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Visualizzazione dei post da 2013

Indovina chi viene a Natale?

mer 25_12 ore 21.15
gio 26_12 ore 21.15
sab 28_12 ore 21.15
dom 29_12 ore 18.00 e 21.00
mer 1_1 ore 18.00 e 21.00
sab 4_1 ore 21.15
dom 5_1  21.00
lun 6_1 ore 18.00 e 21.00





GENERE: Commedia
REGIA: Fausto Brizzi
SCENEGGIATURA: Fausto Brizzi, Fabio Bonifacci, Marco Martani
ATTORI: Claudio Bisio, Angela Finocchiaro, Claudia Gerini, Carlo Buccirosso, Diego Abatantuono, Raoul Bova, Cristiana Capotondi, Rosalia Porcaro, Isa Barzizza
FOTOGRAFIA: Mark Melville
MUSICHE: Paolo Buonvino
PAESE: Italia 2013
DURATA: 94 Min




Trama
Una famiglia allargata, come ce ne sono tante oggigiorno, nella quale una coppia di genitori attende per le feste l'arrivo della figlia e del suo misterioso fidanzato; c'è anche un uomo che per la prima volta conosce i figli della sua compagna che faranno di tutto per cacciarlo. Poi ancora una vedova inconsolabile, un fratellastro irrisolto, una bellissima casa, la neve...
via comingsoon

Blue Jasmine

ven 20_12 ore 21.15
sab 21_12 ore 21.15
dom 22_12 ore 18.00 - 21.00


GENERE: Commedia
REGIA: Woody Allen
SCENEGGIATURA: Woody Allen
ATTORI: Cate Blanchett, Alec Baldwin, Peter Sarsgaard, Alden Ehrenreich, Michael Stuhlbarg, Bobby Cannavale, Louis C.K., Sally Hawkins, Max Casella, Charlie Tahan, Steven Wiig
FOTOGRAFIA: Javier Aguirresarobe
PAESE: USA 2013
DURATA: 98 Min



C'era una volta Jasmine, reginetta mondana di Park Avenue, sposata al carismatico Hal, uomo d'affari che la viziava e lusingava. Ma Hal era anche un truffatore e un fedifrago e la fine del loro matrimonio ha portato Jasmine alla bancarotta e all'esaurimento nervoso. Sola e in balìa degli antidepressivi, la donna si trasferisce a San Francisco per vivere con la sorella Ginger, che spinge ad essere più ambiziosa in amore, scatenando la reazione del fidanzato di lei, Chili.
Rassicurati dall'esordio all'insegna dell'abituale jazz sull'abituale font dei titoli di testa, rigorosamente nell'abituale bianco su nero, ci prepariamo all'abituale "ronde" di incontri ed incroci e dissertazioni più o meno umoristiche sulla tragicommedia della vita, ma pian piano veniamo zittiti e sorpresi da un personaggio femminile gigantesco, che è insieme tutte le attrici di Woody Allen (Mia Farrow e Dianne Wiest in particolare, ma anche la Gena Rowlands di Un'altra donna) e una protagonista senza precedenti, per maturità di scrittura e resa interpretativa.
Jasmine arriva da New York a San Francisco in prima classe, senza smettere un secondo di raccontare i dettagli della sua storia alla vicina di posto, che si rivela essere una perfetta sconosciuta. Poi sarà la volta dello sproloquio riservato ai nipotini grassocci, altrettanto interdetti, e sempre di più del monologo, perché Jasmine non ha altro interlocutore possibile che se stessa: è un personaggio tragico, che non sa adattarsi al presente, legata ad un passato che non smette di riaffiorare e ad un immaginario (lo stesso per cui ha cambiato il suo nome da Jeanette in Jasmine) che si è costruita addosso come una seconda pelle.
Il fatto che la crisi della protagonista sia in relazione con la crisi della finanza e con l'ambiguità morale di una certa condotta di vita, non ci dice soltanto dello scarso ottimismo sociale del regista, che di per sé è cosa nota, ma ci racconta anche quanto lucido e attuale sia il suo sguardo sul mondo, quanto acutamente antropologico, anziché narcisista come viene spesso liquidato. Ci ricorda lo straordinario talento del comico newyorkese per la tragedia. Ci fa vivere ogni minuto l'effetto che fa uno scambio d'eccezione come quello tra il regista giusto e la giusta musa. Lui le consegna un copione perfetto, memore di Fitzgerald e Blanche DuBois (ottima anche Sally Hawkins nei panni di Stella/Ginger), e lei lo fa vivere con una forza e una vulnerabilità dirompenti. La regia di Allen, vibrante e sofisticata come non era da tempo, non nasconde la compassione, la Jasmine di Cate Blanchett, che sullo schermo parla da sola, instaura un dialogo speciale con la macchina da presa. Insieme, mantengono la leggerezza fino all'ultimo, mentre il dramma si va lentamente affacciando e imponendo. Marianna Cappi   

Approfondimenti

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You're next

ven 13_12 ore 21.30

maratona horror

GENERE: Horror, Thriller
REGIA: Adam Wingard
SCENEGGIATURA: Simon Barrett
ATTORI: Sharni Vinson, Wendy Glenn, Nicholas Tucci, AJ Bowen, Joe Swanberg, Margaret Laney, Amy Seimetz
FOTOGRAFIA: Andrew Droz Palermo
MUSICHE: Mads Heldtberg, Jasper Justice Lee, Kyle McKinnon
PAESE: USA 2011
DURATA: 95 Min
VISTO CENSURA: VM18




Trama
Nel tentativo di riunire tutti parenti, Aubrey e Paul Davison decidono di festeggiare il proprio anniversario di matrimonio assieme ai quattro figli e ad altre persone care, organizzando una riunione di famiglia in una isolata casa di villeggiatura. All’inizio sembra che le vecchie rivalità tra fratelli prendano il sopravvento su ogni tentativo di riconciliazione ma, di colpo, le dispute diventano l’ultima delle preoccupazioni: la casa viene presa d’assalto da un gruppo di assassini mascherati armati di asce e balestre. Nessuno conosce la loro identità, né il motivo dell’attacco, né se si trovino all’interno o all’esterno dell’enorme, vecchia casa. Di certo, i Davison non sono al sicuro. E inizano a cadere uno ad uno...

Approfondimenti
Fotogallery
Videogallery

Cine-cena: titoli di coda




Noi dell'Associazione Arte del Sogno non possiamo essere più felici per l'esito della Cine-Cena: un clima frizzante e gioviale, tanti amici vecchi e nuovi e un menu davvero...spettacolare!
Dobbiamo ringraziare tante persone, dai cuochi, ai ragazzi scout che hanno servito in tavola, dai volontari della logistica che assieme a noi hanno allestito la sala polivalente, ai musicisti Fabio e Massimo che hanno ricreato una perfetta atmosfera da film... e poi, naturalmente il nostro plauso a tutti i 249 partecipanti che speriamo di ritrovare presto anche al Cinema!

La campagna Proiettati al futuro si aggiorna quindi con questi 2.502,00 euro che si vanno ad aggiungere ai 1.500,00 degli sponsor che proiettano la loro pubblicità sullo schermo in sala, ai 3.000,00 euro delle donazioni e ai 1.700,00 euro delle vendite delle locandine storiche del Cinema... ora è in corso l'iniziativa delle Ci-Shirt, che sta riscuotendo ampio successo... facciamo il possibile per contribuire alle spese del nuovo digitale 2K!

Ora vi lasciamo alle foto della Cine-Cena, grazie ancora e... ci vediamo al Cinema!







Ci-shirt: le magliette cinematografiche



Sono arrivate le Ci-Shirt, le magliette cinematografiche targate Cinema Marconi!

Un nuovo servizio che ti proponiamo: regala e regalati la Ci-shirt personalizzata, con la locandina del tuo film preferito!

Cosa fare, in sole 3 mosse:
1. Scegli la locandina del tuo film preferito
(se cerchi ispirazione, guarda il sito Movie Poster)
2. Scegli il colore e la taglia della t-shirt da stampare
Qui puoi consultare il catalogo!
3. Ordinala in biglietteria al Cinema Marconi!
Passa al Cinema Marconi (via Gauslino 7) venerdì o sabato o domenica durante gli orari di apertura.

Costo delle Ci-Shirt: 15,00€ (sconto 2 pezzi: 25,00 €). Pagamento al momento dell'ordine.
Tempi di consegna: max 10 gg lavorativi
info: info@cinemamarconi.com
prenotazioni solo al Cinema Marconi di Piove di Sacco





Gande Nottata Horror


Si rinnova anche in questa stagione l'appuntamento con il cinema di genere horror! 
L'associazione Arte del Sogno, che cura la programmazione della sala, propone per gli amanti del brivido la VI edizione della cine-maratona horror, dal titolo Grande Nottata Horror! 
Il venerdì è il 13... non siamo scaramantici!

