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Visualizzazione dei post da maggio, 2016

La pazza gioia


gio 2_6 ore 21.15
ven 3_6 ore 21.15
sab 4_6 ore 21.15
dom 5_6 ore 18.00 e 21.15

GENERE: Commedia , Drammatico
ANNO: 2016
REGIA: Paolo Virzì
ATTORI: Valeria Bruni Tedeschi, Micaela Ramazzotti, Valentina Carnelutti, Tommaso Ragno, Bob Messini, Sergio Albelli, Anna Galiena, Marisa Borini, Marco Messeri, Bobo Rondelli
SCENEGGIATURA: Francesca Archibugi, Paolo Virzì
FOTOGRAFIA: Vladan Radovic
MUSICHE: Carlo Virzì
PAESE: Italia, Francia
DURATA: 118 Min





Trama
Beatrice Morandini Valdirana ha tutti i tratti della mitomane dalla loquela inarrestabile. Donatella Morelli è una giovane madre tatuata e psicologicamente fragile a cui è stato tolto il figlio per darlo in adozione. Sono entrambe pazienti della Villa Biondi, un istituto terapeutico per donne che sono state oggetto di sentenza da parte di un tribunale e che debbono sottostare a una terapia di recupero. È qui che si incontrano e fanno amicizia nonostante l'estrema diversità die loro caratteri. Fino a quando un giorno, approfittando di una falla nell'organizzazione, decidono di prendersi una vacanza e di darsi alla pazza gioia.

Recensione

Paolo Virzì, con la collaborazione di Francesca Archibugi alla scrittura, ha lasciato il freddo Nord di Il capitale umano per tornare nell'amata Toscana che gli consente di fondere, come solo lui sa fare, ironia, buonumore e dramma muovendosi tra le diverse temperature emotive con una sensibilità che si fa, film dopo film, sempre più acuta e partecipe delle sorti dei personaggi che porta sullo schermo. Si sono già scritte nel passato pagine e riflessioni su un Virzì erede della commedia italiana degli Anni d'Oro ma quello che si può aggiungere ora è che al suo personale capitale di autore si è aggiunta una capacità di sguardo sul mondo femminile che nel cinema italiano diretto da uomini non è per nulla usuale.
Sarà forse perché sa scegliere le sue interpreti (Valeria Bruni Tedeschi e Micaela Ramazzotti sono entrambe straordinarie, ognuna a suo modo, nello scavare in personaggi non facili da rendere tenendo la retorica a dovuta distanza). Sarà perché nel film si sente la verità iniettata (questo è il termine giusto visto che di medicinali si tratta spesso) grazie a una lunga ricerca sul campo su un disagio sociale che si traduce in un disagio psichico. Sarà anche perché si avverte l'attenzione partecipata ad ogni singolo dettaglio in un film in cui si capisce che anche l'ultima comparsa si è sentita parte di un progetto condiviso. Un progetto che vuole porre in evidenza la condizione di questo particolare tipo di donne condannate da una vita in cui hanno sbagliato trovandosi poi però dinanzi a terapeuti ed assistenti sociali che ogni giorno gli sono accanto e combattono con le loro patologie ma anche con visioni banalmente punitive che nulla hanno a che vedere con il recupero sociale. Riuscire a dire tutto ciò (e anche molto di più) in un on the road in cui si ride, si sorride e ci si commuove non era impresa facile. A Paolo Virzì è riuscita da maestro. Giancarlo Zappoli

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Money monster - L'altra faccia del denaro


sab 28_5 ore 21.15
dom 29_5 ore 18.00 e 21.15



Nel thriller Money Monster - L'altra faccia del denaro, George Clooney e Julia Roberts vestono rispettivamente il ruolo del presentatore televisivo finanziario Lee Gates e della sua produttrice Patty che si trovano in una situazione d'emergenza assoluta quando un investitore, infuriato per aver perso tutto a causa di un investimento suggerito dal programma, sequestra il presentatore nello studio televisivo con l'uso delle armi. Durante una diretta seguita da milioni di persone, Lee e Patty lottano furiosamente contro il tempo per svelare cosa si nasconde dietro una cospirazione all'interno del mercato dell'alta tecnologia globale odierno che viaggia a velocità della luce.

