Post

Visualizzazione dei post da novembre, 2019

Attraverso i miei occhi

Gio 28_11 ore 21:00
Sab 30_11 ore 21:00
Dom 01_12 ore 18:00 e ore 21:00
Genere: Commedia, Drammatico
Anno: 2019
Regia: Simon Curtis
Attori: Milo Ventimiglia, Amanda Seyfried, Kevin Costner, Gary Cole, Gigi Proietti, Kathy Baker, McKinley Belcher III, Martin Donovan, Karen Holness, Al Sapienza, Ryan Kiera Armstrong, Aliza Vellani, Andres Joseph
Paese: USA
Durata: 109 min
TRAMA
Attraverso i miei occhi è tratto dal romanzo "L'arte di correre sotto la pioggia" di Garth Stein. È la storia del pilota da corsa Danny (Milo Ventimiglia), raccontata con gli occhi del suo cane, il Golden Retriever Enzo. Tra i due è stato subito feeling. Sin da cucciolo, Enzo ha imparato le lezioni di vita del suo proprietario, vivendo passo dopo passo accanto a lui; lo ha visto correre in pista, insegnare a nuovi piloti e innamorarsi di Eva (Amanda Seyfried). Enzo è il migliore amico, il compagno ideale e il testimone di nozze di Danny, i due insieme hanno affrontato le gioie e i dolori, cercando di sorridere sempre senza mai abbattersi.
Il cane è lì a ogni vittoria sul podio o quando Eva dà alla luce la piccola Zoe, la figlia di Danny, ma è anche un sostegno morale durante le sconfitte del suo padrone e in uno dei momenti più tragici della sua vita, quando l'uomo deve lottare con la malattia e la morte, che improvvisamente irrompono e destabilizzano la sua esistenza. Mentre Danny cerca di superare i tristi eventi e i conseguenti ostacoli, il suo fedele amico è sempre pronto, a suo modo, a ricordargli che non deve smettere di combattere. Rimanendo al suo fianco, Enzo lo porterà a credere di nuovo in se stesso, ma neanche una forte amicizia, come la loro, può durare per sempre...

CRITICA
E' un film dal mood spirituale Attraverso i miei occhi, perché il cane a cui affida la narrazione e il punto di vista crede nella reincarnazione e infonde un messaggio di speranza a chi ha perso qualcuno che amava. E tuttavia, la vicenda della famiglia alla quale l'animale si lega, e in particolare del suo padrone Denny, è molto triste, per non dire struggente, e a una prima parte comica e tenera fa seguire una serie di eventi drammatici, anche se evita di cadere nella trappola della retorica. La regia di Simon Curtis è attenta e a cavarsela bene sono anche gli attori a 4 zampe, che ci ricordano che, se tutti amassero incondizionatamente come fanno loro, i rapporti umani migliorerebbero di gran lunga. Il film, che parla di corse automobilistiche, è anche una metafora della vita, piena di curve, incidenti e percorsi scivolosi. (Carola Proto - Comingsoon.it)

Beautiful boy

Ven 29_11 ore 21:00
Venerdì d'essai 
Genere: Drammatico
Anno: 2018
Regia: Felix van Groeningen
Attori: Steve Carell, Timothée Chalamet, Amy Ryan, Maura Tierney, Kaitlyn Dever, Timothy Hutton, Stefanie Scott, Jack Dylan Grazer, Christian Convery, Oakley Bull
Paese: USA
Durata: 112 minuti
TRAMA
Nicolas Sheff ha 18 anni ed è un bravo studente: scrive per il giornale della scuola, recita nello spettacolo teatrale di fine anno e fa parte della squadra di pallanuoto. Ama leggere e possiede una spiccata sensibilità artistica; in autunno andrà al college. Da quando ha 12 anni però, ama sperimentare le droghe; da qualche tempo ha provato la metamfetamina e, come lui stesso dichiara, “Il mondo, da bianco e nero, improvvisamente è diventato in Technicolor”. In breve tempo Nic, da semplice adolescente che fa uso sporadico di stupefacenti, si trasforma in un vero e proprio tossicodipendente. Beautiful Boy è la storia, tanto onesta quanto spietata, di una famiglia che accompagna il proprio figlio nella lotta contro l’assuefazione. Basato sull’omonimo bestseller del noto giornalista David Sheff e sull’apprezzata autobiografia di suo figlio Nic, il film descrive il potere distruttivo della droga e la forza rigenerante dell’amore. Angosciante, struggente, ma anche ricco di gioia, di amore e di speranza, Beautiful Boy racconta il baratro in cui Nic sprofonda, le sue assenze, le promesse tradite, la rabbia, e il modo in cui David si adopera per salvare il suo “bellissimo figlio” dalle conseguenze della dipendenza.

