertura dei Giochi Olimpici di Londra 2012.
E’ distribuito nei cinema italiani da Nexo Digital in collaborazione con Radio DEEJAY e MYmovies.it.





Una folle passione


sab 22_11 ore 21.15
dom 23_11 ore 18.00 - 21.00


GENERE: Drammatico, Sentimentale
ANNO: 2014
REGIA: Susanne Bier
SCENEGGIATURA: Christopher Kyle
ATTORI: Jennifer Lawrence, Bradley Cooper, Rhys Ifans, Toby Jones, Sean Harris, David Dencik, Kim Bodnia, Blake Ritson, Sam Reid, Ned Dennehy, Ana Ularu
PAESE: USA
DURATA: 109 Min





TramaCosa si arriva a fare per amore? Una folle passione, tratto dall’omonimo romanzo scritto da Ron Rash ed edito in Italia da Salani, racconta di un amore talmente forte da trasformarsi in follia, di un sentimento che diventa un’ossessione in grado di raggiungere i meandri più bui dell’animo umano. Ambientato sul finire degli Anni Venti sullo sfondo delle montagne del North Carolina, la pellicola vede protagonisti George (Cooper) e Serena (Lawrence) Pemberton, due giovani neosposi, bellissimi e innamoratissimi, che iniziano a lavorare per quello che diventerà presto un impero del legname. Serena è una giovane donna forte, passionale e senza paura: supervisiona i taglialegna, dà la caccia a serpenti a sonagli e salva addirittura la vita di un uomo in mezzo alla natura selvaggia. Forti del loro potere, dell’ascendente e del carisma che esercitano sugli altri, i Pemberton non permettono a nessuno di ostacolare il loro amore folle e le loro ambizioni. Quando Serena, però, scopre il passato segreto di George e si trova a fare i conti con il proprio ineluttabile destino, l’unione passionale dei Pemberton comincia a sgretolarsi, facendo presagire un drammatico epilogo. 

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La Trattativa

ven 21_11 ore 21.15


GENERE: Commedia, Drammatico
ANNO: 2014
REGIA: Sabina Guzzanti
SCENEGGIATURA: Sabina Guzzanti
DISTRIBUZIONE: BIM
PAESE: Italia
DURATA: 108 Min
NOTE: Presentato fuori concorso al Festival di Venezia 2014.






Trama
Di cosa si parla quando si parla di trattativa? Delle concessioni dello stato alla mafia in cambio della cessazione delle stragi? Di chi ha assassinato Falcone e Borsellino? Dell'eterna convivenza fra mafia e politica? Fra mafia e chiesa? Fra mafia e forze dell'ordine? O c'è anche dell'altro? Un gruppo di attori mette in scena gli episodi più rilevanti della vicenda nota come trattativa stato mafia, impersonando mafiosi, agenti dei servizi segreti, alti ufficiali, magistrati, vittime e assassini, massoni, persone oneste e coraggiose e persone coraggiose fino a un certo punto. Così una delle vicende più intricate della nostra storia diventa un racconto appassionante.

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Confusi e felici


sab 15_11 ore 21.15
dom 16_11 ore 18.00 - 21.00


 GENERE: Commedia
ANNO: 2014
REGIA: Massimiliano Bruno
ATTORI: Claudio Bisio, Marco Giallini, Anna Foglietta, Massimiliano Bruno, Paola Minaccioni, Caterina Guzzanti, Pietro Sermonti, Kelly Palacios
PAESE: Italia
DURATA: 105 Min






Trama
Anche gli psicanalisti possono cadere in depressione! Lo sa bene Marcello (Claudio Bisio), psicanalista cialtrone e cinico, che un giorno decide di chiudersi in casa e mollare tutto. Questo gesto "estremo" non viene accolto bene da Silvia (Anna Foglietta), segretaria di Marcello, che decide di radunare i suoi pazienti per cercare, tutti insieme, di farlo uscire dalla crisi. Un'idea bellissima se non fosse che, ad aiutare Silvia, ci saranno uno spacciatore affetto da attacchi di panico, Nazareno (Marco Giallini), un quarantenne mammome cronico, Pasquale (Massimiliano Bruno), una ninfomane decisamente invadente, Vitaliana (Paola Minaccioni), una coppia in crisi sessuale, Enrico e Betta (Pietro Sermonti e Caterina Guzzanti) e Michelangelo, telecronista in crisi per il tradimento della moglie. Strampalati ma affettuosi e divertenti, i pazienti di Marcello cercheranno in ogni modo di tirargli su il morale riuscendo a farlo aprire alla vita per diventare una persona migliore.  