Il figlio di Saul


gio 26_5 ore 21.15
ven 27_5 ore 21.15



Ottobre 1944. Saul Ausländer è un ebreo ungherese deportato ad Auschwitz-Birkenau. Reclutato come sonderkommando, Saul è costretto ad assistere allo sterminio della sua gente che 'accompagna' nell'ultimo viaggio. Isolati dal resto del campo i sonderkommando sono assoldati per rimuovere i corpi dalle camere a gas e poi cremarli. Testimoni dell'orrore e decisi a sopravvivervi, il gruppo si prepara alla rivolta prima che una nuova lista di sonderkommando venga stilata condannandoli a morte. Perduto ai suoi pensieri e ai compagni che lo circondano, Saul riconosce nel cadavere di un ragazzino suo figlio. La sua missione adesso è quella di dare una degna sepoltura al suo ragazzo. Alla ricerca della pace e di un rabbino che reciti il Kaddish, Saul farà la sua rivoluzione.
Aveva ragione Jacques Rivette, la vocazione dei film che trattano la Shoah è quella di essere discussi, il rischio quello di essere contestati. Sulla materia esiste un corpo teorico che resiste e non smette di provocare fruttuose controversie: due articoli ("De l'abjection" di Jacques Rivette e "Le travelling de Kapo" di Serge Daney) e un film monumentale (Shoah) che hanno articolato ieri la relazione tra l'orrore e la sua rappresentazione, tra la storia dei campi e quella del cinema. La domanda oggi è sempre la stessa, come fare a raccontare un avvenimento che per la sua dimensione e il suo peso di orrore sfida il linguaggio? Come rendere conto dell'universo concentrazionario senza sottostimarne l'orrore?
László Nemes, regista ungherese al suo esordio, prova a rispondere prendendosi il rischio e la responsabilità formale e morale attraverso un film che sceglie il 4:3 come luogo di composizione e di 'ricomposizione' di un corpo. Perché al centro di Son of Saul c'è il cadavere di un ragazzino che un padre vuole sottrarre alla voracità dei forni crematori, un corpo morto tra milioni di corpi morti che Nemes lascia sullo sfondo sfocato e infuocato dalla furia nazista. Le proporzioni del formato, che limitano lo sguardo e fugano la spettacolarità delle immagini, rimarcano il punto di vista del protagonista. Ma Saul è anche il bersaglio per il fucile delle SS e per la macchina da presa. Sulla giacca che indossa è verniciata una ics rossa che lo rende immediatamente distinguibile e vulnerabile dentro l'inferno della soluzione finale. A un passo dalla rivolta armata messa in atto dai sonderkommando ad Auschwitz nel 1944, la macchina da presa converge sullo sguardo di Saul che ha scelto un'altra forma di resistenza: preservare l'integrità e la sacralità del corpo di suo figlio. L'ossessione con cui Saul persegue quella volontà lo tiene ostinatamente in vita e colma istericamente il trauma di cui è stato complice obbligato e incolpevole. Alle cremazioni sommarie, indifferenti alla liturgia e al commiato, contrappone un gesto umano che lo conduce attraverso una Babele concentrazionaria in cui uomini e donne, ridotti a sofferenza e bisogno, sopravvivono e muoiono per un sì o per un no. In un clima di isteria e assuefazione collettiva, che il regista restituisce con la sfocatura, emerge Saul che perso a se stesso non ha ancora perso tutto.
Dal fondo in cui giacciono uomini ridotti a 'pezzi' dalla fabbrica della morte, Nemes separa e mette a fuoco Saul, ricostruendo con lui e attraverso i suoi spostamenti all'interno del campo un luogo al di fuori di ogni senso di affinità umana. È l'assuefazione a regnare davanti alle porte delle camere a gas, un meccanismo naturale di protezione che non fa più caso all'orrore che resta fuori campo e delegato ai suoni, ai rumori, alle parole, agli ordini urlati, alla paura muta, alle preghiere, ai canti sacri. Lo spettatore guarda soltanto l'oggetto della ricerca del protagonista, ricerca che scandisce il ritmo visuale del film, reso instabile e organico dalla pellicola. Sono i frammenti raccolti dal suo sguardo che permettono la ricostruzione della visione e di un'idea fissa che guadagna al film e alla vita di Saul un senso umano, arcaico e sacro. Dentro un formato saturo del meglio e del peggio dell'essere umano, dentro un formato che riduce il movimento e isola una personale ricerca verso una vita che si vorrebbe ancora e disperatamente ingrandita, si svolge la sfida di László Nemes.
Consapevole dell'impossibilità di dire qualcosa di definitivo sull'argomento, l'autore ha coscienza dei vuoti necessari e dei pieni superflui, s'impone dogmi etici ed estetici e prova a resistere dentro un quadro che qualche volta tracima, aprendo ai lati sui predatori, sulla visione piena di luoghi e azioni, sul realismo insopportabile. Negativo de La vita è bella, Son of Saul è un incubo a occhi aperti in cui un padre ha perso la battaglia con la vita ma vuole vincere quella con la morte, ricomponendola con l'assistenza di un rabbino. La follia nazista non può essere nascosta a quel figlio (probabilmente) mai avuto ma così necessario a riparare il senso di colpa indotto dai carnefici alle loro vittime. Un figlio che accende la sua unica intenzione e il suo ultimo sorriso. 