MASCHERE è il tema di questa edizione.

Si inizia alle 21.30 con il film YOU'RE NEXT diretto da Adam Wingard. 

Le altre due proposte...non verranno smascherate per ora!

YOU'RE NEXT - trama: Una coppia sposata da 35 anni, Aubrey Davison e Paul Davison, decidono di chiamare i figli e i rispettivi mariti/mogli alla grande cena che stanno per organizzare, dato il fatto che non si vedono da molto tempo. A quanto pare, i litigi familiari tra i fratelli e le sorelle prendono il sopravvento sulla cena. Ma qualcuno comincia a tirare con una balestra diverse frecce. Rimangono braccati in casa come animali, mentre tre maniaci (Uno con una maschera da tigre, l'altro con quella di una volpe e l'ultimo di quella di un agnello) armati di balestre, accette e machete tenteranno in tutti i modi di entrare in casa, mentre quelli all'interno cercano di escogitare un modo per fuggire e per sopravvivere se i maniaci fossero entrati.

Durante gli intervalli sarà offerto un buffet dall'Associazione Arte del Sogno.

biglietto unico € 8,00 - inizio proiezioni ore 21.30


La quinta stagione

ven 6_12 ore 16.00 - 21.15

GENERE: Drammatico
REGIA: Jessica Woodworth, Peter Brosens
ATTORI: Aurelia Poirier, Django Schrevens, Sam Louwyck, Gil Vancompernolle
PRODUZIONE: Bo Films, Entre Chien et Loup, Molenwiek Film, Unlimited
DISTRIBUZIONE: Nomad Film
PAESE: Belgio, Francia, Olanda 2012
DURATA: 93 Min





Trama
Un misteriosa calamità colpisce un paesino delle Ardenne: l'inverno non se ne vuole andare e il ciclo della natura ne è presto sconvolto. I bambini Alice e Thomas, trovando riparo sotto l'ala dell'adulto Pol, un apicoltore itinerante con un figlio disabile, lottano per dare un senso alla vita, mentre attorno ogni gioia si spegne. Così facendo, però, suscitano la rabbia e l'invidia del resto degli abitanti.

Recensione
Dopo aver girato in Mongolia e Perù, Peter Brosens e Jessica Woodworth scelgono la loro terra, il Belgio, per raccontare la storia di una crisi, umana e sistemica. Una storia ambientata in un futuro troppo vicino, dove un venditore di fiori porta ancora, fino ad un certo punto, un residuo e di colore e di profumo, ma la terra si è ormai fatta sterile e - quando anche l'ultimo barlume d'innocenza, rappresentato dai bambini - viene corrotto e ridotto al silenzio, la violenza è destinata ad esplodere e l'avidità a trasformare gli uomini in creature mostruose che si proteggono l'un l'altro, omertosi, facendo(si) massa.
Anche se il genere è fantapolitico, e dunque astratto, vien da pensare che l'ambientazione non sia in realtà scelta per pura comodità o esclusive ragioni di budget, perché il Belgio è storicamente tutt'altro che una terra neutrale in materia di convivenza tra persone e culture diverse, di accoglienza ma anche xenofobia. Meravigliosamente fotografato da Hans Bruch Jr., che toglie i colori strada facendo, il film ricorda un po' l'esordio del nostro Frammartino, un po' Bruegel e Bosch, e molto "Io sono Febbraio", fiaba per adulti firmata Shane Jones (ne ha acquisito i diritti cinematografici Spike Jonze), con la quale condivide la premessa e alcune immagini (la maschera), ma non l'epilogo. Sono ispirazioni e nulla più, fors'anche inconsapevoli, perché il film trova in realtà la sua forza d'impatto in una forma visiva originale, tutt'altro che esplorata, che risponde all'allegoria sulla libertà del piano narrativo con un piano visivo altrettanto simbolico e cerebrale.
Dalla pittura degli illustri conterranei, gli autori riprendono però di certo la meditazione sulla vita rurale, l'idea di una deformazione fisica di ciò che sfugge la morale,e persino un senso del sacro tra i profani, che inscrive la figura di Pol e l'iconografia a lui associata, in quella tradizionale del martire. 

Approfondimenti
rassegna stampa


L'ultima ruota del carro

sab 30_11 ore 21.15
dom 1_12 ore 18.00 e 21.00

GENERE: Commedia
REGIA: Giovanni Veronesi
ATTORI: Elio Germano, Alessandra Mastronardi, Ricky Memphis, Sergio Rubini, Virginia Raffaele, Alessandro Haber, Francesca Antonelli, Maurizio Battista, Francesca D'Aloja, Luis Molteni, Dalila Di Lazzaro, Ubaldo Pantani, Massimo Wertmüller, Elena Di Cioccio
FOTOGRAFIA: Fabio Cianchetti
MONTAGGIO: Patrizio Marone
PAESE: Italia 2013
DURATA: 113 Min




Trama
Ernesto Fioretti, figlio di tappezziere romano, tifoso della Roma, bambino, poi ragazzo, poi uomo e infine anziano per nulla diverso da qualsiasi altro italiano della sua età, attraversa 30 anni di storia del paese tra fatti personali e sociali: dominio e fine dei socialisti, ascesa berlusconiana, sogni di gloria di amici che non disdegnano di sporcarsi le mani o rifiutano di lavorare, amore sincero per la compagna di una vita e inevitabili malattie.

Recensione

Per il suo film più audace, dotato di maggiori aspirazioni e nettamente più riuscito, Giovanni Veronesi è partito dal più casuale, umano e popolare degli spunti: la vera vita di Ernesto Fioretti (che appare brevemente nel ruolo del sacrestano), autista suo e di molti altri registi e attori del cinema italiano. Fioretti non ha avuto un'esistenza particolarmente eccezionale (questo è parte della forza della trama), come tutti ha attraversato le diverse fasi della storia italiana, come pochi (o almeno così vuole raccontare il film) ha vissuto gli alti e bassi della propria vita in coincidenza con gli alti e bassi del paese.
Di certo nel raccontare questa vita L'ultima ruota del carro procede con trovate ed espedienti di grana grossa, non vuole mai fermarsi sulle sottigliezze nè è interessato a una ricerca intellettuale sulle molte fasi politiche ed economiche che scandiscono i tempi del racconto (assieme alle partite dell'Italia e le formazioni della Roma, a ribadire una prospettiva assolutamente anti intellettuale). Non vuole operare nemmeno ponderate valutazioni sociologiche nè tantomeno catturare lo "spirito italiano", l'interesse degli autori appare essere umano, un amore sconfinato per gli ultimi e la loro ingenua semplicità, il sentimento principe della tradizione della commedia italiana (specie di quella più ambiziosa) che, cosa rara, stavolta appare sincero e coinvolgente. I semplicismi che da sempre vediamo nel cinema di Veronesi stavolta sono supportati da uno sguardo affettuoso e innamorato delle piccole cose sconosciuto ai precedenti film del regista.
Animato da una straordinaria energia vitale che scaturisce principalmente dal corpo energetico di Elio Germano, protagonista assoluto non tanto per ruolo o minutaggio quanto per capacità di far orbitare intorno a sè qualsiasi altro personaggio e condurre anche le scene più ordinarie con un afflato emotivo non comune, L'ultima ruota del carro vuole fare un racconto sentimentale più che cronachistico del periodo preso in esame, punteggia la trama con riferimenti precisi (dal ritrovamento del cadavere di Moro alle monetine lanciate a Craxi) e cerca di portare in scena in ogni istante ciò che tutto questo potesse significare per le persone più che i fatti. Questo tratto (il più "hollywoodiano" del film) è senza dubbio il meno riuscito, populista e non popolare, contro tutti i potenti in quanto tali e a favore della povera brava gente a prescindere e innamorato genericamente della grande arte simboleggiata dallo stereotipico pittore pop (sono più feroci, calzanti e stimolanti da questo punto di vista i molti altri film italiani che nell'ultimo decennio hanno rielaborato e raccontato gli anni '70, spesso appoggiandosi al corpo esile, perfetto per l'epoca, di Elio Germano). Al contrario quando il riflettore si sposta su Fioretti e il film rivela la sua ossatura di melodramma (non mancano i classici del genere come l'ospedale) le scene si fanno più ariose e anche il punto di vista schiacciato verso il basso, verso cioè le ultime ruote del carro, sembra davvero il migliore, l'unico buono per mettere in scena la vita per come si svolge, nel suo banale essere coinvolgente.
È quindi innegabile che una squadra solo parzialmente rinnovata abbia beneficiato molto al regista e sceneggiatore toscano. Il lavoro del solito Ugo Chiti e di Filippo Bologna (che hanno scritto con Veronesi la storia non senza un occhio ad alcuni punti di forza di C'eravamo tanto amati), la fotografia desaturata di Fabio Cianchetti (molto in linea con la maniera in cui il nostro cinema sta rappresentando quegli anni, tra macchina a mano e focale lunga) e infine il montaggio di Patrizio Marone (un esperto del genere già apprezzatissimo per il ritmo impresso alla serie Romanzo Criminale), mettono in scena l'epopea semplice e priva d'ambizioni di Ernesto Fioretti con un afflato sconosciuto ai precedenti film di Veronesi, lasciando emergere quel buono che in passato rimaneva schiacciato da una messa in scena sciatta e svogliata. Non che lo stile del regista non sia comunque riconoscibile ma la nuova veste per un nuovo tipo di storia (mai Veronesi aveva voluto essere così serio con i suoi film) è innegabilmente ben tagliata. Gabriele Niola

