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Visualizzazione dei post da febbraio, 2011

cine-pantofole #21: VITE AL BIVIO

Le storie dei personaggi dei tre film che proponiamo non hanno, forse, nulla in comune tra loro.
Il primo è unico, non paragonabile ad altro film, per la sua estremizzazione di scelta di vita, e
perché riporta una storia vera.
Il secondo racconta le esistenze “al limite” dei tre protagonisti, imbrigliati nel loro quotidiano che,
apparentemente, non dà loro possibilità di scelta di vita e di cambiamento.
Il terzo presenta una vita ordinaria sconvolta d’un tratto da un lutto che innesca nel protagonista un meccanismo e lo conduce a scelte e comportamenti sbagliati e dannosi.
Siamo dunque noi, piccoli esseri umani, gli artefici delle nostre scelte di vita? O sono gli eventi che
ci portano a fare alcune scelte anziché altre? E….sono “scelte”oppure no?




INTO THE WILD-NELLE TERRE SELVAGGE

di Sean Penn – USA 2007




COME DIO COMANDA
di Gabriele Salvatores – ITALIA 2008




LA NOSTRA VITA
di Daniele Luchetti – ITALIA 2010

Oscar 2011

Oscar 2011: vincitori, sconfitti e considerazioni finaliIl Discorso del Re doveva essere e Il Discorso del Re è stato. 12 nomination e 4 Oscar portati a casa per il film britannico, riuscito a far suoi quasi tutti i premi più importanti. Miglior film, regia, sceneggiatura e attore protagonista. Grande sconfitto della serata quel The Social Network che fino a 2 mesi fa era pronosticato da tutti come il possibile dominatore assoluto di quest’edizione. Ed invece per Fincher è stata una batosta. 3 gli Oscar vinti, per la colonna sonora, il montaggio e la sceneggiatura non originale. A far meglio addirittura quell’Inception ‘umiliato’ dalla mancata nomination a Nolan, snobbato dalla cinquina finale per la Regia. Salvato dai Premi tecnici, il kolossal della Warner è comunque riuscito a ritagliarsi uno spazio importante, facendo sua anche la statuetta per la Miglior Fotografia.

10 nomination e zero statuette per i Coen, già premiati con Non è un Paese per Vecchi e forse per questo dimenticati con Il Grinta, uscito in realtà comunque vincitore, ma dal box office americano. Zero Premi anche per 127 Ore di Danny Boyle, mentre Il Cigno Nero si è dovuto accontentare dell’Oscar più che meritato a Natalie Portman. Due le statuette per Alice, due per Toy Story 3, due ‘attoriali’ per The Fighter, una per il magnifico trucco del terribile The Wolfman. Torna purtroppo a mani vuote Io sono l’Amore di Luca Guadagnino, battuto nel campo dei costumi dall’Alice di Burton, mentre è la danese Bier, vista a Roma, a vincere l’Oscar per il Miglior Film Straniero, con In un mondo Migliore. In definitiva un’edizione priva di un titolo capace di dominare, spalmando Oscar in modo da accontentare quasi tutti. Politically Correct all’eccesso, quasi fastidioso visti i film premiati, con il ‘passato che vince su presente e futuro‘, come commentato a caldo da Gianni Canova su SkyCinema.


MIGLIOR FILM

* Il Discorso del Re

MIGLIOR ATTORE PROTAGONISTA

* Colin Firth (Il Discorso del Re)

MIGLIOR ATTRICE PROTAGONISTA

* Natalie Portman (Il Cigno Nero)

MIGLIOR REGIA

* Tom Hooper (Il Discorso del Re)


MIGLIOR CANZONE

* Randy Newman (Toy Story 3)

MIGLIOR MONTAGGIO

* Angus Wall e Kirk Baxter (The Social Network)


MIGLIOR EFFETTI SPECIALI

* Inception

MIGLIOR DOCUMENTARIO

*Inside Job


MIGLIOR CORTOMETRAGGIO

* God of Love

MIGLIOR CORTO DOCUMENTARIO

* Strangers No More

MIGLIORI COSTUMI

* Colleen Atwood (Alice in Wonderland)

MIGLIOR MAKE-UP

* Rick Baker e Dave Elsey (The Wolfman)

