venerdì 13_05 ore 21.15
sabato 14_05 ore 21.15
domenica 15_05 ore 18 e 21
Max è un precario di talento impiegato presso un quotidiano locale dove sogna di essere assunto ma viene ancora una volta scalzato dal raccomandato di turno. Samuele insegna diritto penale mentre aspira al posto da ricercatore e assiste un barone universitario che gli preferisce da sempre segnalati incapaci. Irma è una dottoressa appassionata in attesa di un contratto, soffiato in zona Cesarini dalla procace fidanzata del primario. Ex compagni di liceo, ritrovatisi a una cena commemorativa, Max, Samuele e Irma si scambiano difficoltà e dilemmi e decidono di fare fronte comune contro la piaga della raccomandazione. Fondatori di un movimento virtuale, “I pirati del merito”, diventeranno le (lunghe) ombre nere della coscienza dei ‘segnalanti’, incalzandoli con molestie e rappresaglie decisamente creative.
Il cinema italiano ha evidentemente scoperto la drammaticità del precariato e di conseguenza l’urgenza di affrontare sul grande schermo la vita di chi tira avanti con contratti a progetto, collaborazioni a termine, lavori a tempo determinato. Lo ha fatto
Paolo Virzì con
Tutta la vita davanti, poi
Anna Negri con
Riprendimi e
Massimo Venier con
Generazione 1000 euro e ancora
Ascanio Celestini col documentario
Parole sante, raccontando con toni e stili diversi il
cul de sac in cui sembra essersi infilato il mondo del lavoro nell’era della globalizzazione.
Il film di Giambattista Avellino non fa eccezione ma introduce una variante, è una commedia sociale abitata da tre giovani precari che questa volta non ci stanno e puntano il dito contro la raccomandazione, ovvero quella odiosa forma di segnalazione ‘autorevole’ che mira ad agevolare un favorito ‘figlio di’ naturalmente incompetente. Avvalendosi di un cast assortito che sfrutta abilmente la duplice notorietà cinematografica e televisiva dei suoi attori (l’inflazionata Paola Cortellesi e lo sfruttatissimo Luca Argentero),
C’è chi dice no si inserisce nella nutrita schiera della nuova commedia nazionale, ‘civica e democratica’, in grado di intercettare i gusti del pubblico, il
mood sociale e un tema corrente e dibattuto su giornali e mass media. Se il film ha l’indubbio merito di introdurre un motivo di crisi (la pratica della raccomandazione o quella endemica degli scambi di favore) e addirittura di costringere uno dei nobili protagonisti ad abbandonare la nave ‘pirata del merito’ quando quest’ultima sta per affondare per salvare se stesso e il proprio vantaggio, l’ecumenismo buonista ha la meglio sulla tentazione drammatica e trascina sul fondo commedia e ‘morale’. Insomma c’è sempre una ragione (umana) alla base dei comportamenti, anche quelli più indegni, e così due dei tre raccomandati si discolperanno ravvedendosi e lasciando finalmente il posto ai meritevoli, e il terzo, eroe da cinepanettone stereotipato e improbabile, finirà per eliminarsi da solo. Il criticismo nei confronti dei personaggi viene immediatamente riassorbito e annullato da uno sguardo partigiano e consolatorio, che rimedia anche il tracollo morale del giornalista di Argentero, costretto insieme agli impavidi compagni agli arresti domiciliari e a una partita a
subbuteo, prima di ripiegare all’estero o in un giornalino locale.
C’è chi dice no è un film sproblematizzante e sconsolante, che non difende la serietà dell’esperienza morale dei suoi pirati-precari ma anzi nutre e approva la tendenza degli italiani a prendere il mondo com’è senza mai invertire la tendenza. Il sistema non si abbatte e chi (fuori dalla finzione) è ingranaggio ben lubrificato di quel sistema produce un cinema normalizzato che non trova mai la rabbia e l’indignazione e soffoca sul nascere ogni tentativo di perseguire idee e modelli di cinema (e di vita) diversi. Il sistema è chiuso. Fuori la visione dissidente, dentro la domanda sovrana. Confezionata naturalmente in una commedia di grande appeal.
Marzia Gandolfi