Post

Visualizzazione dei post da marzo, 2014

Il terzo tempo

ven 4_4_14 ore 21.15


GENERE: Drammatico
ANNO: 2013
REGIA: Enrico Maria Artale
ATTORI: Lorenzo Richelmy, Stefano Cassetti, Stefania Rocca, Margherita Laterza, Edoardo Pesce, Franco Ravera, Pier Giorgio Bellocchio, Germano Gentile, Valerio Lo Sasso, Gianluca Vicari
FOTOGRAFIA: Francesco Di Giacomo
PAESE: Italia
DURATA: 94 Min





Trama
Samuel è un adolescente problematico, con una madre tossicodipendente e un padre che non ha mai conosciuto. Ha trascorso gli ultimi anni della sua vita commettendo furti, rapine e aggressioni, entrando e uscendo dal riformatorio minorile. Dopo aver scontato l'ennesima pena, viene inserito in un programma di riabilitazione: ottiene la semilibertà e inizia a lavorare nell'azienda agricola di un paesino della provincia romana. Il suo supervisore è Vincenzo, un assistente sociale che, dopo la morte della moglie, fatica a ritrovare il proprio equilibrio. La sua vita si divide tra il lavoro, la figlia adolescente e la locale squadra di rugby che lui, ex giocatore professionista, allena. Samuel si adatta con difficoltà alle regole e ai nuovi ritmi di vita. Il suo rapporto con Vincenzo si rivela da subito problematico, ma è proprio l'assistente sociale a introdurlo nel mondo del rugby.

Recensione
Il terzo tempo, che dà il titolo al film, nel rugby è quello che si svolge al termine della partita: un incontro tra squadre avversarie e tifosi. In un clima conviviale, basato sul fair play e sul riconoscimento del valore reciproco, si festeggia tutti assieme, a prescindere da chi ha vinto o perso. È proprio questa la fase più importante della partita, quella che insegna lo spirito di fratellanza e il rispetto dell'avversario. Valori che il giovane protagonista, classico bullo abituato a vivere in un mondo basato sulla legge del più forte, non ha mai appreso. Quella del terzo tempo è la prima regola del rugby che Vincenzo insegna a Samuel, mostrandogli per la prima volta un mondo dove il gioco di squadra è più importante delle azioni da solisti. Un universo in cui il ragazzo non si riconosce, ma a cui, pian piano, inizierà ad appassionarsi, come mai aveva fatto prima.
Il terzo tempo usa il rugby, e quindi lo sport, come metafora della vita. Una vita fatta di alti e bassi, sconfitte e vittorie, errori e possibilità di riscatto a costo di sacrifici e disciplina. Una storia che parla di seconde possibilità, non solo per il giovane problematico ma anche per il suo assistente sociale, che ritrova, nel ragazzo da educare e reintegrare, una nuova linfa vitale, per la propria squadra e per se stesso.
Un intreccio certamente non nuovo, quello del primo lungometraggio di Enrico Maria Artale, che utilizza l'espediente dell'incontro sportivo per confezionare un concentrato di sentimenti positivi, che aiutano a crescere dentro e fuori dal campo. Eppure il film, nel suo genere, funziona, perché costruito con abilità e padronanza della macchina da presa e delle logiche narrative che favoriscono il coinvolgimento emotivo dello spettatore, senza furberie. La macchina da presa segue il protagonista con radicale prossimità: scruta il suo corpo provato dalla fatica fisica, aderisce al suo punto di vista, determinando così l'identificazione dello spettatore. Che avviene anche grazie all'interpretazione spontanea e autentica del giovane Lorenzo Richelmy, un fragile con la corazza da duro, che deve imparare a dominare i propri istinti violenti e a canalizzare la propria energia verso fini costruttivi. Ad affiancarlo c'è l'altrettanto convincente Stefano Cassetti, nei panni del cocciuto allenatore che non sa più guardare al futuro. Anche la sceneggiatura fa il suo lavoro, ben alternando, seppur con qualche ingenuità, i momenti di leggera ilarità a quelli di maggiore emotività, valorizzati da un'azzeccata colonna sonora.