MIGLIOR SONORO

* Richard King (Inception)

MIGLIOR MONTAGGIO SONORO

* Lora Hirschberg, Gary A. Rizzo e Ed Novick (Inception)

MIGLIOR COLONNA SONORA

*Black SwanTrent Reznor e Atticus Ross (The Social Network)

MIGLIOR ATTORE NON PROTAGONISTA

* Christian Bale (The Fighter)

MIGLIOR FILM STRANIERO

* In un Mondo Migliore (Danimarca)


MIGLIOR SCENEGGIATURA ORIGINALE

* David Seidler (Il Discorso del Re)

MIGLIOR SCENEGGIATURA NON ORIGINALE

* Aaron Sorkin (The Social Network)

MIGLIOR FILM D’ANIMAZIONE

* Toy Story 3

MIGLIOR CORTO ANIMATO

* The Lost Thing

MIGLIOR ATTRICE NON PROTAGONISTA

* Melissa Leo (The Fighter)

MIGLIOR SCENOGRAFIA

* Robert Stromberg e Karen O’Hara (Alice in Wonderland)

MIGLIOR FOTOGRAFIA

* Wally Pfister (Inception)


via: www.cineblog.it

Come si costruisce una statuetta dell'Oscar

Come si costruisce una statuetta dell'Oscar

Oggi parliamo, di Oscar. Ma lo facciamo dal punto di vista tecnico perché vi spieghiamo come si fa a costruisce una statuetta dell’Academy Awards. Prima di tutto: ci vogliono circa 10 persone e circa 5 settimane per 50 statuette. L’interno dell’Oscar è formato da una lega di argento opaco simile al peltro. La statuetta viene levigata accuratamente molte volte, poi viene lucidata e placcata in quattro strati: rame, nichel, argento e poi d’oro a 24 carati. Come ultima mano viene data una vernice protettiva. Se la statuetta ha un’imperfezione viene gettata nella pentola di fusione.

Quando l’Oscar è finito viene fissato ad una base alta circa 8 centimetri, poi viene numerato e imballato con cura per la spedizione. Eh già, perché l’Oscar viene mandato a Los Angeles tramite aereo e l’Academy regala due biglietti per la cerimonia ad un dipendente della compagnia che effettua il volo.

Le statuette non sono incise con il nome del vincitore. L’incisione avviene solo dopo la fine dell’intera cerimonia. Nelle foto alcune immagini della lavorazione.


Fonte Foto: CuriousPhotos


Come si costruisce una statuetta dell’Oscar

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La scuola Internazionale di Comics al Cinema Marconi







Sarà un docente della Scuola internazionale di Comics di Padova ad animare il dibattito "Cinema e fumetti" venerdì 25 febbraio in occasione della proiezione del film Tamara Drewe.

Vi invitiamo a non perdere questa occasione per scoprire insieme a noi alcune sfacettature di questo connubio artistico (cinema-fumetto) oggi molto frequente.

La Scuola Internazionale di Comics, fondata nel 1979 da Dino Caterini, uno dei più
estrosi e fantasiosi artisti del fumetto italiano - è oggi una delle factory più importanti nel
campo del disegno, dell'illustrazione, della grafica, del cartone animato 2D e 3D, della
grafica 3D, del web design, con sedi a Roma, Firenze, Jesi, Torino, Pescara, Padova,
Brescia e Reggio Emilia.

L’Accademia è divenuta negli anni un importante punto di riferimento per quanto riguarda
le arti visive, grafiche, digitali e le tecniche di cinematografia d'animazione, di scrittura
creativa e di sceneggiatura. I corsi, condotti da insegnanti qualificati con un ampio
bagaglio di esperienza, hanno formato negli anni figure altamente professionali, mirando a
sviluppare l'aspetto creativo degli studenti attraverso un lavoro di ricerca espressiva e di
sperimentazione tecnica. Grazie alla Scuola Internazionale di Comics molti giovani talenti
sono stati in grado di inserirsi in diverse realtà professionali.