The dressmaker - Il diavolo è tornato


sab 21_5 ore 21.15
dom 22_5 ore 18.00 e 21.15

GENERE: Drammatico , Thriller
ANNO: 2015
REGIA: Jocelyn Moorhouse
ATTORI: Kate Winslet, Liam Hemsworth, Judy Davis, Hugo Weaving, Sarah Snook, Caroline Goodall, Kerry Fox, Rebecca Gibney, Gyton Grantley
SCENEGGIATURA: Jocelyn Moorhouse
FOTOGRAFIA: Donald M. McAlpine
PAESE: Australia
DURATA: 118 Min









Trama
The Dressmaker è ambientato nel 1951. Tilly Dunnage, affascinante e talentuosa stilista, dopo aver lavorato per anni per i più grandi atelier parigini di haute couture, decide di far ritorno a Dungatar, un piccolo paesino nel sud est dell'Australia. Dopo quasi 20 anni di assenza, Tilly, che, ancora bambina, ha dovuto abbandonare la città natale in seguito a un tragico evento, torna per stare accanto all'eccentrica madre, Molly, e affrontare un passato scomodo e doloroso. Nel cuore di Tilly matura un desiderio di vendetta. A Dungatar tutti conoscono Tilly. Ottusi, curiosi, scontrosi e poco socievoli, gli abitanti di Dungatar difendono un equilibrio precario, consapevoli che nessun segreto è davvero al sicuro. Il ritorno di Tilly in città fa vacillare questo labile equilibrio. La minaccia si veste di strane ed esotiche stoffe, giunte dalla Francia fino a Dungatar a bordo di cassapanche cariche di tessuti. Nel frattempo Tilly si innamora di Teddy, uomo dall'animo puro e sincero e, armata di ago, filo e grande esperienza, trasforma le donne di Dungatar, l'angusta città natale, infliggendo una sottile vendetta ai suoi detrattori.

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Ustica


gio 19_5 ore 21.15
ven 20_5 ore 21.15

GENERE: Drammatico
ANNO: 2016
REGIA: Renzo Martinelli
ATTORI: Marco Leonardi, Caterina Murino, Lubna Azabal, Tomas Arana, Federica Martinelli, Paco Reconti

SCENEGGIATURA: Renzo Martinelli
FOTOGRAFIA: Blasco Giurato
PRODUZIONE: Martinelli Film Company International e WFE
DISTRIBUZIONE: Indipendent Movies e da Zenit Distribution
PAESE: Italia
DURATA: 106 Min







Trama
27 giugno 1980. Un DC9 della compagnia Itavia scompare dagli schermi dei radar di controllo senza aver segnalato alcun problema e si inabissa nel Mediterraneo tra le isole di Ponza e di Ustica. Le vittime sono 81. Tra di esse c'è la piccola figlia della giornalista Roberta Bellodi. Un deputato, Corrado di Acquaformosa, nominato nella commissione parlamentare di inchiesta sull'accaduto decide di non accettare tesi precostituite sull'incidente. Al suo fianco si schiera la moglie Valja ma entrambi non avranno vita facile.