CRITICA
Un'impotenza angosciante come quella di un padre che non riesce ad aiutare il figlio tossicodipendente a uscire dalla sua maledizione, è al centro del primo film americano del belga Felix von Groeningen, autore del melodramma altrettanto doloroso Alabama Monroe. Steve Carell è sempre più maturo anche come attore drammatico, qui in un'interpretazione misurata e struggente. Chalamet conferma la sue capacità. (Mauro Donzelli - Comingsoon.it)

Frida. Viva la vida

Mar 26_11 ore 21:00
Mer 27_11 ore 21:00
Grande Arte
Genere: Documentario, Arte
Regia: Gianni Troilo
Paese: Italia
Anno: 2019
Durata: 85minuti
Biglietti: intero: 10,00 € - ridotto 8,00 € per prenotati alla mail info@cinemamarconi.com (la prenotazione deve essere fatta entro le ore 12.00 del giorno di proiezione)

Frida Kahlo è l’artista che più di ogni altra è riuscita a costruire una potente autobiografia per immagini, capace di raccontare con intensità la sua storia: il dolore fisico, il dramma dell’amore tradito e degli aborti, l’impegno politico. Frida è diventata, dopo la sua morte, un’icona pop in grado di raccogliere centinaia di migliaia di visitatori nelle mostre a lei dedicate e di ispirare libri, fumetti, canzoni, film e persino sfilate di moda.
Ma chi era davvero Frida? E quanta energia e vitalità sprigionano le sue tele anche quando raccontano il dolore e la sofferenza?
FRIDA. VIVA LA VIDA il docu-film diretto da Giovanni Troilo  propone un viaggio in sei capitoli alla ricerca di Frida, nel cuore del Messico, tra cactus, scimmie, cervi e pappagalli, alternando interviste esclusive, documenti d’epoca, ricostruzioni suggestive e opere della stessa Kahlo, tra cui gli autoritratti più celebri (da quello con Diego Rivera del 1931 alle Due Frida del 1939, da La colonna spezzata del 1944 al Cervo ferito del 1946).
VIVA LA VIDA è un film documentario prodotto da Ballandi Arts e Nexo Digital in collaborazione con Sky Arte che mette in luce le due anime di Frida Kahlo (1907-1954): da una parte l’icona, simbolo del femminismo contemporaneo, dall’altra l’artista libera nonostante le costrizioni di un corpo martoriato. Colpita dalla poliomielite a sei anni e vittima di un incidente stradale che la lascerà invalida a diciotto, Frida convisse sempre con dolori atroci che la perseguitarono fino alla morte. Ciononostante, grazie alla sua pittura ma anche ai suoi scritti, al suo modo di vestire, al suo stile inconfondibile, nel corso degli anni la Kahlo è diventata un modello di riferimento capace di influenzare artisti, musicisti, stilisti. La sua importanza ha superato perfino la sua grandezza grazie all’intensità e la determinazione con cui ha affrontato una vita segnata dalla sofferenza. Il dolore, pur essendo materia essenziale del suo lavoro, non basta infatti a spiegare le ragioni di un’affermazione tanto estesa e unanime: nelle opere di Frida c’è un legame perenne anche con la forza interiore e l’amore, con l’energia vitale della sua terra e dei suoi colori.
Sarà l’attrice e regista Asia Argento a condurre lo spettatore alla scoperta dei due volti della pittrice, seguendo un fil rouge costituito dalle parole della stessa Frida: lettere, diari e confessioni private. Lo spettatore scoprirà come l’opera della pittrice affondi le sue radici nella pittura tradizionale dell’800, nei retablos messicani, oltre che nell’arte e nell’impegno di uomini del suo tempo, dal compagno di una vita, Diego Rivera, a Trotsky. Del resto, dopo la rivoluzione del 1910, il Messico aveva provato a riscoprire le proprie origini attraverso l’iconografia pre-colombiana in cui anche Frida esplorò l’identità degli opposti: dolore e piacere, tenebre e luce, luna e sole, la vita nella morte e la morte nella vita. Ripercorrere la vita di Frida Kahlo significherà così cercare il punto di contatto tra la sofferenza delle vicende biografiche e l’amore incondizionato per l’arte.
Nel documentario sarà possibile vedere per la prima volta fotografie, vestiti e altri oggetti personali di Frida conservati negli archivi del Museo Frida Kahlo normalmente non accessibili al pubblico, oltre alle stampe originali delle fotografie scattate da Graciela Iturbide durante l’apertura del bagno di Frida nel 2004.
Ci saranno poi le testimonianze e gli interventi di esperti e artisti: Hilda Trujillo, che dal 2002 dirige il Museo Frida Kahlo, uno dei tre musei più visitati di Città del Messico che sorge nella Casa Azul che fu dimora della pittrice, e il Museo Anahuacalli; la fotografa messicana Graciela Iturbide; il muratore e operaio Alfredo Vilchis, divenuto artista quasi per caso dipingendo miniature; la fotografa Cristina Kahlo, pronipote di Frida; l’insegnate d’arte del Wellesley College e curatore aggiunto di arte latinoamericana al Davis Museum James Oles; Carlos Phillips, amministratore delegato del Museo Frida Kahlo, dell’Anahuacalli di Diego Rivera e del Museo Dolores Olmedo; la ballerina Laura Vargas.