Immaturi

sabato 26_02 ore 21.15
domenica 27_02 ore 18 e 21


REGIA: Paolo Genovese
SCENEGGIATURA: Paolo Genovese
ATTORI: Ambra Angiolini, Raoul Bova, Ricky Memphis, Luca Bizzarri, Barbora Bobulova, Paolo Kessisoglu, Anita Caprioli, Giulia Michelini, Luisa Ranieri, Alessandro Tiberi,
PAESE: Italia 2011
GENERE: Commedia
DURATA: 108 Min

Sito Ufficiale









Giorgio è uno psichiatra infantile che va in crisi alla notizia che potrebbe diventare padre, Lorenzo un agente immobiliare che per nulla al mondo lascerebbe il letto a castello e la colazione a letto che gli assicura la permanenza in casa dei genitori, Luisa è una manager separata con una figlia meno distratta di lei, Francesca una chef che cerca di disintossicarsi dall'appetito sessuale, Piero un dj che ascolta ogni notte le nostalgie altrui vivendo immerso nelle proprie e Virgilio quello che con una bugia, vent'anni prima, ha disintegrato il gruppo. Ora però i sei ex compagni di liceo si ritrovano, alla soglia dei quarant'anni, quando una raccomandata del ministero della pubblica istruzione annulla il loro esame di maturità e li obbliga a rifarlo.
Paolo Genovese, alla seconda regia in solitaria dopo il proficuo tandem con Luca Miniero, stana un incubo ricorrente di molti, trasformandolo in commedia romantica e associandosi al gusto per il ripescaggio di quell'età liminale che da qualche anno impazza sui social network, causando reazioni di imbarazzo e vergogna ma anche e soprattutto divertimento e nostalgia.
Il suo Immaturi si propone infatti di raccontare il grande freddo di una generazione che sulla carta non ha ragione di dirsi delusa, poiché si presume nata senza illusioni, relativista, accontentata o comunque capace di accontentarsi. Una considerazione discutibile, che val bene un film che l'argomenti, la confuti o l'approfondisca, ma Miniero non è ZanasiLucio Pellegrini e la sua è una commedia che bandisce per partito preso le amarezze e non mira né a commuovere né a far sbellicare ma cerca una terza via, un equilibrio e una felicità epicuree (per restare in tema). Un'opzione di per sé inattaccabile e persino ragionevolissima e auspicabile, nell'ottica di quel cinema medio nazionale tanto invocato per risollevare le sorti e i bilanci di casa e finalmente realtà, di questi mesi e di certi registi. Marianna Cappi

Tamara Drewe - tradimenti all'inglese

venerdì 25_02 ore 21.15


REGIA: Stephen Frears
ATTORI: Gemma Arterton, Dominic Cooper, Luke Evans, Tamsin Greig, Roger Allam, Bill Camp
FOTOGRAFIA: Ben Davis
MONTAGGIO: Mick Audsley
MUSICHE: Alexandre Desplat
PAESE: Gran Bretagna 2011
GENERE: Commedia
DURATA: 111 Min







Tamara Drewe torna alla casa di campagna dove ha trascorso l'infanzia, in seguito alla morte della madre. Ha un nuovo naso, una rubrica su un quotidiano di Londra e un paio di gambe che non passano inosservate. Alle loro pendici cadono presto l'ex fidanzatino Andy, ora tuttofare presso un ameno ritiro per scrittori in cerca di calma e ispirazione, il famoso romanziere Nicholas Hardiment, che gestisce il suddetto posto con l'aiuto della moglie Beth, e la rockstar Ben Sergeant, che per Tam si trattiene in quel luogo ben oltre il tempo previsto per il concerto. A muovere le file tragicomiche del teatrino che da queste premesse si dipana, sono due ragazzine del luogo, Casey e Jody, rese folli dalla noia e dal fanatismo nei confronti del batterista.
A conti fatti, sono almeno una decina d'anni che Stephen Frears non sbaglia un film, pur spaziando tra ispirazioni molto diverse - le playlist dei vinilomani piuttosto che i business erotici di una vecchia dama o i cervi del parco della regina - e senza necessariamente sfiorare il capolavoro, che non pare affar suo. Due i punti fissi: lo schermo è innanzitutto il palcoscenico degli attori e la letteratura è un ottimo soggetto da rileggere attraverso l'obiettivo della macchina da presa. Ecco dunque Kureishi, Hornby, Doyle, Colette e ora l graphic novel di Posy Simmonds (edita in Italia da Nottetempo), uscita a puntate sul Guardian e liberamente e irriverentemente ispirata a “Via dalla pazza folla” di Thomas Hardy (a sua volta e a suo tempo pubblicazione seriale).
Il materiale non manca: un'eroina al centro di un conflitto di passioni attorno alla quale si colora il ritratto satirico della classe media inglese con velleità artistiche, tra invidia e imitazione, pavonerie e contraddizioni di comodo (la verità è il sale della buona letteratura o il bravo scrittore è un bugiardo nato?)
Usando le tavole originali come un vero e proprio storyboard e i personaggi di carta come modello per la scelta degli attori, Frears e Moira Buffini (alla sceneggiatura) si cimentano con risultati brillanti nell'operazione di aggiungere realismo senza perdere di humor. La quotidianità dell'assurdo e le piccole malignità che assicurano l'umana sopravvivenza, insieme allo smantellamento del mito della genuinità e della pietà rurale, sono i registri azzeccati su cui si muove questa commedia mezza rosa e mezza nera, che ha nel cuore un ricordo inconfessato (e irraggiungibile) di Shakespeare a colazione, nel motore una marcia in più di tutta l'ultima produzione di Woody Allen e un debito innegabile verso un cast in formissima. Marianna Cappi