Approfondimenti
rassegna stampa

Infanzia clandestina

ven 29_11 ore 16.00 - 18.00


GENERE: Drammatico
REGIA: Benjamin Avila
SCENEGGIATURA: Benjamin Avila, Marcelo Müller
ATTORI: Natalia Oreiro, Ernesto Alterio, César Troncoso, Christina Banegas, Teo Gutiérrez Moreno, Mayana Neiva, Violeta Palukas, FOTOGRAFIA: Iván Gierasinchuk
MONTAGGIO: Gustavo Giani
PRODUZIONE: Historias Cinematograficas Cinemania, Habitacion 1520 Producciones, Antartida Produccions
PAESE: Brasile, Spagna, Argentina 2011




Trama
uan ha dodici anni e ha condotto una parte della sua vita in esilio. Nel 1979 torna, con i genitori e la sorellina di un anno, nel suo paese, l'Argentina. Il ragazzino è stato costretto a vivere lontano da casa per la condizione di clandestinità dei genitori, guerriglieri peronisti dell'organizzazione dei Montoneros, oppositori della dittatura militare di Videla, che ha rovesciato con un golpe il governo Peron nel 1976. Il padre e la madre di Juan sono adesso convinti che sia giunto il momento di alzare il tiro e portare la resistenza nel cuore dell'Argentina. Il ritorno in patria è, però, rischioso: sono latitanti ricercati dalle autorità e devono, quindi, vivere nascosti, sotto falsa identità. Anche Juan ha un nuovo nome. Per i suoi compagni di scuola e per la ragazzina di cui si innamorerà, si chiamerà Ernesto, come il Che.

Recensione

È un'infanzia rubata quella raccontata dal regista argentino Benjamín Ávila nel suo primo lungometraggio. Una condizione che ha il preziosissimo valore della testimonianza. La sconvolgente storia del dodicenne Juan si basa, infatti, su eventi realmente accaduti al regista da piccolo. Già questo basterebbe a rendere Infanzia Clandestina un film necessario. Di opere sull'eroismo della resistenza contro le dittature nel mondo ne abbiamo viste tante, ma l'originalità di questo film sta nel diverso punto di vista, che ci permette di osservare il microcosmo partigiano dall'interno, senza filtri, se non quello di un bambino che partecipa alla resistenza scrutandola dal punto di osservazione privilegiato della propria età. E così la mette a nudo, svelandone in maniera impietosa le contraddizioni e le assurdità. Lo sguardo indagatore di Juan, che è lo sguardo bambino del regista, non condanna ma neppure assolve. Non ci suggerisce cosa è giusto o sbagliato, perché nelle guerre - clandestine o ufficiali che siano - non può esserci giustizia. Nell'Argentina di fine anni Settanta, da una parte ci sono interessi, dall'altra convinzioni. Eppure, anche queste possono condurre sul terreno minato dell'insensatezza.
Juan è stato educato sulla base di valori e princìpi ferrei, senza dubbio nobili, eroici e coraggiosi, ma intransigenti. Insegnamenti che forgiano il carattere del ragazzo, ideali che respingono con forza l'egoismo mediocre e timoroso del qualunquismo individualista, ma che rasentano l'assurdo se applicati aprioristicamente alla vita reale. Quella vita che i genitori hanno tolto a Juan, per la devozione totale a una causa. Lottano per il bene comune, per garantire al proprio paese un futuro migliore. Chiusi nel loro mondo di credenze incrollabili, il serio padre e la passionale madre di Juan donano al figlio l'amore di una famiglia unita, ma lo privano della possibilità di una vita e una crescita normali. All'inizio, avere un nome falso o una casa con nascondiglio può essere un gioco. Ma non sono un gioco le riunioni clandestine dei guerriglieri, le commemorazioni dei caduti, le armi, la paura che mamma e papà possano non tornare a casa. Juan non discute la scelta di vita imposta dai genitori, vi aderisce, non ha la maturità tale da poter fare diversamente. Ma, nel momento in cui assapora la possibilità di una vita normale, con dei compagni di gioco e la scoperta emozionante del primo amore, qualcosa si spezza nella relazione simbiotica con i genitori. È giusto privare un bambino di tutto questo? È giusto sacrificare la felicità individuale o la serenità della propria famiglia, per mettersi al servizio di una collettività che non ha il coraggio di fare altrettanto? Infanzia Clandestina pone domande complesse e non dà risposte, se non nell'insegnamento fondamentale che il magnetico zio Beto, anche lui guerrigliero, tramanda al nipote Juan, esortandolo a non tradire mai se stesso, qualunque cosa decida di fare nella vita.
Al valore di tematiche così importanti si aggiungono meriti squisitamente cinematografici: un cast sempre all'altezza del difficile compito, una sceneggiatura ben scritta - che sa far ridere e piangere subito dopo, senza mai appesantire, anche nelle situazioni più drammatiche - e una regia sicura, non invadente, ma capace di soluzioni peculiari, come l'uso del disegno animato nelle sequenze più violente, quelle che la mente di un bambino non può concepire, persino quando i suoi occhi ne diventano testimoni innocenti. Annalice Furfari

Zoran, il mio nipote scemo

sab 23_11 ore 21.15
dom 24_11 ore 18.00 e 21.00

GENERE: Commedia, Drammatico
REGIA: Matteo Oleotto
SCENEGGIATURA: Daniela Gambaro, Pierpaolo Piciarelli, Matteo Oleotto, Marco Pettenello
ATTORI: Giuseppe Battiston, Teco Celio, Rok Prašnikar, Roberto Citran, Marjuta Slamic, Riccardo Maranzana, Sylvain Chomet
FOTOGRAFIA: Ferran Paredes Rubio
MUSICHE: Antonio Gramentieri
PAESE: Italia, Slovenia 2013
DURATA: 106 Min




Trama
Paolo Bressan trascorre le sue giornate da Gustino, gestore di un'osteria in un piccolo paese vicino a Gorizia. Un quarantenne alla deriva, cinico e misantropo, professionista del gomito alzato ma anche della menzogna compulsiva, che lavora di malavoglia in una mensa per anziani e insegue senza successo l'idea di riconquistare Stefania, la sua ex moglie. Ma le cose cambiano con l'entrata in scena di Zoran, un quindicenne occhialuto lasciatogli in"eredità"da una lontana parente slovena, che parla in modo strano e sembra anche un po’ ritardato. Scopre così di essere zio, e la cosa lo disgusta. Solo quando si accorge che suo nipote Zoran è un vero fenomeno a lanciare le freccette, si ricrede. Ogni anno si svolgono i campionati mondiali di freccette con un montepremi di 60mila euro e Paolo non ha nessuna intenzione di lasciarsi scappare questa opportunità. Grazie a Zoran comincia a pensare di poter fare finalmente centro nella sua vita... Ci riuscirà? Una cosa è certa: Paolo s'è svegliato da un letargo che durava da sempre e ha iniziato a inseguire un riscatto personale. Ma Paolo l'inaffidabile, Paolo l'insopportabile, Paolo l'alcolista, prima di vincere qualsiasi gara di freccette, sarà in grado di sconfiggere se stesso?

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Rassegna stampa

Via castellana bandiera


ven 22_11 ore 16.00 e 21.00

GENERE: Drammatico
REGIA: Emma Dante
SCENEGGIATURA: Giorgio Vasta, Licia Eminenti, Emma Dante
ATTORI: Emma Dante, Alba Rohrwacher, Elena Cotta, Dario Casarolo, Carmine Maringola, Elisa Parrinello, Giuseppe Tantillo, Sandro Maria Campagna, Renato Malfatti
FOTOGRAFIA: Gherardo Gossi
MONTAGGIO: Benni Atria
PAESE: Svizzera, Italia 2013
SOGGETTO: Tratto dall'omonimo romanzo di Emma Dante.
NOTE: Presentato in concorso al Festival di Venezia 2013.