Approfondimento
video
foto
rassegna stampa

I Cuccioli - Il paese del vento in prima visione!

La mini-rassegna cinema junior si conclude in bellezza con una grande prima visione!

Portatile, Senzanome, Olly, Cilindo, Diva e Pio (ovvero I Cuccioli, gli amatissimi personaggi della serie tv in onda su Rai2 e RaiYoYo!) aspettano i bambini e le loro famiglie alla Sala della Comunità-Cinema Marconi per vivere assieme sul grande schermo una nuova emozionante avventura ricca di colpi di scena, simpatici personaggi e gag divertenti e coinvolgenti.
E alla fine dello spettacolo si potrà ricevere il gioco ufficiale del film! (fino ad esaurimento scorte).

Tutte le date e gli orari di proiezione:
  • sabato 29/3 ore 20.00
  • domenica 30/3 ore 15.00 e ore 16.30
  • sabato 5/4 ore 20.00
  • domenica 6/4 ore 15.00 e ore 16.30

Cuccioli - Il paese del vento
Un film di Sergio Manfio. Animazione, durata 80 min.

Soffio, meglio noto come il Paese del Vento, è un piccolo paese dove tutto funziona grazie alla forza del vento. Il Vento "nasce" in una grotta dentro una montagna alle spalle del paese ed è sorvegliato giorno e notte dal Custode del Vento. La perfida Maga Cornacchia - storica antagonista dei Cuccioli, che anche in questa produzione torna alla carica accompagnata dai suoi aiutanti - vuole impossessarsi della "giraventola" che genera il vento necessario a far funzionare la città, prendendo così il controllo di Soffio. Prima di tutto la maga deve sbarazzarsi dei Cuccioli, che useranno tutta la loro astuzia per impedirle di mettere in atto il suo piano... Un emozionante film per tutta la famiglia, ricco di colpi di scena, simpatici personaggi e gag divertenti e coinvolgenti, che sottolinea anche l'importanza delle energie rinnovabili.

Approfondimenti
Cuccioli – Il paese del vento: una proposta pastorale legata al film a cartoni animati

L’ufficio comunicazioni sociali della diocesi di Padova, in collaborazione con l’Acec (Associazione cattolica esercenti cinema), ha predisposto dei materiali pastorali per collegare il film Cuccioli - Il paese del vento con i temi biblici dello Spirito, della presenza di Dio nel vento e del respiro come sorgente di vita.
In collaborazione con l’Acec nazionale, Gruppo Alcuni e con la supervisione dell’Ufficio per la catechesi della diocesi di Padova, l’ufficio per le comunicazioni sociali ha realizzato una scheda pastorale di approfondimento, a cura di Arianna Prevedello, per attività con bambini e famiglie o negli incontri di catechesi e un semplice gioco da tavolo in cartone sul tema del vento che prevede anche domande e risposte relative a collegamenti biblici.
Il gioco verrà regalato a tutti i bambini che andranno a vedere il film nelle Sale della comunità.
Per maggiori informazioni clicca qui >>



A proposito di Davis

ven 28_3 ore 21.15 (cineforum)
sab 29_3
 ore 21.30
dom 30_3 ore 18.00 e 21.00




GENERE: Drammatico, Musicale
ANNO: 2013
REGIA: Ethan Coen, Joel Coen
SCENEGGIATURA: Joel Coen, Ethan Coen
ATTORI: Oscar Isaac, Carey Mulligan, Justin Timberlake, Garrett Hedlund, John Goodman, F. Murray Abraham, Adam Driver, Max Casella, Ethan Phillips, Alex Karpovsky, Stark Sands, Jerry Grayson
FOTOGRAFIA: Bruno Delbonnel
MONTAGGIO: Roderick Jaynes
MUSICHE: Angela Burnett
PAESE: USADURATA: 105 Min