CINE-PANTOFOLE #20: Stephen Frears






















In attesa dell'esilerante commedia Tamara Drewe in programmazione venerdì 25 febbraio alle ore 21.15 presso il cinema Marconi di Piove di Sacco, vi proponiamo una tripletta di film per conoscere al meglio il poliedrico regista inglese Stephen Frears.




Le relazioni pericolose di Stephen Frears – USA 1988. - VM 14




Alta fedeltà
di Stephen Frears – USA 2000
reperibile presso il bacino bibliografico della Saccisica




The Queen - La regina
di Stephen Frears – Gran Bretagna 2006


Altri film di Stephen Frears reperibili presso il bacino bibliografico della Saccisica.

soundtrack: Precious






































In attesa del pluripremiato Precious, in programma venerdì 18 febbraio al Cinema Marconi di Piove di Sacco, vi proponiamo la colonna sonora del film.
( clicka sulle frecce destra/sinistra per scorrerre i brani)


Precious


venerdì 18_02
ore 21.15


REGIA: Lee Daniels
SCENEGGIATURA: Geoffrey Fletcher
ATTORI: Gabourey 'Gabby' Sidibe, Mo'Nique Imes, Paula Patton, Mariah Carey, Lenny Kravitz, Sherri Shepherd, Nealla Gordon, S
FOTOGRAFIA: Andrew Dunn
MUSICHE: Mario Grigorov
PAESE: USA 2009
GENERE: Drammatico
DURATA: 109 Min








Precious Jones ha diciassette anni, un corpo obeso e un figlio nel ventre (il secondo ed entrambi sono frutto di incesto). A scuola viene derisa dai compagni anche perchè non ha ancora imparato a leggere e scrivere. A casa la madre non solo non la difende dalle violenze paterne ma la accusa di averglielo rubato oltre a cercare di ostacolare in ogni modo i suoi tentativi di riscatto dall'ignoranza. Precious però, solo apparentemente ottusa, tiene duro. Accetta l'offerta di iscriversi a una scuola con un programma speciale dove finalmente comincia ad apprendere come leggere e scrivere e, soprattutto, decide di tenere il bambino. La strada verso l'autodeterminazione non è però facile.
Una vera sopresa positiva questa opera seconda di Lee Daniels. Ispirato a un romanzo di Sapphire il film non ha nulla di letterario e non a caso, prima di essere presentato a Cannes nella sezione Un Certain Regard, ha vinto al Sundance il Premio del Pubblico e il Gran Premio della Giuria. Entrambi meritati perchè questa storia di ordinaria violenza domestica e sociale è narrata con uno stile decisamente originale e si avvale di una protagonista che riesce a trasformare il proprio problema fisico in una risorsa di indubbio impatto. Se vedendola comprendi come il mondo che la circonda possa trovare più di un'occasione per deriderla, Daniels riesce a farti aderire immediatamente all'universo dei suoi desideri non facendo ricorso a un facile pietismo ma lavorando sul suo immaginario.
Precious è una ragazza di diciassette anni prigioniera di un corpo fuori misura che però non si sogna magra. Il suo universo ideale ha altri territori in cui cercare percorsi diversi da quelli ormai a lei ben noti della brutalità di una vita in cui domina l'ignoranza. Perchè Daniels riesce a farci quasi respirare un clima saturo di un odio e di una perfidia dettati dalla totale mancanza di un benchè minimo orizzonte culturale. Lo fa però con la leggera profondità di chi sa che si può trovare uno stile piacevole per proporre riflessioni su temi gravi. Riuscendoci. Giancarlo Zappoli