Trama
Samira ha tanti anni e un dolore grande: ha perso sua figlia, uccisa dal cancro e da una vita tribolata nella periferia di Palermo. Da sette anni la ritrova in un cimitero assolato e desolato, dove sfama cani e cuccioli prima di riprendere la strada di casa alla guida della sua Punto e a fianco di un genero ostile. Rosa ha una madre da lasciare andare e un passato da dimenticare a Palermo, dove accompagna Clara, la donna amata, al matrimonio di un comune amico. Inquieta e infastidita da una città da cui è fuggita anni prima, infila via Castellana Bandiera, un strada stretta e senza senso di marcia. In direzione ostinata e contraria arriva Samira e chiede il passo per raggiungere la sua casa a pochi metri dall'impasse. Contrariata e altrettanto risoluta, Rosa è decisa a mantenere la posizione. Irriducibili sotto il sole tenace di Palermo, Samira e Rosa si affronteranno in un duello che non contempla resa e retromarcia.

Recensione

Di un uomo caduto morto in un duello non si penserà che "abbia dimostrato di essere in errore riguardo al proprio punto di vista", scrive Cormac McCarthy in "Meridiano di sangue". Allo stesso modo Emma Dante, regista teatrale che debutta al cinema, elude 'giustificazioni' o allineamenti, decidendo per il dicotomico senza stabilire una vittoria di una parte sull'altra o affermare quello che è giusto su quello che invece è avvertito come inopportuno. Rosa e Samira sono opposti che si osservano e si affrontano a una distanza limite. Figlia di un'altra madre e madre di un'altra figlia, sono selvagge votate alla distruzione vicendevole, corpi in stretto rapporto e dotati dello stesso corredo di dolore. La natura identica e testarda origina allora la tragedia, riflettendole geometricamente e impedendole a praticare la tolleranza e l'integrazione emotiva dell'altro. Calate in un clima 'pagano', che mette in scena le incomprensioni e le follie di una comunità, le protagoniste (si) ingombrano la strada del titolo e lasciano fuori campo il buco, un vuoto, uno strappo, una ferita 'non filmabile'. Oggetto di spettacolo diventa perciò la loro ostinazione all'immobilità. Schierate l'una di fronte all'altra come in un western classico veicolano pulsioni dissidenti e negative, infilando con via Castellana Bandiera il punto di non ritorno. Il duello, celebrazione dell'ordine sulle eventualità disgregative del disordine, nel dramma di Emma Dante genera al contrario una forza distruttiva che diventa espressione fondante della pulsione di morte dei suoi personaggi. Nessuno escluso. Non ci sono regole da stabilire (e da rispettare) in via Castellana Bandiera. Dove la forza produce un diritto e la gente abita lo stesso numero civico, c'è piuttosto da scommettere sul cavallo vincente. Acme del racconto, il duello made in Italy tra una Punto e una Multipla non risolve le tensioni create dalla narrazione ma le provoca definendo geometrie che si dispongono nella profondità delle protagoniste e da lì ripartono contaminando parenti, vicini, curiosi, avventori. Disagio e inesorabilità si distribuiscono frontalmente e si incarnano in donne incapaci di qualsiasi ricognizione, di qualsiasi compassione, di qualsiasi ripresa. Interpretato dalle efficacissime Elena Cotta e Emma Dante, 'affiancata' dalla Clara di Alba Rohrwacher, Via Castellana Bandiera è un film a imbuto che trascina idealmente e concretamente in un gorgo di smarrimento infinito i suoi personaggi. Confronto tragico e lontano da qualsiasi purezza eroica, l'opera prima di Emma Dante ci lascia testimoni muti e agghiacciati. Impossibilitati a intervenire inserendo la retromarcia per evitare la deriva e liberare la strada a un 'paese' bloccato e incapace di ripartire. Se non in direzione della collisione e del suo esito sciagurato. Marzia Gandolfi 

Approfondimenti
rassegna stampa

Voci nel buio


ven 15_11 ore 21,15



Regia: Rodolfo Bisatti
Anno di produzione: 2012
Durata: 90'
Genere: drammatico
Paese: Italia/Slovenia
Produzione: Kineo Film, Arkadena, Axelotil - Pablo
Distributore: Pablo Distribuzione Indipendente


presente in sala il regista Rodolfo Bisatti


Film in collaborazione con Studio Percorsi
e la Fabbrica del Sociale - coordinamento cooperative della Saccisica





VOCI NEL BUIO TRAILER from Rodolfo Bisatti on Vimeo.

Trama
Una famiglia ai margini vive prigioniera del vento, in una città misteriosa: Trieste. Il figlio adolescente, Giovanni, ha perso la vista a quattro anni. Cora, la madre, vive per lui. Il padre, Angelo, un ex professore, sopravvive nell'ombra portando i giornali nelle edicole di notte. L’immobilità e l’isolamento vengono scossi da Dusan, un serbo che disertò i combattimenti del 99 in Kosovo e che ritorna in Italia per accusare Angelo, un tempo impegnato nell’aiuto ai profughi, di aver fatto sparire sua moglie e sua figlia. Angelo, sarà quindi costretto a riaprire gli occhi. “Povero giovane! Come diavolo faceva a sapere che c’era un furgone? Deve averlo sentito. Forse vedono con la fronte. Una specie di senso dei volumi. Peso. Se ne accorgerebbe se levassero di mezzo qualcosa? Sentirebbe un Vuoto”. Dall’Ulisse di James Joyce.

Approfondimenti
sito ufficiale
pagina facebook
scheda completa su cinemaitaliano.info






Un ballo in maschera





domenica 17 novembre 2013 ore 16,30
Un ballo in maschera
di Giuseppe Verdi, dal Teatro Regio di Torino (anno 2012)




7/12 Cine-cena: la cena cinematografica



La sala della Comunità Cinema Marconi e l'associazione culturale Arte del Sogno, che ne cura la programmazione, ti invita a partecipare alla specialissima prima edizione della Cine-cena: la cena cinematografica!


sabato 7 dicembre 2013 – ore 20.30
sala Polivalente del Patronato 
del Duomo di Piove di Sacco (Pd)

MENU
Coraggioso come Il gladiatore,
Maccheronico come Un americano a Roma,
Avventuroso come Thelma & Louise,
Romantico come Chocolat...

BIGLIETTI 
adulto € 20,00 – fino ai 14 anni € 10,00
da 0 a 3 anni gratis.


PREVENDITE A PIOVE DI SACCO (entro il 3 dicembre)
- biglietteria del Cinema Marconi (via Gauslino, 7)
- bar del Patronato (corte Milone, 1)
- ortofrutta Gianni Benvegnù (via Garibaldi 137)

INFO
E. cinema.marconi@gmail.com | T. 338 43 76 352


Il ricavato andrà a sostegno della Campagna Proiettati al futuro per l’aggiornamento 
del proiettore digitale 2K del Cinema Marconi.

Una canzone per Marion

ven 8_11 ore 16.00 e 21.15

GENERE: Commedia, Drammatico
REGIA: Paul Andrew Williams
SCENEGGIATURA: Paul Andrew Williams
ATTORI:
Vanessa Redgrave, Terence Stamp, Gemma Arterton, Christopher Eccleston, Anne Reid, Calita Rainford, Ram John Holder, Bill Thomas
FOTOGRAFIA: Carlos Catalán
MONTAGGIO: Dan Farrell
MUSICHE: Laura Rossi
PRODUZIONE: Steel Mill Pictures, Coolmore Productions
PAESE: Germania



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Ospite della serata il Walk Together Gospel Choir della Scuola di Musica "Salti di tono" di Piove di Sacco, diretto dal jazzista e arrangiatore Franco Nesti. Come il far parte di un coro può migliorare la tua vita e quella di chi ti sta intorno.

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Trama
Arthur e Marion sono una coppia di pensionati londinesi profondamente uniti nonostante i loro caratteri diversi. Marion è positiva e socievole, Arthur è cupo e arrabbiato con il mondo intero. Arthur non comprende l'entusiasmo della moglie nel cantare nel coro locale diretto dalla frizzante Elizabeth. Ma a poco a poco, attraverso la scoperta della musica, verrà toccato dallo stato d'animo del gruppo e dalla gentilezza di Elizabeth.

Recensione
Paul Andrew Williams riprende la recente tradizione delle commedie che parlano di anziani e di seconde possibilità e dei film i cui una coppia anziana si fronteggia con la malattia e la morte per narrare la crescita e il cambiamento di un uomo da sempre chiuso in se stesso.
Se la sua trasformazione è prevedibile, bella e struggente è la parte del film incentrata sul rapporto fra marito e moglie. Molto bravo Terence Stamp, sublime Vanessa Redgrave. (Carola Proto)





Sole a catinelle


sab 9_11 ore 21,15
dom 10_11 ore 18,00 - 21,00

prima visione!