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Anime nere


ven 14_11 ore 21.15

GENERE: Drammatico
ANNO: 2014
REGIA: Francesco Munzi
SCENEGGIATURA: Francesco Munzi, Maurizio Braucci, Fabrizio Ruggirello
ATTORI: Marco Leonardi, Peppino Mazzotta, Anna Ferruzzo, Fabrizio Ferracane, Barbora Bobulova
PAESE: Francia, Italia
DURATA: 103 Min




Trama
Storia di una famiglia criminale vista dall'interno, negli aspetti più emotivi e contraddittori, che si spingono fino agli archetipi della tragedia greca. In una dimensione sospesa tra l'arcaico e il moderno, si svolge il racconto di tre fratelli che, dal Sudamerica e dalla Milano della finanza, sono costretti a tornare nel paese natale sulle vette selvagge della Calabria per affrontare i nodi irrisolti del passato.

Recensione
Un viaggio nel cuore nero della 'ndrangheta. Ma ancora di più, un viaggio nel cuore (nero, certo, ma dolente e doloroso) dell'animo umano: come da titolo. Un viaggio che parte da Amsterdam, passa da Milano e approda ad Africo, Aspromonte, epicentro della criminalità organizzata calabrese. Un viaggio che, con intuizione felice e portata avanti con determinazione, parte dal generale per arrivare a quel particolare che fa inevitabilmente rima con universale. Negli anni che seguono l'affresco complesso e vagamente barocco di Gomorra e delle sue tante derivazioni (tanto interne quanto esterne), Francesco Munzi sceglie una strada diversa, e compone una sinfonia tragica che lentamente e inesorabilmente si destruttura: suonata con una tonalità in minore, appoggiata sulla forza viscerale e ancestrale dei bassi morali e musicali, sulle ombre che si allungano in una fotografia sempre più plumbea, sulle lucide architetture metropolitane che lasciano il passo alla rovina, alla fatiscenza, all'archeologia dell'archetipo.
Anime nere non è una storia di 'ndrangheta. Non è un romanzo criminale, ma un dramma familiare prima e umano poi. Non vuole fare sociologia della contemporaneità, ma privilegia un approccio antropologico che ci porta in una storia senza tempo né luogo se non quelli tragici e perenni della natura umana. Tre fratelli, tre visioni della vita, del crimine, della morte. Tre personaggi uniti solo dal sangue, e che solo il sangue, nella maniera più triste e cruenta, può separare. Tre mondi che fanno e faranno sempre parte dello stesso universo, un universo che è il nostro e sempre lo sarà.
Certo, la superficie, il territorio, il campo di battaglia sono quelli del noir puro, tanto più riconoscibile globalmente quanto più legato allo specifico delle questioni italiane, delle faide e di una cultura antica sembra impossibile da sradicare. Ma da quel territorio e quella cultura, Munzi non si fa dominare o indirizzare: modella il primo per renderlo funzionale alle esigenze del cinema e del racconto, tratta la seconda con un rispetto scevro da ansie giudicanti, mai connivente né ammiccante. E così facendo, permette al noir di farsi progressivamente tragedia.
Costante rimane, invece, la voglia del regista di utilizzare un registro costantemente e felicemente imploso, arricchito dal coraggio di guardare di lato, di allargare lo sguardo, o viceversa di fissarlo è più scomodo o inaspettato. In questo modo, Anime nere diviene un film dove la tensione (sua e spettatoriale) nasce non solo dalla percezione dell'imminenza dello sparo o della morte, ma dalla scomodità di sentir vibrare dentro corde profonde, con il confronto con un mondo senza eroi, senza regole, senza speranze.
L'implosione allora monta, genera energie ed entropie spaventose, e - in un finale che giunge cupo, logico ma inaspettato - dà origine al suo inevitabile buco nero, nel quale cadono le vite di chi Anime nere l'ha dolorosamente e scomodamente popolato. Nel quale sprofonda uno sguardo che, finito il film, si ritrova a contemplare irrequieto e timoroso l'abisso oscuro e tragico della propria umanità.