cinepantofole #19: CULTURE, RAZZE, CONVIVENZE, INTEGRAZIONI,…






















Un unico titolo adatto alla presentazione di tre film che riescano a dare un’immagine, seppure non esaustiva e certamente non sufficiente, della società odierna, non si è trovato. Grandi temi quali multiculturalismo, società multietnica e multi religiosa, con le problematiche e gli arricchimenti connessi, sarebbero meritevoli di approfondimento.
I film proposti possono solo farci pensare, riflettere, e magari anche divertire.



UN BACIO APPASSIONATO
di Ken Loach- Gran Bretagna 2004
reperibile presso il bacino bibliografico della Saccisica





IL DESTINO NEL NOME – THE NAMESAKE
di Mira Nair – India, USA 2006



BIANCO E NERO
di Cristina Comencini – Italia 2007

soundtrack: Qualunquemente




















In attesa del film Qualunquemente, in programma nei prossimi weekend di febbraio, vi presentiamo il brano principale della colonna sonora del film.
"QUALUNQUEMENTE (Onda Calabra)" rilettura alla maniera di Cetto La Qualunque del brano Onda Calabra di Peppe Voltarelli e del gruppo il Parto Delle Nuvole Pesanti, cantata da Antonio Albanese con l'arrangiamento e la produzione della Banda Osiris.


Qualunquemente

sabato 12_02 ore 21.15
domenica 13_02 ore 21
sabato 19_02 ore 21.15
domenica 20_02 ore 18 e 21


REGIA: Giulio Manfredonia
SCENEGGIATURA: Antonio Albanese, Piero Guerrera
ATTORI: Antonio Albanese, Sergio Rubini, Lorenza Indovina, Nicola Rignanese, Davide Giordano, Luigi Maria Burruano,
MUSICHE: Banda Osiris
PRODUZIONE: Fandango in collaborazione con Rai Cinema
PAESE: Italia 2011
GENERE: Commedia
DURATA: 96 Min