GENERE: Comico, Commedia
REGIA: Gennaro Nunziante
SCENEGGIATURA: Checco Zalone, Gennaro Nunziante
ATTORI: Checco Zalone, Aurore Erguy, Miriam Dalmazio, Robert Dancs, Valeria Cavalli, Orsetta De Rossi, Ruben Aprea, Matilde Caterina, Stefano Sabelli, Daniela Piperno, Lydia Biondi, Augusto Zucchi, Marco Paolini
FOTOGRAFIA: Agostino Castiglioni
MONTAGGIO: Pietro Morana
MUSICHE: Luca Medici
PAESE: Italia 2013




Se sarai promosso con tutti dieci papà ti regala una vacanza da sogno". È questa la promessa che Checco fa al figlio Nicolò. Fin qui tutto bene, il problema è che Checco, venditore di aspirapolvere in piena crisi sia con il fatturato che con la moglie, non può permettersi di regalare al figlio nemmeno un giorno al mare. E quando Nicolò riceve la pagella perfetta, la promessa va mantenuta. Fortuna che a Checco non manca l'ottimismo; partito con la speranza, delusa, di vendere qualche aspirapolvere ai suoi parenti in Molise, si ritrova a casa di Zoe, una ricchissima ragazza che ha un figlio proprio dell'età di Nicolò. Nasce un'amicizia tra i due bambini e Zoe "adotta" Checco e Nicolò e li fa entrare nel suo mondo: inviti a party esclusivi, bagni in piscine fantastiche e ancora yacht, cavalli, campi da golf, serate a Portofino. E naturalmente Checco travolgerà lo stile compassato e in fondo ipocrita di questo mondo con la sua travolgente simpatia e innocente spregiudicatezza. via

L'arbitro

gio 31_10 ore 21.15


GENERE: Commedia
REGIA: Paolo Zucca
SCENEGGIATURA: Paolo Zucca, Barbara Alberti
ATTORI:
Stefano Accorsi, Geppi Cucciari, Francesco Pannofino, Marco Messeri, Benito Urgu, Jacopo Cullin
DISTRIBUZIONE: Lucky Red
PAESE: Italia, Argentina 2013






Trama
L'arbitro Cruciani, detto il principe, è un dei fischietti più in vista nel calcio europeo che conta e quest'anno, vista l'assenza italiana nelle fasi finali potrebbe anche arbitrare l'ambita finale che gli spalancherebbe le porte del Fischietto d'Argento. Intanto in Sardegna nella terza divisione una squadra locale comincia a ribaltare la propria sorte e da ultima nel campionato lentamente risale la china grazie al ritorno dall'Argentina del figlio di un compaesano emigrato. L'obiettivo è raggiungere e magari superare la squadra del paese nemico in una zona che pare vivere solo di pastorizia e rivalità calcistica.


Recensione

Nel 2009 L'arbitro, di Paolo Zucca, vince il premio come miglior corto ai David di Donatello. Nel 2013 L'arbitro, di Paolo Zucca, arriva come lungometraggio alla Mostra di Venezia nella sezione Giornate degli autori. Il regista ha gonfiato la storia in un lungo che funziona da grande prequel, tenendo gli eventi narrati nel corto tutti nell'ultima parte. In questa maniera aver visto o meno il cortometraggio non pregiudica la visione del film ma in un certo senso il prodotto nel suo complesso ne esce sfilacciato.
L'arbitro infatti è dominato da diverse anime che mal si conciliano nè trovano una vera armonia. La storia d'amore, il grottesco felliniano dei volti e dei dialetti, del vento e della recitazione esagerata, unito a quello gretto in stile Ciprì e Maresco, la dimensione estetizzante fornita da un bianco nero pulito e raffinato grazie al quale ogni cielo nero rimanda ai grandi western e ogni controluce disegna sagome perfette, il melodramma accennato delle faide e anche la corruzione sportiva fatta di saune, cattolicesimo, palazzi di potere e convenienze vivono di acuti ma non si amalgamano come dovrebbero. Il film non sembra così un'opera unica ma l'unione di più istanze diverse.
Tuttavia sarebbe miope non notare il talento di Paolo Zucca, regista inventivo e ironico, capace di creare momenti originali su un canovaccio molto abusato dal nostro cinema (le piccole e amabili ridicolaggini della vita provinciale), in grado di disegnare personaggi lontani da ogni epica eppure vicini ad ogni cuore (selezionati con grande abilità di casting), semplicissimi e basilari nella scrittura ma fenomenali nella riuscita filmica. L'arbitro trabocca di invenzioni che parlano molto più della trama: cimiteri da attraversare per giungere ai campetti, cavalli che entrano nei bar per guardare dall'alto verso il basso, allenatori ciechi, superalcolici consumati davanti ai tifosi prima di entrare in campo e molto altro.
Con tutti i suoi difetti L'arbitro è un film che nei suoi momenti migliori trova una potenza non comune, che anche quando si cimenta su un terreno molto usuale, scarta il prevedibile e parla con una voce personale trascendendo la propria trama, riprendendo volti noti (Geppi Cucciari, Stefano Accorsi) in maniere inedite, come corpi che non conosciamo.
Il film di Zucca parla del potere esercitato e di quello subito, riuscendo a farlo molto meglio nel mettere in scena uno sfottò provinciale rispetto a ordire trame nei grandi palazzi del calcio, è più potente e memorabile quando gioca con la musica swing e movenze arbitrali grottesche (la trovata che già animava il corto) che non quando cerca un parallelo tra la corruzione calcistica ad alti livelli e quella politica, vive d'immagini e non di parole. Gabriele Niola

Approfondimenti
rassegna stampa

La prima neve

sab 26_10 ore 21.15
dom 27_10 ore 18.00 e 21.00

Locandina La prima neve
GENERE: Drammatico
REGIA: Andrea Segre
SCENEGGIATURA: Andrea Segre, Marco Pettenello
ATTORI: Giuseppe Battiston, Anita Caprioli, Roberto Citran, Jean Christophe Folly, Matteo Marchel, Peter Mitterrutzner
FOTOGRAFIA: Luca Bigazzi
PRODUZIONE: Jolefilm, Tasci, Trentino Film Commission
PAESE: Italia 2013
DURATA: 104 Min
NOTE: Presentato nella sezione Orizzonti 
al Festival di Venezia 2013.





Trama
Pergine, piccolo paese del Trentino ai piedi della Val de Mocheni. E' lì che è arrivato Dani, fuggito dal Togo e poi nuovamente costretto a fuggire dalla Libia in fiamme. Dani ha una figlia piccola (che gli ricorda troppo la moglie morta per volerle davvero bene) e una meta: Parigi. In montagna, dove ha trovato lavoro presso un anziano apicoltore, fa la conoscenza di Michele, un bambino che soffre ancora per la perdita improvvisa del padre.


Recensione

Andrea Segre prosegue con questo suo secondo film di finzione dopo Io sono Li la personale ricerca del rapporto tra gli esseri umani e i luoghi che ne ospitano le vicende sia che vi appartengano dalla nascita sia che vi siano giunti per i rovesci della sorte.
Come Shun Li Dani è arrivato in un'Italia di cui non conosce le tradizioni ma, a differenza della donna cinese, non subisce le offese del razzismo strisciante. Perché questo film di Segre non vuole ripercorrere le orme dell'opera precedente. Dani l'emarginazione ce l'ha dentro come il piccolo Michele ed è data dal dolore profondissimo di una perdita, di un lutto che sembra impossibile elaborare. Hanno a fianco persone che vorrebbero aiutarli (l'anziano apicoltore per l'uno,la madre per l'altro) ma è come se avessero eretto un muro a difesa della loro sofferenza. Il bosco finisce così per diventare non il luogo fiabesco dove incontrare pericolosi lupi (qui semmai a fare danni è un orso) ma lo spazio, tra luci ed ombre, dove trovare una solitudine che può farsi cammino comune. "Le cose che hanno lo stesso odore debbono stare insieme" dice il vecchio a proposito di legno e miele. Dani e Michele sono impregnati dello stesso odore della deprivazione che li porta a pensare di non essere più capaci di amare coloro che hanno invece più bisogno di loro. Potrebbero avere entrambi bisogno di quella prima neve che offra una nuova visione del mondo, esteriore ed interiore.
Massimo Troisi, dopo il successo di Ricomincio da tre affermava, con la saggezza che lo contraddistingueva, di non voler fare il secondo film ma di voler passare direttamente al terzo. Perché una regola non scritta del cinema di finzione dice che se la prima opera è venuta bene la seconda non sarà altrettanto valida. La prima neve costituisce una delle rare eccezioni alla regola. Giancarlo Zappoli

Approfondimenti
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Sacro GRA

ven 25_10 ore 21.15


GENERE: Documentario
REGIA: Gianfranco Rosi
SCENEGGIATURA e FOTOGRAFIA: Gianfranco Rosi
MONTAGGIO: Jacopo Quadri
PAESE: Italia 2013
DURATA: 93 Min

NOTE: Vincitore del Leone d'Oro per il miglior film al Festival di Venezia 2013.