Downton Abbey

Gio 21_11 ore 21:00 in lingua originale con sottotitoli in italiano
Sab 23_11 ore 21:00
Dom 24_11 ore 18:00 e ore 21:00
I biglietti di tutti le proiezioni hanno un costo di 6 euro. Non è possibile usufruire delle riduzioni.
Genere: Drammatico
Anno: 2019
Regia: Michael Engler
Attori: Hugh Bonneville, Laura Carmichael, Jim Carter, Brendan Coyle, Michelle Dockery, Kevin Doyle, Joanne Froggatt, Matthew Goode, Robert James-Collier, Allen Leech, Phyllis Logan, Elizabeth McGovern, Sophie McShera, Lesley Nicol, Penelope Wilton, Maggie Smith, Imelda Staunton
Paese: Gran Bretagna
Durata: 122 min
TRAMA
Lo show televisivo Downton Abbey segue la vita della famiglia Crawley e della servitù che lavora per essa all’inizio del XX Secolo, nella loro villa di campagna in stile edoardiano. Nelle sue 6 stagioni la serie ha ottenuto 3 Golden Globe, 15 Emmy, 69 candidature complessive agli Emmy, che hanno fatto di Downton Abbey lo show televisivo non-americano più nominato nella storia degli Emmy. Downton Abbey ha inoltre ottenuto un Premio Speciale ai BAFTA e il Record nel Guinness dei Primati per la serie TV con il miglior voto della critica. Il film di Downton Abbey comprenderà il cast principale originale.