Sito Ufficiale






Uno spettro si aggira per la Calabria: è lo spettro della legalità. Contro questo spiacevole inconveniente, rappresentato dal candidato sindaco di Marina di Sopra, certo De Santis, la parte “furba” del paese schiera l'uomo della provvidenza: Cetto La Qualunque, di ritorno da un periodo di latitanza con una nuova moglie, che chiama Cosa, e la di lei bambina, che non chiama proprio. Volgare, disonesto, corrotto, ma soprattutto fiero di essere tutto questo e molto di peggio, Cetto prima ricorre alle intimidazioni mafiose, poi a dosi inimmaginabili di propaganda becera, quindi assolda uno specialista. Il fine, e cioè la vittoria alle elezioni, giustifica interamente i mezzi, che in questo caso vanno dal comizio in chiesa, all'offerta di ragazze seminude come fossero caramelle scartate, all'incarceramento del figlio Melo in sua vece. Fino alla più sporca delle truffe.
Il personaggio creato da Antonio Albanese e Piero Guerrera balza dal piccolo al grande schermo, vale a dire dalla misura spazio-temporale dello sketch al lungometraggio di narrazione, sotto la guida e la responsabilità di Giulio Manfredonia e della Fandango, e atterra in piedi. Non segnerà un risultato inatteso ma si posiziona bene rispetto alle aspettative: non annoia, non divaga, non infarcisce la sceneggiatura di corpi estranei, buoni per una gag in più ma in fondo accessori. Non fa nemmeno ridere, e questo può apparentemente rappresentare un problema, ma non per forza. Si mormora in giro che il film esca datato, svilito da uno sprint della realtà politica attuale, che si supera da sola, divenendo sur-realtà, al pari di quella immaginata in Qualunquemente. Eppure non è proprio o soltanto così. Se mai ad essere surreale, ma in quanto concentrato di caratteristiche e costumi assolutamente veritieri, è il personaggio di Cetto, la sua mancanza di un limite, non certo la realtà delle colate di cemento sulla spiaggia, delle fogne che scaricano in mare, dei buoni benzina in regalo o dei brogli elettorali e nemmeno della bigamia, delle allusioni ai pregiudicati e delle “assessore” scelte in base al fisico.
Il film di Albanese e Manfredonia non va scambiato per un film d'intrattenimento, anche se qualche buona battuta per fortuna non manca (“Presto io sarò sindaco per cui tu per legge vicesindaco” o “Si comincia con dare la precedenza ad un incrocio e finisce che si diventa ricchione”), e nemmeno per una tragicommedia alla Fantozzi, sebbene il regista lo citi tra le ispirazioni: piuttosto, è un film violento, che non fa sconti e regala al “cattivo” una vittoria su tutta la linea. Il qualunquismo di questo imprenditore prestato alla politica, sempre allegro e in movimento da un abuso di potere ad un altro, menefreghista in teoria e in pratica, dovrebbe essere qualcosa di cui ridere per esorcismo, per isteria dettata dalla paura, non per spasso o per il piacere di guardarci allo specchio. Se proprio occorre dargli un'etichetta, si dirà che è un film “di denuncia”, con i pregi e i limiti dei film “impegnati”, che ha scelto la via della satira anziché quella della tragedia. Marianna Cappi

Una vita tranquilla

venerdì 11_02 ore 21.15


REGIA: Claudio Cupellini
ATTORI: Toni Servillo, Marco D'Amore, Francesco Di Leva, Juliane Köhler, Leonardo Sprengler, Alice Dwyer, Maurizio Donadoni, Enzo Salomone, Joachim Kretzer
FOTOGRAFIA: Gergely Pohárnok
PAESE: Germania, Francia, Italia 2010
GENERE: Drammatico
DURATA: 105 Min

Sito Ufficiale









Al centro della Germania vive Rosario, italiano cinquantenne che mischia il cinghiale con il granchio nella cucina del suo albergo. Con un bella moglie e un figlio gentile, vive felice ma ammazza gli alberi con i chiodi perché vuole ampliare il suo hotel. Quello che si sforza di uccidere è anche il suo passato di pluriomicida che un giorno gli fa visita sottoforma di Edoardo e Diego, due giovani di malavita, minacce per la sua “vita tranquilla”.
Complice la solita monumentale prova di Toni Servillo Una Vita Tranquilla di Claudio Cupellini soffre troppo di una somiglianza registica e di sceneggiatura con il Sorrentino di Le conseguenze dell'amore. Servillo è un Titta Di Girolamo più espansivo ma egualmente torbido che solo con i muscoli del viso apre al noir di buona fattura.
Oltre questo sensibile ma circoscritto problema cinematografico, Cupellini passa bene dalla commedia di “dolci” sentimenti e product placement di Lezioni di Cioccolato al dramma di genere con profondità emotiva e accennato sfondo di cronaca: il caso rifiuti in Campania. Pellicola col taglio europeo dal collaudato tema del passato incancellabile, Una Vita Tranquilla instilla tensione fotogramma per fotogramma al ritmo delle ombre dei cattivi ricordi che coprono il plumbeo cielo tedesco e la coscienza pseudosmacchiata di Rosario.
Le colpe dei padri ricadranno sui figli come pioggia di pallottole nella nera notte di qualche nonluogo e la salvezza è un'autostrada che non sappiamo dove finirà. L'unica certezza è il dubbio: si può vivere una vita tranquilla fuggendo nella nebbia ma non da se stessi? Luca Marra

cine-pantofole #18: MUSICAL
























Da appassionati di cinema in tutte le sue molteplici espressioni, non può mancare l’apertura di un
piccolo sipario sui MUSICAL, detti impropriamente “film musicali”.
Siano essi proposti a teatro o al cinema, La Protagonista assoluta rimane sempre la Musica.