Trama
Intorno al Grande raccordo anulare di Roma (GRA) si svolgono diverse esistenze. Un nobile piemontese decaduto che vive con la figlia in un appartamento in periferia (accanto ad un dj indiano), un pescatore d'anguille, un esperto botanico che combatte per la sopravvivenza delle palme, un paramedico con una madre affetta da demenza senile, delle prostitute transessuali, un nobile che vive in un castello affittato come set per fotoromanzi, alcuni fedeli che osservano un'esclisse al Divino Amore attribuendola alla Madonna e delle ragazze immagine di un bar.
Nonostante sia raccontato in maniera non lineare, incrociando le diverse storie che il regista ha scelto di seguire, Sacro GRA appare come un road movie che non attraversa nulla, come se il regista avesse solcato un territorio fermandosi in diversi punti per documentarne l'eterogeneità. Invece è un cerchio il percorso battuto in due anni di lavorazione, tragitto che per antonomasia non conduce a nulla ma collega tutto.


Recesione

Intorno alla mastodontica struttura che racchiude Roma Rosi ha studiato l'elemento umano, come sempre avviene nei suoi documentari che partono da un paesaggio per indagare i suoi abitanti. In questo caso il paesaggio umano che si muove nel paesaggio urbano a pochi metri dal raccordo, visto attraverso il montaggio che il regista fa delle decine di ore di materiale girato, diventa un paesaggio cinematografico.
Se il cinema di finzione ha la capacità di fondare la mitologia dei luoghi realmente esistenti in cui sceglie di ambientare le sue storie, Sacro GRA scarta subito la soluzione più semplice solitamente lasciata ai documentari e riprende pochissimo il raccordo in sè. Sono gli uomini a definire il luogo e non viceversa, un'umanità assurda, paradossale e imprevedibile. Persone e caratteri che la realtà sembra ereditare dal cinema (tanto che ci si chiede cosa si sia ispirato a cosa).
Si fa infatti fatica ad accettare la realtà documentaristica delle storie di Sacro GRA tanto il loro svolgersi pare in linea con i dettami e gli stilemi dei generi del cinema. Alcuni segmenti ricordano le commedie italiane anni '50, altri hanno personaggi che parlano di "antipasti della vendetta" e di attacchi come in un film di guerra, altri sono apertamente grotteschi e caricaturali, altri ancora non disdegnano il dramma intimista della vecchiaia o il kammerspiel, con una finestra a fare da frame nel frame.
In ogni caso è la capacità fuori dal normale di Gianfranco Rosi di posizionare la videocamera (quindi scegliere il suo punto di vista sugli eventi) a provocare la trasfigurazione del reale in mitologia del cinema. Come se fosse andato ai confini del mondo (e invece, lo si ripete, ha solo girato in tondo) Rosi riesce a distruggere ogni convenzione documentarista per trovare il cinema nella realtà attraverso lo sguardo e raccontare così il paesaggio umano più vicino a noi (dopo i narcos di El sicario e i messicani di Below sea level). Nato ad Asmara, con nazionalità italiana e americana, nell'85 si trasferisce a New York dove studia alla New York University Film School. Il suo primo mediometraggio, Boatman, risale al 1993 e viene presentato in vari festival internazionali. In seguito presenta alla Mostra del Cinema di Venezia Afterwords, nel 2001, e Below Sea Level, nel 2008, che si aggiudica i premi Orizzonti e Doc/It. Il film vince anche il premio come miglior documentario al Bellaria Film Festival, i Grand Prix e il Prix des Jeunes al Cinéma du Réel del 2009, il premio per il miglior film al One World Film Festival di Praga, il Premio Vittorio De Seta al Bif&st 2009 per il miglior documentario ed è nominato come miglior documentario all'European Film Awards 2009.
Del 2010 è invece il lungometraggio El sicario - Room 164, film-intervista su un sicario messicano che vince diversi premi. Dirige inoltre varie pubblicità progresso, ma il successo vero e proprio arriva nel 2013, quando il suo documentario Sacro GRA, che racconta vite difficili intorno al Grande Raccordo Anulare di Roma, vince il il Leone d'oro al miglior film alla 70ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia. Gabriele Niola 

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Anni felici

sab 19_10 ore 21.15
dom 20_10 ore 18.00 - 21.00


GENERE: Drammatico
REGIA: Daniele Luchetti
ATTORI: Kim Rossi Stuart, Micaela Ramazzotti, Martina Gedeck, Samuel Garofalo, Niccolò Calvagna, Benedetta Buccellato, Pia Engleberth
FOTOGRAFIA: Claudio Collepiccolo
MUSICHE: Franco Piersanti
PAESE: Francia, Italia 2013
DURATA: 100 Min





Trama
1974, Roma. Guido è un artista che vorrebbe essere d'avanguardia, ma si sente intrappolato in una famiglia troppo borghese e invadente. Serena, sua moglie, non ama l'arte, ma ama molto l'artista e infatti lo "invade". I loro figli, Dario e Paolo, 10 e 5 anni, sono i testimoni involontari della loro irresistibile attrazione erotica, dei loro disastri, dei tradimenti, delle loro eterne trattative amorose. Tra happenings artistici, colpi di testa, film in super 8, pigre vacanze, design e confessioni, il film racconta gli anni felici - ma che sembravano infelici - di una famiglia che, provando ad essere più libera, si ritrova in una prigione senza vie di fuga. Riusciranno a salvarsi?

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Mood Indigo - La schiuma dei giorni


ven 18_10 ore 21.15


GENERE: Commedia, Drammatico
REGIA: Michel Gondry
SCENEGGIATURA: Laurent Turner
ATTORI: Audrey Tautou, Romain Duris, Charlotte Le Bon, Gad Elmaleh, Omar Sy, Jamel Debbouze, Vincent Lindon, Jean-Pierre Darroussin
FOTOGRAFIA: Christophe Beaucarne
MUSICHE: Étienne Charry
PAESE: Francia 2013
SOGGETTO: Dal romanzo di Boris Vian "La schiuma dei giorni" (ed. Marcos y Marcos)





Trama
Colin è un giovane uomo che spende le sue giornate dentro una casa e una città surreali. Ricco di una fortuna sufficiente a permettergli di vivere senza lavorare, è accudito da un topo e da un cuoco che coltiva una cucina 'decorativa' e cita Jules Gouffé. A una festa Colin si innamora di Chloé, a cui chiede molto presto mano e cuore. Pazzo di gioia suggerisce a Chick, amico fraterno e compagno di pianococktail, di sposare la sua Alise per vivere come lui felice e contento. La dote che Colin mette generosamente a disposizione del matrimonio dell'amico viene però impiegata nell'acquisto di opere di Jean Sol Patre, filosofo esistenzialista con pipa e cravatta. Ossessionato dalla propria collezione, Chick rimanda le nozze con Alise e partecipa al matrimonio e alla felicità di Colin, minacciata da una malattia che cova nel petto bianco di Chloé. Colin impegna tutto il suo denaro in fiori di dolorosa bellezza per contrastare l'effetto esiziale di una ninfea letale che vorrebbe soffocare l'amata. Addolorato e sempre più povero, comincia a lavorare mentre la casa intorno a lui si restringe e il mondo impazzisce inghiottendo tutti quelli che ama.




Recensione
Secondo Raymond Queneau "La schiuma dei giorni" è forse il più straziante dei romanzi d'amore. Una storia semplice quella di Boris Vian, che sviluppa i suoi personaggi in un universo poetico e inaspettato dove amore, malattia e morte si esibiscono sulle note jazz e nel mood indaco di Duke Ellington. E tra l'azzurro e il viola si muove pure la trasposizione cinematografica di Michel Gondry, che col romanzo di Vian è cresciuto e ha nutrito la sua immaginazione. Dopo aver applicato alla materialità delle immagini l'arte del sogno (Be Kind Rewind), elogio sublime del cinema e dell'analogico, Gondry mette mano e cuore a un romanzo affamato di vita come il suo autore. Il lirismo scoperto del suo cinema lo rendeva candidato ideale a trasferire sullo schermo il surrealismo, la schizofrenia onirica, l'eccentricità oggettistica, l'animismo e l'impossibilità della felicità amorosa delle pagine di Boris Vian.
E invece qualcosa nella traduzione si è perso ingombrando il film, dove la ridondanza della scenografia strangola i personaggi e soffoca i sentimenti. Mood Indigo - La schiuma dei giorni 'porta fuori' il mondo interiore di Colin e Chloé, dissipandolo nelle loro azioni e negli effetti speciali artigianali. L'eccezionale inventiva di Vian si annulla in quella altrettanto traboccante di Gondry, producendo una distanza emotiva quasi insormontabile tra film e spettatore. Diversamente dalle opere precedenti, l'esplosione di immaginario non innesca una rigenerazione capace di riscrivere la realtà col furore di un poeta. È nel secondo atto, quello tragico di una malattia che non permette di invecchiare, che il film si incendia. Mood Indigo - La schiuma dei giorni splende nel tempo in cui perde letteralmente il colore e scolora in un bianco e nero dove il mondo, la vita e i sentimenti assumono contorni incerti, sfumando l'uno nell'altro. La malattia e la morte non trasformano solo le persone ma cambiano anche gli spazi, li riducono come la casa di Colin e Chloé, che si riproporziona nelle dimensioni e alle dimensioni di un topo grigio dai baffi neri, testimone muto della rovina economica e della caducità dei corpi.
Sagome da set intagliate nell'arte del sogno sono Romain Duris e Audrey Tautou, miniature in cerca di una dimensione reale in cui amarsi e viversi prima che la natura faccia scempio dei loro cuori. Dolci e gentili, infantili e illusori, cantano l'incanto totale dell'amore sopra una nuvola e una Parigi (in)distinguibile. Smantellando e riassemblando i materiali organici del fare cinema, Gondry realizza un film di geometrie implosive e di oggetti reali destinati ad animarsi nelle sue mani e nel suo sguardo che, a un passo dalla fine, afferra la luce di Boris Vian e il fiore malvagio che l'ha spenta.
Marzia Gandolfi