Trama 
C'era una volta la capitale indiscussa del folk, quel Greenwich Village a partire dal quale Bob Dylan avrebbe cambiato la storia della musica. Ma questa storia comincia prima, quando la musica folk è ancora inconsapevolmente alla vigilia del boom e i ragazzi che la suonano provengono dai sobborghi operai di New York e sono in cerca di una vita diversa dalla mera esistenza che hanno condotto i loro padri. Llewyn Davis è uno di questi, un musicista di talento, che dorme sul divano di chi capita, non riesce a guadagnare un soldo e sembra perseguitato da una sfortuna sfacciata, della quale è in buona parte responsabile. 

Recensione
Anima malinconica e caratteraccio piuttosto rude, Llewyn è rimasto solo, dopo che l'altra metà del suo duo ha gettato la spugna nel più drastico dei modi, e ha una relazione conflittuale con il successo, condita di ebraici sensi di colpa, purismo artistico e tendenze autodistruttive. Appartiene alla categoria più fragile e più bella dei personaggi usciti dalla mente dei fratelli Coen, come Barton Fink o Larry Gopnik (A serious man), così come il film appare immediatamente come il ritorno ad un progetto più intimo rispetto all'ultimo Il Grinta. E tuttavia A proposito di Davis, nei confini di uno spazio limitato a pochi ambienti (l'unica possibilità di fuga si rivela un altro fallimento) e di una sola settimana di tempo (arrotolata in una circolarità tipicamente coeniana), è una celebrazione dell'arte - della musica, ma anche e più che mai del cinema - amara e sentita, tutt'altro che contenuta.
Per quanto il lavoro di rievocazione storica dell'ambiente musicale e degli ambienti in generale (è il 1961, l'anno di Colazione da Tiffany, qui omaggiato dalle finestre che si aprono sulle scale antincendio e da un gatto senza nome, destinato a riuscire nell'impresa giusto per far sentire Llewyn ancora più perdente) sia uno dei protagonisti indiscussi del film, è in un una scena molto diversa che si nasconde il suo cuore. Su un palco in penombra, senza appigli che non siano una sedia e una chitarra, e ad un certo punto più nemmeno quest'ultima, Llewyn canta la sua struggente ballata per il produttore. È un momento di emozione pura, al termine del quale, il potente interlocutore guarda il protagonista e sentenzia: non si fanno soldi con quella roba. E in questa chiusa comica e micidiale, i Coen dicono tutto, dell'arte e dell'industria, forse anche del loro stesso film, con la consueta ironia e il consueto cinismo.
Ispirato in parte al memoir del folk singer Dave Van Ronk ("The Mayor of MacDougal Street), A proposito di Davis è anche una piccola summa del cinema precedente dei fratelli di Minneapolis, fatto di incontri enigmatici, facce incredibili, bizzarre riunioni canore attorno ad un microfono, tragicomici doppi. Perché in due è meglio. 
Marianna Cappi





Approfondimenti

Supercondriaco - Ridere fa bene alla salute


sab 22_3 ore 21.15
dom 23_3 ore 18.00 e 21.00

DATA USCITA: 13 marzo 2014
GENERE: Commedia
ANNO: 2013
REGIA: Dany Boon
SCENEGGIATURA: Dany Boon
ATTORI: Dany Boon, Kad Merad, Alice Pol, Jean-Yves Berteloot, Judith El Zein, Marthe Villalonga, Valérie Bonneton, Bruno Lochet
FOTOGRAFIA: Romain Winding
MONTAGGIO: Monica Coleman
MUSICHE: Klaus Badelt
PAESE: Francia
DURATA: 107 Min