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The Judge


sab 08_11 ore 21.15
dom 09_11 ore 18.00 - 21.00


 GENERE: Drammatico
ANNO: 2014
REGIA: David Dobkin
SCENEGGIATURA: Nick Schenk, David Seidler, Bill Dubuque
ATTORI: Robert Downey Jr., Robert Duvall, Leighton Meester, Billy Bob Thornton, David Krumholtz, Vera Farmiga, Melissa Leo, Vincent D'Onofrio, Sarah Lancaster, Dax Shepard, Balthazar Getty, Emma Tremblay, Jeremy Strong, Grace Zabriskie, Ian Nelson, Ken Howard
FOTOGRAFIA: Janusz Kaminski
MONTAGGIO: Mark Livolsi
PAESE: USA
DURATA: 141 M





Trama
Uno spregiudicato avvocato di successo, il cui matrimonio è in crisi, torna nell’idilliaca cittadina dell’Indiana in cui è nato, in occasione dell’improvvisa morte della madre. Lì ritrova i suoi fratelli e soprattutto il padre, il Giudice, con cui ha chiuso i rapporti da tempo e scopre un uomo gravemente malato, che il giorno dopo il funerale della moglie viene accusato di aver investito volontariamente un criminale del posto.

Recensione
C’è una Hollywood di grandi nomi che ha nostalgia per il buon vecchio cinema di una volta, quello dai ritmi dilatati, incentrato su personaggi forti che vivono le loro drammatiche avventure in cittadine alla Norman Rockwell. Uno di questi nostalgici è sicuramente Robert Downey Jr. che, in veste di produttore, sceglie di supportare una storia nata dalla vicenda personale del regista David Dobkin e in seguito rimaneggiata da uno sceneggiatore professionista che vi aggiunge un aspetto da procedural thriller sicuramente assente in origine.
The Judge rientra infatti a pieno diritto nel classico filone hollywoodiano delle storie di famiglie disfunzionali che si ritrovano in occasione di festività o di eventi drammatici, e dove genitori e figli hanno – almeno al cinema – una seconda possibilità per superare le proprie annose incomprensioni. E’ sicuramente questo l’aspetto migliore di una pellicola i cui momenti più coinvolgenti risiedono nel duello tra due personalità attoriali che non potrebbero essere più distanti: il grande caratterista Robert Duvall, che ha regalato al cinema decine di interpretazioni memorabili fin dal suo debutto in Il buio oltre la siepe, operando per sottrazione lavorando di cesello anche su ruoli dichiaratamente sopra le righe (uno per tutti: il Kilgore di Apocalypse Now) domina il “figlio” Robert Downey Jr. che dell’estroversione e della verbosità ha fatto il segno distintivo dei suoi personaggi.
In questo senso il casting del film è perfetto e il confronto tra il padre - giudice integerrimo che non ammette di aver sbagliato - e il figlio - diventato un vincente per fargli dispetto - si trasforma in quello tra due generazioni e due stili di recitazione, rendendo più credibile il conflitto tra i due sullo schermo.
Per il resto, Dobkin non rinuncia a nessuno dei cliché del genere, intervallandoli con scene tipiche del courtroom drama sulla cui plausibilità giuridica non siamo in grado di esprimerci. Ci sono momenti di grande intensità emotiva che non mancheranno di commuovere chi ha genitori anziani e assiste impotente alla loro decadenza fisica: davvero insolita, nel cinema americano, la realistica scena nel bagno, risolta in modo esemplare senza distogliere lo sguardo dall'umiliante crudeltà della malattia che sgretola quelli che per noi figli sono sempre stati baluardi indistruttibili.
Robert Downey Jr., che ci fa piacere ritrovare finalmente in un ruolo recitato e non solo agito, attrae col suo carisma e la stima di cui gode un cast di grande spessore: la nostra menzione d'onore va agli interpreti dei fratelli: l'indimenticato “Palla di lardo” Vincent D’Onofrio, bravissimo nel non facile ruolo del maggiore e  Jeremy Strong in quello del minore.Gli amanti delle serie tv apprezzeranno la presenza di Grace Zabriskie (Twin Peaks) e Denis O'Hare (American Horror Story), mentre ci sono apparsi un po' marginali i personaggi di quei due straordinari attori che sono Vera Farmiga e - soprattutto Billy Bob Thornton .Ma di questi tempi, ce ne rendiamo conto, farlo notare è quasi come lamentarsi per aver mangiato troppo.  Daniela Catelli