Approfondimenti
rassegna stampa

Aspirante vedovo

sab 12_10 ore 21.15
dom 13_10 ore 18.00 e 21.00


GENERE: Commedia
REGIA: Massimo Venier
SCENEGGIATURA: Massimo Venier, Ugo Chiti, Massimo Pellegrini
ATTORI: Fabio De Luigi, Luciana Littizzetto, Ale, Francesco Brandi, Roberto Citran, Bebo Storti, Ninni Bruschetta
PRODUZIONE: IBC Movie, Rai Cinema
DISTRIBUZIONE: 01 Distribution
PAESE: Italia 2013
DURATA: 84 Min
NOTE: Remake della commedia "Il vedovo" di Dino Risi del 1959 con Alberto Sordi e Franca Valeri. 






Trama
Alberto Nardi si dà arie da imprenditore giovane e dinamico ma per adesso è riuscito solo a collezionare un fallimento dopo l'altro. L'unico suo vero affare, sulla carta, è stato quello di sposare Susanna Almiraghi, grande industriale del Nord, una della donne più ricche e potenti del paese. Susanna, però, non ne può più di quel marito cialtrone e inconcludente e ha deciso di lasciarlo affogare nei suoi debiti. Per Alberto è la fine, ma il destino sembra volergli dare una mano: Susanna rimane vittima di un incidente aereo. Di colpo Alberto si ritrova miliardario, l'impero di sua moglie adesso è suo e già si atteggia a grande capitano d’industria. Purtroppo per lui il sogno dura poco: Susanna su quell'aereo non è mai salita, nel giro di ventiquattrore l'equivoco si risolve ed eccola di nuovo in sella, più dura e risoluta di prima mentre Alberto torna ad essere solo e soltanto il marito dell’Almiraghi. Ma quelle poche ore hanno lasciato il segno, Alberto ci ha preso gusto e inizia a pensare al modo per liberarsi di sua moglie e tornare a recitare il ruolo a lui più congeniale: Aspirante vedovo. via

Approfondimenti
Intervista a Fabio de Luigi

Royal Affair


ven_11_10 ore 21,15

GENERE: Drammatico, Storico, Sentimentale
REGIA: Nikolaj Arcel
SCENEGGIATURA: Nikolaj Arcel, Rasmus Heisterberg
ATTORI: Alicia Vikander, Mads Mikkelsen, Mikkel Boe Følsgaard, Trine Dyrholm, David Dencik, Thomas Gabrielsson
MUSICHE: Gabriel Yared, Cyrille Aufort
PAESE: Danimarca, Svezia, Repubblica Ceca 2012
DURATA: 128 Min






Trama
Christian VII di Danimarca a 17 anni è già re e sposa la cugina principessa Caroline Matilda sorella del re d'Inghilterra Giorgio III. Dopo il matrimonio la sua instabilità mentale si accentua manifestandosi in una promiscuità sessuale che esclude, salvo che per la procreazione di un erede, la moglie dai rapporti. Strumento del tutto passivo di un Consiglio di Corte assolutamente reazionario Christian cambia atteggiamento dopo aver conosciuto Johann Friedrich Struensee. Costui è un medico tedesco convinto assertore delle idee dell'Illuminismo il quale, divenuto suo dottore personale, riesce a instillare i propri ideali nel re il quale li impone ai suoi ministri sempre meno disposti a ottemperare ai suoi ordini. Intanto la sempre più negletta Caroline inizia una relazione con Struensee.
Chi non è cultore della storia danese inizialmente, dinanzi a questo film, può pensare di trovarsi dinanzi a una ben costruita narrazione di un triangolo amoroso in costume d'epoca. Invece il plot di base corrisponde rigorosamente a quanto accaduto e riportato non solo nei manuali scolastici ma anche in 15 libri nonché in un'opera lirica e in un balletto. Difficile non cadere nelle maglie della ricostruzione finalizzata alla relazione sentimentale in questi casi. Arcel ci é riuscito.

Recensione
Il film ci propone uno sguardo inedito su un Paese nordico del quale conosciamo spesso solo vagamente il passato. Riesce cioè a mostrare, non dimenticando mai lo spettacolo, la perigliosa penetrazione delle idee dell'Illuminismo in un contesto finalmente diverso da quello francese a cui il cinema ci ha abituato. La grettezza di una Corte che si avvantaggia dell'instabilità psichica di un re e che vede pian piano prendere piede idee pericolose che provengono da un altro manipolatore, il medico privato di sua maestà è descritta con misura ma anche con acutezza. La manipolazione di Struensee è però a favore di un popolo ridotto nelle peggiori condizioni al quale si vogliono offrire vaccinazioni e fognature. Abolire la tortura per ottenere confessioni è ancora oggi per molti un'idea peregrina. Figurarsi all'epoca.
Ecco allora che quella che avrebbe potuto proporsi come l'ennesima e poco interessante storia di amori nascosti e di tradimenti palesi oppure, ancor più banalmente, nel ritratto di un re pazzo diviene occasione per riflettere su un periodo storico complesso dal quale, nonostante una repressione tanto ottusa quanto feroce, nacque l'età moderna che sembra non aver ancora fatto propri, se non sulla carta, alcuni di quei princìpi. Giancarlo Zappoli

Approfondimenti
Rassegna stampa

Universitari - molto più che amici

sab 5_10 ore 21,15
dom 6_10 ore 18,00 - 21,15

GENERE: Commedia
REGIA: Federico Moccia
SCENEGGIATURA: Federico Moccia, Ilaria Carlino
ATTORI: Simone Riccioni, Brice Martinet, Primo Reggiani, Maria Chiara Centorami, Nadir Caselli, Sara Cardinaletti, Paola Minaccioni, Enrico Silvestrin, Luis Molteni, Maurizio Mattioli, Barbara De Rossi, Amanda Sandrelli
PRODUZIONE: Prodotto da Marco Belardi per Lotus Production e da Medusa Film
PAESE: Italia 2013
DURATA: 90 Min
Sito Ufficiale




Trama
Carlo, Faraz e Alessandro, sono tre universitari fuori sede, che dividono una casa. Anzi no, non proprio una casa: "Villa Gioconda", una ex clinica in disuso che il padrone ha deciso di affittare a studenti fuori-sede, senza neanche rimetterla troppo a posto. Convivere tra maschietti è facile, ognuno col proprio disordine, con le proprie non-regole, con il proprio metodo di studio. L'universo maschile in cui vivono, però, sta per essere invaso dalle donne. Il padrone di casa decide di affittare anche a ragazze, contravvenendo a una vecchia regola da lui imposta anni addietro. Saranno così Francesca, Giorgia ed Emma ad irrompere a ‘Villa Gioconda’ sconvolgendo l'instabile equilibrio cameratesco e mettendo la casa in subbuglio. Carlo, Giorgia, Emma, Alessandro, Faraz e Francesca, affrontano così un anno di università insieme: quel lungo momento magico e durissimo in cui ci si prepara il futuro con le proprie mani, quella specie di ultima vacanza prima di fare davvero sul serio nella vita. A poco a poco ognuno si stacca dal proprio nido e spicca il volo da solo, non prima d’aver creato una nuova, confusissima, divertente e tumultuosa famiglia allargata, che è quella degli amici. Ed ecco che anche una vecchia clinica con l’impianto elettrico marcio e qualche sedia a rotelle in cantina, può improvvisamente diventare teatro di un’avventura folle e indimenticabile. Indimenticabile come gli anni dell’università e degli amori che si vivono a vent'anni.
http://www.comingsoon.it/



Il caso Kerenes


ven 4_10 ore 21,15
inizia la rassegna venerdì d'essai

GENERE: Drammatico
REGIA: Calin Peter Netzer
SCENEGGIATURA: Razvan Radulescu, Calin Peter Netzer
ATTORI: Luminita Gheorghiu, Bogdan Dumitrache, Natasa Raab, Florin Zamfirescu, Vlad Ivanov, Ilinca Goia
MONTAGGIO: Dana Bunescu
PRODUZIONE: Parada Film, Hai Hui Entertainement, HBO Romania
PAESE: Romania 2013
DURATA: 112 Min