Trama
All'alba dei 40 anni, Romain Faubert non è ancora sposato e non ha figli. Fotografo per un dizionario medico online, Romain è vittima di un'ipocondria che segna la sua vita ormai da troppo tempo, facendo di lui un nevrotico in preda alle paure. Il suo unico, vero amico è il dottor Dimitri Zvenka, suo medico curante, la cui unica colpa è stata prendere a cuore il caso di Romain, salvo poi pentirsene amaramente. Il malato immaginario, infatti, è un soggetto difficile da gestire e Dimitri farebbe qualsiasi cosa per sbarazzarsene definitivamente. Zvenka pensa, però, di aver trovato il rimedio che lo libererà definitivamente, ma senza traumi, da Romain Faubert: lo aiuterà a trovare la donna della sua vita. Per questo lo invita alle feste che organizza a casa, lo fa iscrivere a un sito internet di incontri, lo obbliga a fare sport, gli spiega come comportarsi con le donne e come conquistarle. Eppure, trovare la donna capace di sopportarlo e convincerlo, per amore, a dire addio all'ipocondria, si rivela alquanto difficile. 

Approfondimenti
video
foto
rassegna stampa


Il tocco del peccato

ven 21_03 ore 21.15



 GENERE: Drammatico
ANNO: 2013
REGIA: Zhangke Jia
SCENEGGIATURA: Zhangke Jia
ATTORI: Wu Jiang, Meng Li, Lanshan Luo, Baoqiang Wang
MONTAGGIO: Xudong Lin, Matthieu Laclau
MUSICHE: Lim Giong
PAESE: Cina, Giappone
DURATA: 133 Min






Trama
Nella desertica provincia dello Shanxi (luogo natale di Jia Zhangke) un uomo noto per la sua opposizione alla corruzione, non resiste al senso di impotenza e, fucile in mano, decide di eliminare i problemi alla radice. In un centro rurale del sudovest, un lavoratore ritorna a casa dalla sua famiglia dopo diverso tempo ma non regge più ritmi e consuetudini di una vita sedentaria. In una città della Cina centrale una receptionist di una sauna cerca di cambiare vita senza successo e, ritornata a quella precedente, viene aggredita dai clienti. Infine nella città industriale Dongguan un ragazzo lascia e riprende diversi lavori tra cui uno come cameriere in uno dei molti bordelli locali travestiti da attività rispettabili.

Recensione
I quattro segmenti dividono matematicamente il film in 4 tronconi da 30 minuti l'uno, quattro storie a cui il regista dà egual importanza e che raccontano tutte la medesima dinamica, blandamente legate da alcuni incroci che fanno da passaggi di testimone. Nella Cina in cui i lavori si moltiplicano, le possibilità non mancano e tutto pare a portata di mano, tuttavia esiste una tensione sotterranea causata dallo sviluppo eccessivamente rapido che è come una bomba pronta ad esplodere. Quest'esplosione in A touch of sin prende la più classica forma della violenza volutamente calmorosa, improvvisa, efferata e impressionante, proprio perchè frutto di sensazioni insopprimibili. Ma non è la violenza reale, quella dei fatti di cronaca, l'obiettivo di Jia Zhangke, i suoi cittadini impazziti che uccidono come preda di un raptus sono figure paradigmatiche che hanno poco del tragicamente ordinario.
Contrariamente al suo solito il regista cinese non distoglie mai lo sguardo, anzi indugia con ferma volontà sul massacro esteriore, sui tagli, gli spari i voli giù dalla finestra e le teste fracassate, mostra moltissimo sangue e tanta devastazione operata da personaggi che non sono mai killer di lavoro ma occasionali omicidi, uomini e donne esasperati di un paese in cui i ragazzi definiscono il resto del mondo "in bancarotta".
Il suo A touch of sin (titolo che non può non far pensare a A touch of zen, il primo film ad uscire dalla Cina per approdare al festival di Cannes nel 1971) è abbastanza lontano dai toni e ritmi compassati delle opere precedenti come Still Life e The World, vira verso lidi più commerciali, non disprezza l'uso di un po' di umorismo e prende di petto un'idea unica da perseguire fino alla fine, anche a discapito della sua usuale capacità di mettere in scena un piccolo mondo colmo di sensazioni complesse. Molto di ciò è dovuto alle interpretazioni degli attori, più macchiettistiche e inclini all'ammiccamento, specie Jiang Wu e Zhao Tao (moglie del regista e nota al pubblico italiano per aver preso parte a Io sono Li).
A guadagnarci è la leggerezza e non è detto che sia un passo indietro. Sacrificando un po' di rarefazione per un pugno di ritmo Jia Zhangke riesce a dire qualcosa forse ad un pubblico più ampio e con una potenza semplice e diretta che comunque rimane prerogativa del cinema migliore.
Gabriele Niola   