IL FANTASMA DELL’OPERA
di Joel Schumacher – USA, Gran Bretagna 2004
(reperibile presso il bacino bibliografico della Saccisica)





MAMMA MIA!
di Phyllida lloyd – USA, Gran Bretagna, Germania 2008






SWEENEY TODD: IL DIABOLICO BARBIERE DI FLEET STREET
di Tim Burton – USA, Gran Bretagna 2007

Hereafter

sabato 05_02 ore 21.15
domenica 06_02 ore 18 e 21


REGIA: Clint Eastwood
SCENEGGIATURA: Peter Morgan
ATTORI: Matt Damon, Cécile de France, Bryce Dallas Howard, Jay Mohr, Mylène Jampanoï, Thierry Neuvic, Richard Kind, Jenifer Lewis, Steve Schirripa, Lyndsey Marshal,
PAESE: USA 2010
GENERE: Drammatico, Thriller
DURATA: 129 Min

Sito Italiano






Marie Lelay è una giornalista francese sopravvissuta alla morte e allo tsunami. Rientrata a Parigi si interroga sulla sua esperienza sospesa tra luccicanza e oscurità, alienandosi fidanzato ed editore. Marcus è un fanciullo inglese sopravvissuto alla madre tossicodipendente e al fratello gemello, investito da un auto e da un tragico destino. Smarrito e ‘spaiato’ cerca ostinatamente ma invano di entrare in contatto con Jason, di cui indossa il cappellino e conserva gli amabili resti. George Lonegan è un operaio americano in grado di vedere al di là della vita. Deciso a ripudiare quel dono e a conquistarsi un’esistenza finalmente normale, George ‘ascolta’ i romanzi di Dickens e frequenta un corso di cucina italiana. Sarà proprio la “piccola Dorrit” dello scrittore britannico a condurlo fino a Londra, dove vive Marcus e presenta il suo nuovo libro Marie. L’incontro sarà inevitabile. George, Marcus e Marie troveranno soccorso e risposte al di qua della vita.
Non si può vedere “al di là” delle cose senza finire prigionieri del dolore. Lo sanno bene George e Marie, protagonisti adulti di Hereafter, che hanno oscillato sulla soglia, sperimentando la morte e scampandola per vivere al meglio quel che resta da vivere nel mondo. Un mondo reso meno imperfetto da un ragazzino che ha negli occhi e nei gesti qualcosa di gentile. Qualcosa che piacerà al George di Matt Damon e troverà un argine alla sua solitudine. Nella compostezza di una straordinaria classicità, che si concede un momento di tensione quasi insostenibile nella sequenza lunga e spietata del maremoto, l’ultimo film di Clint Eastwood insegna qualcosa sulla vita confrontandosi con la morte, quella verificata (Marie), quella subita (Marcus), quella condivisa (George).
Hereafter prende atto che la vita è un esperimento con un termine e si articola per questo attraverso prospettive frontali: al di qua e al di là del confine che separa la presenza dall’assenza. È questa linea di demarcazione a fare da perno al montaggio alternato delle vite di una donna, di un uomo e di un bambino dentro una geometria di abbagliante chiarezza e spazi urbani pensati per gravare sui loro destini come in un romanzo sociale di Dickens. Destini colpiti duramente e deragliati ineluttabilmente dalla natura (lo tsunami in Indonesia), dalle tensioni sociali (gli attacchi terroristici alle metropolitane londinesi), dalla fatalità (l’incidente stradale), destini che si incontrano per un attimo (o per la vita) in un mutuo scambio di salvezza. Perché da tempo i personaggi di Eastwood hanno abbandonato l’isolazionismo tipico dell’eroe americano a favore di una dialettica che mette in campo più interlocutori e pretende il contrasto.
Hereafter non fa eccezione e prepara l’incontro, il controcampo del campo: lo sguardo di Cécile De France che ha visto, quello di Matt Damon che riesce a vedere, quello del piccolo Frankie McLaren che vuole andare a vedere. Facendosi in tre l’autore mette lo spettatore al centro di qualcosa di indefinibile eppure familiare come il dolore dell’essere, produce punti di vista potentemente fuori binario sul tema della morte e offre a Damon l’occasione di comporre la migliore interpretazione della sua carriera. Disfandosi della cifra della neutralità, il divo biondo conquista l’emozione e la cognizione del dolore, abitando un sensitivo che ha visioni di morti (e di morte) al solo contatto delle mani, una tristezza profonda piena di pietà e il desiderio di smettere di vedere il passato di chi resta e di immaginare il futuro (e il sapore) di un bacio.
Clint Eastwood con Hereafter conferma la vocazione alle sfumature, azzarda l’esplorazione della morte con la grazia del poeta, interroga e si interroga su questioni filosofiche e spirituali e contrappone alla debolezza del presente e dentro un epilogo struggente l’energia di un sentimento raccolto nel futuro. Raccolto inevitabile, come un trapasso e ogni altra dinamica di natura. Marzia Gandolfi