VINCITORE DEL FESTIVAL DEL CINEMA DI BERLINO 2013





Trama e recensione
Cornelia ha sessant'anni, un marito di cui ha scarsa stima e un figlio, Barbu, di 34 anni che convive con una donna divorziata. Cornelia vorrebbe che Barbu continuasse a comportarsi come il bambino di un tempo ascoltando i suoi consigli e mettendoli in pratica. Il figlio la evita più che può fino a quando un giorno investe ed uccide con la sua auto un bambino. Cornelia decide di prendere in mano la situazione per evitare al figlio la galera.
Le madri tigre che non consentono alcuna possibilità di autonomia ai figli neppure dopo che questi hanno lasciato la casa natale e tentano di creare un proprio universo non sono certo poche nella realtà e il cinema le ha ritratte in più occasioni. Ciò che è difficile è mantenere in luce questo aspetto allargando però lo sguardo a una società. È un'operazione che è riuscita a Netzer. Il quale descrive con grande precisione (supportato da un'attrice intensamente calata nel personaggio come Luminita Gheorghiu) il rapporto malato che Cornelia sa instaurare con chiunque la circondi (ivi compresa la colf). Il suo bisogno di controllo (mascherato sotto la forma di disinteressati consigli) è assoluto e conservato con la tecnica pugilistico-psicologica del lavoro ai fianchi. Il cavallo di Troia è sempre e comunque il senso di colpa che cerca di instillare nel figlio il quale è ormai incapace di affrontare qualsiasi altra opzione che non comporti la fuga dalle responsabilità. Sullo sfondo, ma messa a fuoco da una sceneggiatura capace di un work in progress efficace, c'è la Romania di oggi.
Sembrano passati secoli da quando nel 1989 la dittatura da satrapo di Nicolae Ceausescu cadeva in seguito alla sua condanna a morte. Il film per tre quarti della sua durata ci mostra un mondo di alta borghesia in grado di utilizzare il denaro per qualsiasi scopo. Sembra di rivedere alcune scene di Tre colori - Film bianco di Kieslowski fino a quando, a bordo di una BMW e con lo scopo di 'comprare' il ritiro della denuncia nei confronti di Barbu, ci ritroviamo nella campagna povera in cui ciò che più conta è una dignità che forse saprà dare al denaro il suo giusto peso e valore. Come coscienza e morale ancora fortunatamente esigono. Giancarlo Zappoli

Approfondimenti
rassegna stampa

L'intrepido


Ritorna la programmazione del weekend del Cinema Marconi di Piove di Sacco!

ven 27_09 ore 21.15
sab 28_09 ore 21.15
dom 29_09 ore 18.00 - 21.00

GENERE: Drammatico
REGIA: Gianni Amelio
SCENEGGIATURA: Gianni Amelio, Davide Lantieri
ATTORI: Antonio Albanese, Sandra Ceccarelli, Alfonso Santagata, Livia Rossi, Gabriele Rendina
FOTOGRAFIA: Luca Bigazzi
PAESE: Italia 2013
DURATA: 104 Min
NOTE: In concorso al Festival di Venezia 2013





Antonio Pane vive a Milano e ha un lavoro particolare: fa il 'rimpiazzo' cioè sostituisce gli assenti in qualsiasi tipo di attività; un giorno può essere muratore, in quello successivo tramviere e così via. Antonio è un uomo fondamentalmente solo: la moglie lo ha lasciato per unirsi a un uomo dalle fortune decisamente più certe e il figlio studia sassofono contralto al Conservatorio e cerca in qualche modo di aiutare il genitore. Un giorno, a un esame di Stato, Antonio conosce una giovane donna, Lucia, a cui offre un aiuto disinteressato.
Gianni Amelio, dopo l'intenso tuffo nel passato in compagnia dell'Albert Camus de Il primo uomo torna a raccontarci l'Italia di oggi attraverso la figura di un precario all'ennesima potenza, un uomo che ogni giorno non sa in quale mansione verrà impiegato il mattino successivo. Per quanto del tutto instabile nella vita lavorativa, Antonio ha una profonda coerenza morale, la sua è una dignità che si rifà esplicitamente a Charlot e che, nell'apparente follia della fiducia nell'essere umano, si rispecchia nel Totò di Miracolo a Milano.
Amelio ci ricorda quanto possa essere difficile, quando non addirittura tragico, vivere il presente, in particolare per le nuove generazioni. In questo trova un valido supporto nella sempre intensa fotografia di Luca Bigazzi (che 'costruisce' una Milano architettonicamente 'lontana' dalle persone sia che ci si trovi in zona Garibaldi piuttosto che a Rogoredo) e nella recitazione di Albanese che sembra sfiorare la realtà nel timore, forse inconscio, di finirne contaminato.

Oltre 500 locandine da acquistare!



Dai cartoni animati dello "zio Walt" alle animazioni di Monsters & Co., passando per le avventure Fantozziane e i mondi rievocati da Jurassic Park... sono più di 500 le locandine recuperate dagli archivi della sala della comunità Cinema Marconi (un grazie particolare a Gianni Benvegnù) e disponibili al pubblico.

Ecco l'elenco aggiornato.

I prezzi vanno da un minimo di 5 ad un massimo di 15 euro e il ricavato è devoluto interamente alla campagna di raccolta fondi Proiettati al futuro, per l'aggiornamento del proiettore digitale della sala.

Le locandine sono acquistabili allo stand dell'Associazione Arte del Sogno durante la Fiera delle Associazioni di domenica 22 settembre a Piove di Sacco (piazza Incoronata) e anche in atrio del Marconi durante la stagione cinematografica.

DeLorean



Domenica 22/9 in occasione della Fiera delle Associazioni a Piove di Sacco sarà presente il banchetto dell'aAssociazione Arte del Sogno con due iniziative importanti  per la campagna raccolta fondi PROIETTATI AL FUTURO per l'aggiornamento del proiettore digitale del Cinema Marconi:


  • mostra mercato di locandine  dei film proiettati al Cinema Marconi
  • esposizione della mitica DeLorean di "Ritorno al futuro"!
    Sarà possibile farsi scattare una foto a bordo (dalle 9 alle 13).
  
Vi Aspettiamo...passa parola!








buone vacanze


Ci rivediamo a metà settembre!
Se hai idee, suggerimenti o se vuoi partecipare come volontario alle prossime attività 2013>2014 del cinema Marconi, scrivici a cinema.marconi@gmail.com oppure contattaci alla pagina Facebook

LA GRANDE BELLEZZA


prima visione! 
ven 24_5 ore 21.15
sab 25_5
ore 21.15
dom 26_5 ore 18.00 e 21.00

ven 31_5 ore 21.15
sab 01_6
ore 21.15
dom 02_6 ore 18.00 e 21.00


GENERE: Drammatico
REGIA: Paolo Sorrentino
SCENEGGIATURA: Paolo Sorrentino, Umberto Contarello
ATTORI: Toni Servillo, Carlo Verdone, Sabrina Ferilli, Serena Grandi, Vernon Dobtcheff, Isabella Ferrari, Luca Marinelli, Giorgio Pasotti, Giulia Di Quilio, Massimo Popolizio, Giorgia Ferrero, Roberto Herlitzka, Carlo Buccirosso, Pamela Villoresi, Ivan Franek, Stefano Fregni
FOTOGRAFIA: Luca Bigazzi
MONTAGGIO: Cristiano Travaglioli
MUSICHE: Lele Marchitelli
PAESE: Francia, Italia 2013
DURATA: 142 Min




Trama
Il nuovo film di Paolo Sorrentino, interpretato da un cast di grandi attori italiani. Roma si offre indifferente e seducente agli occhi meravigliati dei turisti, è estate e la città splende di una bellezza inafferrabile e definitiva. Jep Gambardella ha sessantacinque anni e la sua persona sprigiona un fascino che il tempo non ha potuto scalfire. È un giornalista affermato che si muove tra cultura alta e mondanità in una Roma che non smette di essere un santuario di meraviglia e grandezza.

Recensione
Forse l’opera più ambiziosa di Sorrentino fino ad oggi, La grande bellezza è un film che vive delle stesse contraddizioni che racconta, di eccessi barocchi e intimità commoventi, momenti di un surrealismo concretissimo come di puro e cristallino godimento estetico essenziale, di una crepuscolarità costante e ininterrotta perfino dalla luce del giorno e momenti di straordinaria lucidità su sé stessi e sul mondo.
Un film opulento per ragionata necessità, ma nel quale il regista trova perfino, niente affatto paradossalmente, lo spazio per calmierare la scalmatezza della sua vorticosa macchina da presa. (Federico Gironi)