Approfondimenti
 

La bella e la bestia

sab 15_3 ore 21.15
dom 16_3 ore 21.00

GENERE: Thriller, Fantasy, Sentimentale
ANNO: 2014
REGIA: Christophe Gans
SCENEGGIATURA: Christophe Gans
ATTORI: Léa Seydoux, Vincent Cassel, André Dussollier, Eduardo Noriega, Myriam Charleins, Sara Giraudeau, Audrey Lamy, Jonathan Demurger, Yvonne Catterfeld
FOTOGRAFIA: Christophe Beaucarne
MONTAGGIO: Sébastien Prangère
MUSICHE: Pierre Adenot
PAESE: Francia
DURATA: 110 Min





Trama
La Bella e la Bestia è l'adattamento cinematografico di un grande classico della letteratura mondiale. 1810. Dopo il naufragio delle sue navi, un mercante caduto in disgrazia si rifugia in campagna con i suoi sei figli. Tra di loro c’è la più giovane Belle. Durante un faticoso viaggio, il mercante scopre il regno magico della Bestia, il quale lo condannerà a morte per avergli rubato una rosa, destinata proprio a Belle. Sentendosi responsabile della terribile sorte che si abbatte sulla sua famiglia, Belle decide si sacrificarsi al posto del padre. Al castello della Bestia, però, non è la morte che attende Belle, bensì una vita dolorosa, dove si uniscono momenti di magia, allegria e malinconia. Ogni sera, all’ora di cena, Belle e la Bestia s’incontrano. Imparano a conoscersi come due estranei diversi in tutto: mentre la Bestia deve respingere i suoi slanci amorosi, Belle tenta di svelare i suoi misteri e del suo regno. Una volta calata la notte, però, dei sogni le rivelano poco a poco il passato della Bestia. Una storia tragica, che le fa comprendere come questo feroce essere solitario fosse un tempo un maestoso principe. Armata del suo coraggio, lottando contro i pericoli e aprendo il suo cuore, Belle riuscirà a liberare la Bestia dalla maledizione, trovando, così, il vero amore.

Recensione
La Bella è la Bestia è un adattamento che si smarca dal riferimento cinematografico più illustre in live action, la versione di Jean Cocteau del 1946, non solo per l’ovvia abbondanza di effetti speciali, ma anche per il tentativo di riprendere la versione originale del testo di Madame de Villeneuve, che deve molto alla mitologia greco romana, tanto che il film di Gans sembra più vicino alla nuova ondata hollywoodiana del genere come Il cacciatore di giganti.
Visivamente ardito, con colori slavati e una fotografia poco vivace alternata all’esplosione cromatica dei vestiti indossati da Bella, è vittima della sua grandiosità digitale, risultando algido e incapace di rendere fino in fondo la trasformazione, tutta interiore, della protagonista. Quella esplosione dell’amore vero, che è la conquista e il motore stesso della fiaba. Non si vede molto il viso della Bestia Vincent Cassel, mentre l’estetica da spot di un profumo francese di Gans mette continuamente in risalta le labbra carnose, gli occhi chiari e il generoso décolleté della sempre affascinante Léa Seydoux.
Mauro Donzelli