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Jimi - All Is By My Side

ven 7_11 ore 21:00


GENERE: Biografico, Drammatico, Musicale
ANNO: 2013
REGIA: John Ridley
SCENEGGIATURA: John Ridley
ATTORI: André Benjamin, Imogen Poots, Hayley Atwell, Burn Gorman, Ashley Charles
PAESE: Gran Bretagna, Irlanda, USA
DURATA: 118 Min








Importa poco, in fondo, che il Jimi Hendrix raccontato da questo film sia più o meno aderente a quello realmente vissuto, morto a 27 anni come troppi suoi colleghi. Poco importa se il mondo che lo circonda, i vari personaggi che incrociano la strada del giovane chitarrista e che vengono presentati con l'etichetta di una facile riconoscibilità, siano stati ritratti secondo i criteri di una Verità storica, utopica e assoluta.
Perché Jimi: All Is by My Side è un film che comincia come un trip, quello stesso trip che l'Hendrix di un sorprendente André Benjamin affronta per la prima volta con Linda Keith all'inizio del film, guardandosi poi allo specchio - sebbene avvisato di non farlo - e scoprendo un volto e un ritratto altro: quello, appunto del film di John Ridley.Luci e ombre, esaltazioni e introversioni incontri e scontri si alternano in un biopic tanto più riuscito quanto più ha scelto di abdicare la sua missione, di rinnegare il Vero e l'interezza del ritratto a favore della frantumazione di un'icona e di una storia utile a cogliere quello di più profondo e astratto gli si nascondeva dietro.
Per il Jimi di Ridley, la musica era tutto, era questione di colori, e tutto era questione di colori e di sensazioni da trasmettere con una ricerca libera e interiore che rinnegava necessariamente ogni dogmantismo musicale, razziale, politico: e se con quella libertà nomadica e oggi quasi impensabile Hendrix attraversava la vita e la musica, allo stesso modo Ridley tenta di raccontarlo nel corso di un anno cruciale perché ricco di transiti e costitutivo.
Quest'anno viene scagliato al suolo, frantumato e ricostruito con una cronologicità mai ossessiva, lasciando che ogni frammento, ogni scheggia, abbia la sua personale inclinazione e non debba combaciare alla perfezione con quello che lo segue, di modo tale che lo sguardo che vi si appoggia e vi (si) riflette sopra ricostruisca così un affresco coerente ma al tempo stesso caleidoscopico, financo psichedelico del grande musicista.

L'Hendrix che emerge da Jimi: All Is by My Side non è utile o funzionale alla celebrazione di un mito, o alla rivisitazione pedissequa di una fase della sua vita, ma che coglie e restituisce quella carica energica di libertà creativa e ideologica che ha caratterizzato non solo il musicista ma tutta una fase della Storia del Ventesimo secolo; e che, proprio perché non inutilmente e acriticamente glorificata, riesce a far pesare ancora di più la sua assenza in una contemporaneità che nelle sue complessità e nelle sue transizioni avrebbe enorme bisogno di ripensarsi in quel modo.
La famosa cover hendrixiana di "Sgt.Pepper", e lo sprito della sua genesi, si specchiano allora in quelli di un personaggio e di un'epoca fatti da Ridley con il suo film, e viceversa, in attesa che qualcosa o qualcuno, oggi, si liberasse da cricche e legacci per effettuare allo stesso modo una cover dell'oggi che diventi nuovo standard. Federico Gironi

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Alle ore 21.00, prima del film, c'è l'iniziativa musicale di Mr. Baker, Andy Groove and Frankie Pawn Shop American Ciacoe: una passeggiata attraverso il continente nordamericano, inteso come letteratura musica storia usi e costumi. Da non perdere.