CRITICA
Il ritorno dopo tre anni del microcosmo britannico di Downton Abbey non rivoluziona le loro vicende, ma concentra dinamiche ed evoluzioni dei personaggi durante i due giorni di visita di re e regina. Fellowes è in gran forma, regala una sceneggiatura frizzante e deliziosa, con dialoghi irresistibili e gli attori sono ormai talmente a proprio agio nei panni più o meno eleganti dei loro personaggi da essere una conferma scontata. Aspettatevi anche qualche lacrima, fra le risate e i sorrisi. (Mauro Donzelli - Comingsoon.it)

Charlie says

Ven 22_11 ore 21:00
Venerdì d'essai
Genere: Drammatico
Anno: 2018
Regia: Mary Harron
Attori: Matt Smith, Hannah Murray, Sosie Bacon, Merritt Wever, Suki Waterhouse, Annabeth Gish, Marianne Rendón, Chace Crawford, Grace Van Dien, Kayli Carter, Bridger Zadina, India Ennenga, Kimmy Shields, Lindsay Farris, Matt Riedy
Paese: USA
Durata: 104 min


TRAMA
Un viaggio nella mente di Charles Manson (Matt Smith, protagonista della serie Dr Who), musicista, manipolatore e mandante degli efferati omicidi che sconvolsero gli USA nell’estate del 1969, tra cu l’assassinio di Sharon Tate. Charlie Says si addentra nella psiche del leader criminale, attraverso gli occhi di Karlene Faith, psicologa di tre giovani donne entrate a far parte della setta, dopo aver subito il lavaggio del cervello, e condannate all’ergastolo. In una escalation di follia e annullamento della volontà, viene ripercorsa la vita all’interno della “Famiglia Manson” e il rapporto di queste giovani con l’uomo che ha segnato le loro vite. Che potere aveva Charles Manson sulle sue prede? Cosa è scattato nella loro mente?

CRITICA
Tra le innumerevoli trasposizioni cinematografiche dei tragici eventi che 50 anni misero per molti fine al sogni di pace e amore degli anni Sessanta, quella interamente al femminile di Mary Harron e Guinevere Turner, ispirata a due libri meno noti sull'argomento, ha il merito di incentrarsi sulle ragazze, poco più che maggiorenne, responsabili materiali delle stragi ordinate dal loro guru, Messia, padre e padrone Charles Manson, e sull'inizio del loro percorso di "riabilitazione" in carcere con le lezioni dell'attivista e femminista Karlene Faith.
Ottimo nelle interpretazioni delle giovani attrici che rappresentano con molta verosimiglianza Leslie Van Houten, Patricia Krenwinkel e Susan Atkins e molto accurato nella ricostruzione, è un film interessante, asciutto e a tratti toccante, anche se l'epilogo non convince del tutto e avrebbe giovato alla storia una minore insistenza grafica sui delitti che le ragazze rivivono in flashback.
 (Daniela Catelli - Comingsoon.it)

L'uomo del labirinto

Gio 14_11 ore 21:00
Sab 16_11 ore 21:00
Dom 17_11 ore 18:00 e ore 21:00
Genere: Thriller, Drammatico
Anno: 2019
Regia: Donato Carrisi
Attori: Toni Servillo, Dustin Hoffman, Valentina Bellè, Luis Gnecco, Vinicio Marchioni, Stefano Rossi Giordani, Riccardo Cicogna, Caterina Shulha
Paese: Italia
Durata: 130 min

TRAMA
«Questo è un gioco, vero?» Samantha Andretti è stata rapita una mattina d’inverno mentre andava a scuola. Quindici anni dopo, si risveglia in una stanza d’ospedale senza ricordare dove è stata né cosa le è accaduto in tutto quel tempo. Accanto a lei c’è un «profiler», il dottor Green: sostiene che l’aiuterà a recuperare la memoria e che insieme cattureranno il mostro. Ma l’avverte che la caccia non avverrà là fuori, nel mondo reale. Bensì nella sua mente. «Questo è un gioco, vero?» ripete, dubbiosa, la ragazza. Bruno Genko è un investigatore privato. Quindici anni prima è stato ingaggiato dai genitori di Samantha per ritrovare la figlia. Adesso che la ragazza è riapparsa, sente di avere un debito con lei e proverà a catturare l’uomo senza volto che l’ha rapita. Ma quella di Genko è anche una lotta contro il tempo. Perché un medico gli ha detto che gli restano due mesi di vita. E, per uno scherzo del destino, quei due mesi sono scaduti proprio nel giorno in cui Samantha è tornata indietro dal buio. Chi giungerà prima alla verità: l’investigatore o il profiler?… Ma siamo sicuri che, alla fine di tutto, ci sia un’unica verità? Perché questa non è un’indagine come le altre… Qualcuno ha un segreto, qualcuno sta mentendo. E da qualche parte, là fuori, c’è un labirinto pieno di porte. E dietro ognuna si nasconde un enigma, un inganno.
In questo gioco nella mente dello spettatore, il labirinto di cui sei prigioniero è già dentro di te.