Approfondimenti
videofoto
sito internet

Ballata dell'odio e dell'amore

ven 14_03 ore 21.15

GENERE: Commedia, Drammatico, Guerra
ANNO: 2011
REGIA: Alex de la Iglesia
SCENEGGIATURA: Alex de la Iglesia
ATTORI: Antonio de la Torre, Carlos Areces, Carolina Bang, Sancho Gracia, Santiago Segura, Enrique Villén, Manuel Tafalle, Manuel Tejada, Gracia Olayo, Juan Luis Galiardo, Roberto Alamo
FOTOGRAFIA: Kiko de la Rica
MUSICHE: Roque Baños
PAESE: Spagna, Francia
DURATA: 108 Min



Trama
Guerra civile spagnola. Durante uno spettacolo circense, i due pagliacci in scena vengono arruolati a combattere nell'esercito repubblicano. Uno di loro viene arrestato e costretto a lavorare per lo stato. Il giovane figlio Javier organizza un attentato per vendicarsi dei soprusi subiti ma, nello scoppio, muore anche il padre. Da grande, sotto la dittatura di Franco, viene assunto come Pagliaccio triste in un circo, dove incontra Sergio, il suo alter ego sorridente, con il quale dovrà dividere il palco e l'amore per l'acrobata Natalia.

Recensione
I mostri politici della storia - raccolti nel quadro spaventoso dei titoli di testa - hanno una responsabilità precisa nei confronti di chi governano. Se il potere impera attraverso repressioni violente, il popolo subisce le conseguenze di quella prepotenza perchè diventa parte di essa, pur senza averne la colpa. Come un virus insidioso, il terrore della guerra civile spagnola mette radice in corpi indifesi come quello del piccolo Javier. Il padre, pagliaccio per mestiere e tradizione, lo invita ad assaporare il fascino della vendetta, investendolo di una missione distruttiva che si alimenterà inesorabilmente, malgrado le occasioni di rinsavimento poste dal destino.
De la Iglesia recupera, dopo la più rarefatta narrazione di Oxford Murders, l'uso dotto del grottesco de La Comunidad.
Potrebbe sembrare azzardato e inopportuno tramandare la Storia ai posteri attraverso lo sguardo di un pagliaccio impazzito, prima schiavo della sua bontà, poi vittima di un'inarrestabile rincorsa alla ritorsione. Il regista, invece, riesce a coniugare la maschera del clown triste e il corredo di suggestioni che il personaggio porta con sè, con il dramma di un paese smunto di umanità, felice solo nei telegiornali di propaganda franchista.
Il solitario Javier morde se stesso e gli altri, deturpa il viso del suo nemico Sergio e uccide tutti quelli che impediscono la rivincita sui potenti. L'oggetto del desiderio Natalia scappa ma è, allo stesso tempo, attratta dal male. Tutti i personaggi aderiscono ad un'idea di vita fondata sul masochismo, come a dire che in quel particolare atteggiamento, si nasconda l'unico modo per resistere al dolore provocato dagli altri. L'estremizzazione dei caratteri si accorda con la costruzione di scene di esagerata violenza, dove solitudine e tristezza si incontrano e danzano insieme sulle note malinconiche di una ballata ipnotica e seducente.
Nicoletta Dose 

Approfondimenti
foto
video
rassegna stampa
sito ufficiale

Tarzan

sab 8_3 ore 20:00
dom 9_3 ore 15:00 e 16:45

dom 17_3 ore 15:00

prima visione!