Recensione
Renzo Martinelli accantona (c'è da sperare in modo definitivo) i film pamphlet ideologicamente orientati contro i musulmani o a favore della mitica Padania e torna al cinema che gli riesce meglio. Torna cioè ad occuparsi delle zone oscure della storia patria come aveva fatto con rigore in Porzus e in Vajont e con qualche macchinosità in più in Piazza delle cinque lune. La sceneggiatura è frutto di un impegno di ricerca durato 3 anni supportato da due ingegneri aeronautici che hanno vagliato migliaia di documenti relativi a perizie e testimonianze. Ciò ha portato a un film in cui la finzione si ancora ostinatamente a documenti inconfutabili.
Proprio per questo il regista, che da sempre ha avuto la costanza e la capacità professionale per trovare finanziamenti ai suoi progetti, ha dovuto faticare non poco per mettere insieme la produzione. Perché questo è davvero un film 'scomodo' ma finalmente non perché forza il pedale sull'acceleratore della tesi 'contro' caricando di conseguenza i caratteri, ma perché si inserisce con dignità nel filone del cinema di denuncia che in Italia ha fatto scuola in decenni ormai lontani e che sembrava essersi in qualche misura estinto. Anche qui tra i protagonisti c'è una giornalista ma la chiave di lettura non ha nulla a che vedere con Il muro di gomma di Marco Risi. In questo caso Martinelli, com'è nel suo carattere di regista, si è prefisso l'obiettivo di creare una breccia profonda in quel muro, forte anche di ulteriori due decenni abbondanti di distanza dagli avvenimenti rispetto al film del 1991. La tesi, che non va anticipata, rimuove le ipotesi finora avanzate e lo fa grazie a una linearità narrativa che ha lo scopo di far sì che anche il meno avvertito degli spettatori comprenda quanto l'operazione di manipolazione della pubblica opinione sia stata pervicace e priva di scrupoli. Qualcuno penserà che questo sia un difetto che inficia il rigore dell'inchiesta con gli stilemi della fiction italiana da prima serata televisiva. Il rischio c'è ma in questo caso si trasforma in un pregio: le denunce riservate al ristretto circolo dei già convinti lasciano il tempo che trovano. Quelle che si rivolgono al pubblico più ampio possibile di fatto affermano la volontà di mettere in comune il sapere adempiendo quindi con pienezza al loro compito che è quello della ricerca di una verità non di comodo. Giancarlo Zappoli

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Tini - La nuova vita di Violetta


sab 14_5 ore 18.00 e 21.15
dom 15_5 ore 18.00 e 21.15
dom 22_5 ore 15.00
prima visione!

GENERE: Commedia , Musicale
ANNO: 2016
REGIA: Juan Pablo Buscarini
ATTORI: Martina Stoessel, Jorge Blanco, Adrian Salzedo, Mercedes Lambre, Leonardo Cecchi, Clara Alonso, Pasquale Di Nuzzo, Ridder Van Kooten, Georgina Amoros, Francisco Viciana, Ángela Molina
SCENEGGIATURA: Ramon Salazar
FOTOGRAFIA: Josu Inchaustegui
MUSICHE: Federico Jusid
PAESE: Argentina, Spagna, Italia
DURATA: 135 Min




Trama
Nel corso di un'estate interminabile, Tini vivrà un'avventura che la aiuterà a definire la propria personalità e a diventare un’artista completa e sicura di sé: una vera donna. Quando una notizia sconvolgente la costringe a mettere in discussione tutto quello che conosce sulla vita e sull'amore, Violetta (Martina Stoessel) accetta un invito misterioso per viaggiare intorno al mondo alla ricerca di risposte, alla scoperta di se stessa. Questo comporterà un risveglio artistico, musicale e personale. Mentre il suo passato, il suo presente e il suo futuro si scontrano, Violetta scoprirà la sua vera identità in un'emozionante storia di crescita che aprirà la strada a un nuovo ed entusiasmante futuro.