CRITICA
Per il suo secondo film da regista, Donato Carrisi abbandona il realismo del noir classico e, in un tripudio di colori e musica, ci porta in un universo inquietante e quasi da film horror dove vanno in scena le nostre e le sue paure. Fra suggestioni kafkiane e omaggi ai thriller anni 90, lo scrittore rende l'invisibile importante quanto il visibile e procede a ritmo sostenuto. La partita si gioca fra Toni Servillo e Dustin Hoffman, sublimi come sempre e affiancati da una strepitosa Valentina Bellè. Il film, forse, è troppo pieno di cose ma il non luogo in cui si muovono i personaggi è suggestivo e denota una grandissima attenzione per la messa in scena e i dettagli. (Carola Proto - Comingsoon.it)

Tutti pazzi a Tel Aviv

Ven 15_11 ore 21:00
Venerdì d'essai

Genere: Commedia
Anno: 2018
Regia: Sameh Zoabi
Attori: Kais Nashif, Lubna Azabal, Maisa Abd Elhadi, Nadim Sawalha, Salim Dau, Yousef 'Joe' Sweid, Amer Hlehel
Paese: Lussemburgo, Belgio, Israele, Francia
Durata: 100 min

TRAMA
Salam, un affascinante trentenne palestinese che vive a Gerusalemme, fa l'assistente ai dialoghi per una notissima e seguitissima soap-opera, intitolata “Tel Aviv brucia” prodotta a Ramallah. Ogni giorno, per raggiugere gli studi televisivi, Salam deve passare attraverso un posto di blocco israeliano. Qui incontra il comandante incaricato del posto di blocco, Assi, la cui moglie è una fedelissima fan della soap opera. Per impressionare la moglie, Assi si fa coinvolgere nella stesura della storia della soap ambientata a a Tel Aviv nel 1967.

CRITICA
Commedia brillante e inattesa, che ruota attorno alla realizzazione di una soap opera "politica" palestinese, Tutti pazzi a Tel Aviv fa ridere e al tempo stesso provoca una riflessione anche più efficace, su temi ancora tragicamente attuali, di molte drammatiche riflessioni sull'argomento. L'ironia, come dimostra il regista Sameh Zoabi con i suoi umanissimi personaggi, che rappresentano le vecchie e le nuove generazioni, non banalizza la realtà di un conflitto che continua a mietere vittime e a creare infelicità, ma è il detonatore che fa esplodere la "bomba" dell'assurdità di una situazione che va avanti da decenni e non ha in vista un finale in grado di accontentare tutte le parti in causa. Nel frattempo, per fortuna, si può vivere. E ridere. (Daniela Catelli - Comingsoon.it)