GENERE: Animazione, Avventura
ANNO: 2013
REGIA: Reinhard Klooss
SCENEGGIATURA: Reinhard Klooss, Jessica Postigo, Yoni Brenner
ATTORI: Kellan Lutz, Spencer Locke
MONTAGGIO: Alexander Dittner
MUSICHE: David Newman
PAESE: Germania
DURATA: 94 Min





Trama
La storia è ambientata nel presente. Durante una spedizione in una remota giungla africana, John Greystoke e sua moglie muoiono in un incidente di elicottero mentre conducono delle ricerche su un misterioso meteorite. Solo il figlio, il piccolo J.J., soprannominato Tarzan, sopravvive all'incidente. Un gruppo di gorilla trova il piccolo tra i resti dell'elicottero, lo soccorre e lo cresce come se fosse uno di loro. Tarzan diventa grande imparando la dura legge della giungla e dopo dieci anni incontra un altro essere umano, la coraggiosa e bella Jane Porter. Tra i due è amore a prima vista. Ma le cose si complicano quando William Clayton, in viaggio in Africa con Jane, rivela le sue vere e avide intenzioni. Tarzan, diventato un uomo diverso da tutti gli altri, dovrà fare appello all'istinto sviluppato nella giungla e a tutto il suo ingegno per proteggere la sua casa e la donna che ama.

Un re-imagining realizzato con la performance-capture e in 3D, aggiornato ai giorni nostri dell'uomo della giungla ideato da Edgar Rice Burroughs. In questa versione i genitori di Tarzan sono degli avventurieri miliardari che sono stati uccisi in un incidente aereo. Jane Porter è la figlia di una guida africana e il suo obiettivo è quello di proteggere la giungla africana. 

Approfondimenti
video
foto

I segreti di Osage County

sab 8_3 ore 21.45
dom 9_3 ore 18.30 e 21.00


GENERE: Commedia, Drammatico
ANNO: 2013
REGIA: John Wells
SCENEGGIATURA: Tracy Letts
ATTORI: Julia Roberts, Meryl Streep, Andrea Riseborough, Benedict Cumberbatch, Ewan McGregor, Abigail Breslin, Juliette Lewis, Dermot Mulroney, Chris Cooper, Margo Martindale, Julianne Nicholson, Sam Shepard
PAESE: USA
DURATA: 119 Min




Trama
In una casa nelle campagne dell'Oklahoma l'anziano poeta Beverly descrive alla neoassunta Johnna la situazione familiare: lui è un forte bevitore ma questo suo vizio è tollerato dalla moglie Violet che fa un uso smodato di pillole. Un evento inatteso farà sì che Violet, ammalata di cancro alla lingua, debba rincontrare tutte insieme le proprie figlie con i loro compagni. Non sarà una pacifica riunione di famiglia.

Recensione
Non è un caso se due dei più interessanti film recenti di William Friedkin (Bug - La paranoia è contagiosa e Killer Joe) avevano alla base una sceneggiatura scritta da Tracy Letts il quale in questo caso trasferisce sullo schermo una propria opera teatrale. Il rischio era quello, rispetto alle sceneggiature citate, di fare del teatro al cinema con tutte le trappole da evitare. È stato lo stesso scrittore a dichiarare: "So che c'è un'altra dimensione nel film che non poteva esserci nel testo teatrale ed è Osage County. Vorrei portare il regista e la produzione a casa mia e mostrare loro il paesaggio che ha un valore profondo per me come persona che non ha solo scritto un testo ma ha scritto una sceneggiatura che è in qualche misura autobiografica. Il paesaggio stesso diviene un personaggio".
Il desiderio è stato soddisfatto perché tutti gli esterni sono stati girati in Oklahoma, che con la sua calura e i suoi ampi spazi deserti permea questo dramma familiare in cui l'aridità dei comportamenti umani tenta costantemente di prendere il sopravvento. I segreti di Osage County ruota attorno al complesso personaggio di Violet che solo un'attrice come Meryl Streep poteva accettare di interpretare sullo schermo. Violet ha una personalità magmatica che è arduo tentare di definire. Da vittima può trasformarsi in carnefice con un battito di ciglia, da donna tenera e arguta può divenire la più verbalmente violenta commensale ad un pranzo di famiglia. A farle, anche suo malgrado, da specchio è la figlia Barbara, una Julia Roberts tesa come una corda di violino sul punto di spezzarsi. I colpi di scena non mancano e continueranno a proporsi fin quasi alla fine del film ma non c'è nulla di teatrale (nell'accezione negativa del termine) in essi. C'è la minuziosa ma mai didascalica descrizione di persone a cui il destino o le scelte di vita hanno conferito il ruolo di parenti.
Quei Parenti serpenti che Monicelli aveva saputo magistralmente descrivere in una delle sue commedie più nere e che qui si confrontano e si scontrano nella calura agostana del sud degli Stati Uniti. Giancarlo Zappoli