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La corte


gio 12_5 ore 21.15
dom 13_5 ore 21.15

GENERE: Drammatico
ANNO: 2015
REGIA: Christian Vincent
ATTORI: Fabrice Luchini, Sidse Babett Knudsen
SCENEGGIATURA: Christian Vincent
FOTOGRAFIA: Laurent Dailland
MONTAGGIO: Yves Deschamps
PAESE: Francia
DURATA: 98 Min




Trama
Xavier Racine è un maturo giudice togato della corte d'Assise di Saint-Omer, nella regione nordoccidentale del passo di Calais, soprannominato il magistrato “a due cifre”, perché è difficile che le vittime dei suoi verdetti scontino meno di dieci anni di reclusione. Nonostante una brutta influenza di stagione, Racine è chiamato a presiedere l'aula in cui si svolge il processo a un giovane disoccupato, accusato di aver ucciso la figlia di sei mesi. Ma a sconvolgere Racine non è l'omicidio di Melissa, bensì la presenza tra i giurati popolari di Ditte Lorensen-Coteret, un'anestesista di origini danesi che aveva conosciuto anni prima, quando era stato ricoverato in ospedale per un incidente, e della quale si era perdutamente innamorato.

Recensione
La collaborazione tra Christian Vincent e Fabrice Luchini risale a prima ancora de La Timida, il film che li aveva fatti conoscere entrambi, ad un cortometraggio di epoca scolastica e di materia sentimentale dal titolo che par quasi a tema, Il ne faut jurer rien. Ora, dopo alcune brillanti incursioni nel teatro filmato, Vincent presenta un film più minimale, ma anche più sottile e interessante. Dalle location presidenziali si passa all'aula stretta di un tribunale di provincia, a poca distanza da una tavola calda ancora più stretta. Un'aula per di più inizialmente contenuta in un'inquadratura piatta e parziale, l'equivalente di un ritratto a mezzo busto, qual è l'immagine del giudice assiso. Quale miglior set per fare davvero del teatro filmato, con un personaggio che ha un cognome del genere, per giunta? Invece no. L'astuzia di Vincent è quella di crearsi le condizioni per fare del cinema, anche solo con uno sguardo.
Luchini è “l'uomo con l'ermellino” (in francese “hermine”) e quello di Vincent è senza dubbio un ritratto: di un attore straordinario e di un personaggio da romanzo, tutto normalità e anonimato, con nel cuore un sentimento segreto che ha la potenza dell'ossessione. Ma c'è di più. Avvolto nella stola di pelliccia di ermellino, simbolo di dignità e incorruttibilità (si diceva fosse un animale che preferirebbe morire piuttosto che macchiare il bianco puro del suo manto), Xavier Racine è imperturbabile e solenne, “giusto” (la verità è altra cosa e non ci compete, afferma ad un certo punto) e moderato, inibito all'eccesso (non perde mai la pazienza) così come al difetto (non può lasciar correre l'imprecisione linguistica, deve intervenire), almeno fino a che non vede qualcosa (qualcuno). Come nel capolavoro di Leonardo, che proprio con la “Dama con l'ermellino” abbandona la tradizionale trasparenza della ritrattistica e introduce il moto dell'animo, basta il volgersi del volto del/la protagonista ad osservare qualcuno che sopraggiunge nella stanza, per aprire l'ordinario allo straordinario, per passare dalla registrazione meccanica al cinema narrativo. Marianna Cappi

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Un'estate in Provenza


sab 07_5 ore 21.15
dom 08_5 ore 18.45 e 21.15

GENERE: Commedia
ANNO: 2016
REGIA: Rose Bosch
ATTORI: Jean Reno, Anna Galiena, Aure Atika, Jean-Michel Noirey, Charlotte de Turckheim
SCENEGGIATURA: Rose Bosch
FOTOGRAFIA: Stéphane Le Parc
PAESE: Francia
DURATA: 105 Min




Trama
Nella campagna provenzale accarezzata dal maestrale giungono in vacanza dai nonni Léa, Adrien e il fratellino Théo, sordo dalla nascita. Non è la vacanza dei loro sogni e in meno di ventiquattro ore è scontro generazionale con il nonno Paul, un olivicoltore rigido e burbero che non hanno mai conosciuto a causa di un vecchio conflitto familiare con la madre. Ben presto però il passato tempestoso di Paul si riaffaccia e i trasgressivi anni Settanta fanno ritorno sullo sfondo incantevole della Provenza mettendo in luce il suo lato più umano e affettuoso. Ecco che le differenze tra la vita di città e di campagna si annullano e le due generazioni possono finalmente incontrarsi dando vita a una vacanza indimenticabile.