Tutto il mio folle amore

Gio 7_11 ore 21:00
Sab 9_11 ore 21:00
Dom 10_11 ore 18 e ore 21:00

Genere: Drammatico
Anno: 2019
Regia: Gabriele Salvatores
Attori: Claudio Santamaria, Valeria Golino, Diego Abatantuono, Giulio Pranno, Daniel Vivian, Maruša Majer, Tania Garribba
Paese: Italia
Durata: 97 min
TRAMA
Sono passati sedici anni dal giorno in cui Vincent è nato e non sono stati sedici anni facili per nessuno. Né per Vincent, immerso in un mondo tutto suo, né per sua madre Elena e per il suo compagno Mario, che lo ha adottato. Willi, che voleva fare il cantante, senza orario e senza bandiera, è il padre naturale del ragazzo e una sera qualsiasi trova finalmente il coraggio di andare a conoscere quel figlio che non ha mai visto e scopre che non è proprio come se lo immaginava. Non sa, non può sapere, che quel piccolo gesto di responsabilità è solo l’inizio di una grande avventura, che porterà padre e figlio ad avvicinarsi, conoscersi, volersi bene durante un viaggio lungo le strade deserte dei Balcani in cui avranno modo di scoprirsi a vicenda, fuori dagli schemi, in maniera istintiva. E anche Elena e Mario, che si sono messi all’inseguimento del figlio, riusciranno a dirsi quello che, forse, non si erano mai detti. “Ora capisco cosa cercavi di dirmi e quanto soffrivi sapendo di avere ragione. Ma avrei potuto dirti, Vincent, che questo mondo non è adatto a uno così bello come te”. Vincent - Don Mc Lean

CRITICA
E' un film di ritorni per Gabriele Salvatores Tutto il mio folle amore: ritorno al rock & roll, e soprattutto al road-movie un road movie, in questo caso, che di viaggi ne racconta due: uno del corpo e l'altro dell'anima. Come spesso fa, il regista adatta un romanzo e pesca dall'immaginario di qualcun altro per costruire sua personale visione dell'uomo e dei sentimenti. Il sentimento predominante qui è l'amore nelle sue varie declinazioni, anche se in primo piano c'è un rapporto padre/figlio. C'è anche la rappresentazione della malattia mentale, presa di petto e trasformata in un'esplosione di vita e di vitalità, la vitalità dell’esordiente Giorgio Pranno e di un Claudio Santamaria canterino e autoironico, e molto simile ai personaggi di Marrakech Express. Alla loro avventura anche un po' western fanno da contraltare due personaggi notturni e malinconici a cui Valeria Golino e Diego Abatantuono si abbandonano generosamente. (Carola Proto - Comingsoon.it)

Quel giorno d'estate

Ven 8_11 ore 21:00
Venerdì d'essai
Genere: Drammatico
Anno: 2018
Regia: Mikhaël Hers
Attori: Vincent Lacoste, Isaure Multrier, Stacy Martin, Ophélia Kolb, Marianne Basler, Jonathan Cohen, Nabiha Akkari, Greta Scacchi, Bakary Sangaré, Claire Tran, Elli Medeiros, Zoé Bruneau
Paese: Francia
Durata: 107 min
TRAMA
David vive a Parigi, dove sbarca il lunario con piccoli lavoretti occasionali. L’unico contatto familiare è rappresentato dallo stretto legame con la sorella Sandrine e la nipotina di 7 anni Amanda, cresciuta senza un padre. Durante l’estate David incontra Lena, appena trasferitasi a Parigi, e tra i due nasce presto un amore. Quando tutto sembra andare per il meglio le vite di tutti vengono sconvolte da un attacco terroristico nel cuore di Parigi, nel quale Sandrine perde la vita. Oltre a dover affrontare lo shock e il dolore della perdita, David deve ora prendersi cura della giovane nipote Amanda e trovare, insieme a Lena, una nuova serenità per ricominciare, insieme, a vivere.

CRITICA
La normale quotidianità di un ragazzo (Vincent Lacoste) che non ha voglia di scegliere cosa fare da grande viene sconvolta da un trauma, così come il suo mondo fatto di lavoretti, di una famiglia ridotta a una sorella e alla nipote di 7 anni, oltre alla bella Lena (Stacy Martin) di cui si è appena innamorato. Il francese Hers prende a prestito da Rohmer il racconto di una normalità minimale eppure coinvolgente e racconta come Parigi, ma sopratutto i parigini, sono stati negli ultimi anni sconvolti, nelle piccole cose, dagli attentati terroristici. Un piccolo film rispettoso e pieno di tenerezza, costruito intorno a una colossale performance di Vincent Lacoste, ormai in via di definitiva maturazione come uno degli attori europei di riferimento della sua generazione. Ottima anche Stacy Martin, con un piccolo viaggio a Londra che conclude magistralmente questo poetico gioiellino. (Mauro Donzelli - Comingsoon.it)