soundtrack: We want sex


In attesa della commedia We want sex, in programma questa sera al cinema Marconi di Piove di Sacco, vi proponiamo una raccolta di canzoni che compongono la colonna sonora di questa pellicola. Otto brani per entrare nello spirito del film e fare un tuffo nel passato.



clicca sulle fecce "destra" "sinistra" per esplorare gli otto video.

We want sex

venerdì 04_02 ore 21.15


REGIA: Nigel Cole
SCENEGGIATURA: William Ivory
ATTORI: Sally Hawkins, Bob Hoskins, Miranda Richardson, Rosamund Pike, Andrea Riseborough, Daniel Mays, Jaime Winstone, Kenneth Cranham, Rupert Graves, John Sessions,
PAESE: Gran Bretagna 2010
GENERE: Drammatico
DURATA: 113 Min
FORMATO: Colore

Sito Italiano





1968, Dagenham, Essex. La fabbrica della Ford dà lavoro a 55mila operai e a 187 donne, addette alla cucitura dei sedili per auto in un’ala fatiscente, dove si muore di caldo e piove dentro. In seguito ad una ridefinizione professionale ingiusta e umiliante, che le vorrebbe “non qualificate”, le operaie danno vita con uno sciopero ad oltranza alla paralisi dell’industria e alla prima grande rivendicazione che porterà alla legge sulla parità di retribuzione.
Nigel Cole, regista di fortunati successi basati sull’ibridazione della tradizione inglese di un cinema impegnato, in particolar modo sul fronte di diritti e lavoro, con la commedia spassosa, non cambia rotta ma affina piacevolmente gli strumenti.
Il ritratto corale della comunità di Dagenham è messo perfettamente a fuoco, dall’assemblea delle donne al lavoro, svestite per il caldo ma capaci di spaventare un maschio più di una truppa armata, alle chiacchiere tra uomini al bancone del pub. Inoltre, la forza e la consapevolezza con cui le donne delle case popolari affrontano la materia politica, presunto appannaggio di maschi acculturati, facendo suonare la sveglia anche nelle orecchie delle signore borghesi, è trattato con onestà e partecipazione. È il cuore del film, ciò che lo muove e che commuove: nasce dalle testimonianze di alcune reali protagoniste dell’evento storico e, nonostante i passaggi intercorsi, conserva ancora qualcosa del colore della verità.
Anche se non in misura del tutto compromettente, però, le cose scricchiolano proprio laddove la macchina sembra ben oliata. Forse troppo oliata. La scelta di creare il personaggio fittizio di Rita O’Grady, leader di un gruppo che storicamente pare non aver avuto una guida altrettanto unitaria, donna modesta nella vita ma straordinariamente battagliera nella protesta, se risulta comprensibile ai fini della fluidità di scorrimento del racconto e della nostra capacità di affezionarci ad una protagonista assoluta, per contro semplifica fin troppo la struttura narrativa. Se si aggiunge che gli ostacoli che la protagonista incontra sulla sua strada suonano edulcorati e che l’unico vero dramma è prevedibile e un po’ forzato, ci si avvede di come alla vitalità di ciò che è narrato non corrisponda purtroppo uno script altrettanto coraggioso o inventivo. Ma la commedia non delude e la sveglia delle donne della provincia inglese suona forte e necessaria, anche oggi. Marianna Cappi