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Ave Cesare


gio 5_5 ore 21.15
ven 6_5 ore 21.15

GENERE: Commedia
ANNO: 2016
REGIA: Joel Coen, Ethan Coen
ATTORI: Josh Brolin, Ralph Fiennes, George Clooney, Channing Tatum, Alden Ehrenreich, Scarlett Johansson, Tilda Swinton, Jonah Hill, Dolph Lundgren, David Krumholtz, Clancy Brown
SCENEGGIATURA: Ethan Coen, Joel Coen
FOTOGRAFIA: Roger Deakins
MONTAGGIO: Ethan Coen, Joel Coen
PAESE: USA
DURATA: 106 Min




Trama
Mentre sull'atollo di Bikini gli Stati Uniti sono impegnati con gli esperimenti sulla bomba H, a Hollywood Eddie Mannix si deve occupare di trovare una soluzione ad un altro tipo di problemi. Eddie è un fixer, cioè colui che deve tenere lontani dagli scandali in cui si vanno a ficcare le star che stanno lavorando ai film di un grande Studio. Deve quindi far sparire foto osé e cercare di camuffare gravidanze fuori dal matrimonio. Quando poi accade che scompaia il protagonista di un film su Gesù, nei panni di un centurione romano, la situazione si complica. Anche perché costui è stato rapito da un gruppo di ferventi comunisti.

Recensione
Sono davvero pochi i registi in attività forniti di una solida conoscenza di tutti i generi cinematografici e della loro evoluzione nel corso della storia del cinema. I fratelli Coen fanno di diritto parte di questa ristretta cerchia. Il loro pregio ulteriore è quello di saperli declinare secondo letture che vanno dal dramma di impianto intellettuale alla commedia più brillante.
Nell'ormai lontano 1991 (datazione che ci offre la misura della loro tenuta) la vicenda hollywodiana dello sceneggiatore Barton Fink finiva tra fiamme allucinatorie. Oggi il fil rouge di critica allo star system si è affinato grazie ad un'ironia che non nasconde l'amore per il cinema del passato ma lo depura da qualsiasi sospetto di nostalgia rétro. Le vicende del cattolicissimo Eddie Mannix (che confessa anche quante sigarette fuma di nascosto) ci fanno entrare in un mondo che ci ricorda ciò che affermava un vero sceneggiatore, Ben Hetch: "Io odio gli attori!". Qui sono tutti adatti a un ruolo ma goffi e incapaci di vivere o di accettare possibili mutamenti di caratterizzazione. Su tutti emerge il Baird Whitlock di George Clooney tanto abile sul set (anche se con qualche fondamentale defaillance) quanto capace di farsi incantare da abili mistificatori.
Tra fondali finti e improbabili farm del West, i Coen ci ricordano anche come la fabbrica della finzione si nutra di un pubblico che ha fame di affabulazioni che stanno dentro e fuori dallo schermo. A quelle 'fuori' pensano le due gemelle giornaliste, interpretate da Tilda Swinton, sempre a caccia di quegli scandali che Eddie deve coprire per contratto. Così i due fratelli ci spingono a considerare quanto siano cambiati i costumi: oggi gli scandali delle star del mondo dello spettacolo non si nascondono, si creano ad arte. Sanno però fare anche molto di più: chi pensava di non poter assistere nella vita a un dibattito teologico e/o a uno sul materialismo dialettico senza annoiarsi profondamente sarà costretto a ricredersi. Anche perché se nel film precedente (A proposito di Davis) il gatto la faceva da padrone qui, davanti a un cane che si chiama Engels, non si può fare a meno di divertirsi sapendo che, come sempre con i Coen, non si sta smettendo di pensare. Giancarlo Zappoli  

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