Approfondimenti
rassegna stampa
video
foto

The Grandmaster

ven 7_3 ore 21.15

GENERE: Azione, Biografico, Drammatico
ANNO: 2013
REGIA: Wong Kar-Wai
SCENEGGIATURA: Wong Kar-Wai, Zou Jingzhi, Xu Haofeng
ATTORI: Chang Chen, Tony Leung Chiu Wai, Zhang Ziyi
PAESE: Cina, Hong Kong
DURATA: 123 Min







Trama
Ip Man, colui che diventerà il maestro di Bruce Lee, vive a Fo Shan, nel sud della Cina dove pratica le arti marziali come personale passione. In seguito alla guerra cino-giapponese che sconvolge le province del nordest del Paese, il Grande Maestro Gong Baosen è costretto a trasferirsi a Fo Shan dove tiene la cerimonia del proprio addio alle arti marziali. Viene raggiunto da Gong Er, figlia a cui ha insegnato una tecnica letale. Ip Man e Gong Er si conoscono in questa occasione. La domanda che percorre il mondo del kung fu è: chi diverrà il successore di Gong Baosen?

Recensione
La figura di Ip Man è già stata affrontata dal cinema anche con un buon esito come nel caso dei film di Wilson Yip che sta costruendo sul Maestro una sorta di saga. Si è però sempre rimasti nell'ambito della biografia fortemente romanzata in cui i combattimenti prevalevano su qualsiasi altra opzione. Wong Kar Wai (dopo 8 anni di preparazione, l'avvio delle riprese nel 2009 e il completamento della post produzione all'ínizio del 2013) trova invece in questa storia un'occasione per una sintesi del proprio modo di fare cinema. I suoi film elevano all'ennesima potenza il gioco di luci ed ombre che percorre le esistenze sia sul piano formale che su quello delle vicende portate sullo schermo. Il piacere (talvolta di un estetismo un po' fine a se stesso) che pervade ogni singola inquadratura trova ora nei gesti dell'arte marziale un universo da esplorare in cui la violenza si esprime attraverso l'arte, un'arte che è frutto di lungo tirocinio. L'avere scelto come coreografo dei combattimenti Yuen Wo Ping (Matrix, Kill Bill, tra gli altri) mette in evidenza quanta attenzione andasse offerta alla musicalita' del movimento.
Sul piano della narrazione poi la vicenda di Ip Man e Gong Er si adatta alla perfezione a quell'universo di relazione tra i sessi che ha sempre affascinato il regista. Sono le storie 'impossibili' quelle che lo attraggono. Storie in cui è l'impedimento a dominare, in cui l'amore è incandescente ma costretto dagli stessi protagonisti a covare sotto uno strato di cenere che lo soffoca senza spegnerlo. Ecco allora che la superficie scabra ma colorata che apre il film viene progressivamente oscurata fino a divenire nel finale un magma in cui domina l'oscurità. Perché se nel kung fu, come diceva Ip Man, "esistono solo due parole: orizzontale e verticale. Commetti un errore-orizzontale. Sei l'ultimo che resta in piedi e vinci", nell'amore si fanno largo innumerevoli variazioni rispetto a questi due estremi. I protagonisti del cinema di Wong Kar Wai ne soffrono esistenzialmente la presenza, talvolta perdendosi per ritrovarsi e talaltra ritrovandosi per poi perdersi in un'inquietudine mai del tutto sopita. Giancarlo Zappoli

Approfondimenti
rassegna stampa
video
foto