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Visualizzazione dei post da ottobre, 2009

The Line

the line from Ivan Phinogeyev on Vimeo.



Un cortometraggio russo che racconta la vita e la morte in perfetto stile surrealista.

sceneggiatura e regia: Boris Dobrovolskiy
riprese: Ivan Phinogeyev
artist: Elizabeth Tsymbarevich
suono: Nelly Ivanova

via


Aspettando "Lo spazio bianco"

Francesca Comencini presenta "Lo spazio bianco"



Lo spazio bianco di Francesca Comencini racconta con sensibilità l'attesa di una donna accanto alla figlia nata prematuramente
È un tempo spezzato, senza più direzione e senso, quello in cui rischia di perdersi la protagonista di Lo spazio bianco (Italia, 2009, 96'). Tratto da un libro di Valeria Parrella, il film di Francesca Comencini e della cosceneggiatrice Federica Pontremoli racconta la storia di una maternità. Anzi, racconta la storia di due maternità, una anche di sangue e di carne, e l'altra solo di testa e di cuore. Non più giovanissima, ogni sera Maria (Margherita Buy) insegna italiano a un piccolo gruppo di uomini e donne adulti. È un mestiere minore, il suo. Almeno, così lo valuterebbe l'immaginario dominante e vincente. Tra i suoi allievi ci sono immigrati, disoccupati, in genere scarti, residui di una società crudele e distratta. Questa è la sua prima maternità, questa sua "cura" generosa e silenziosa di un'umanità altrimenti abbandonata. Maria è non solo insegnante, ma anche madre dei suoi allievi. Li accompagna verso un traguardo, la licenza media, che per loro può essere l'inizio di una vita nuova.
In questa sua maternità di testa e di cuore, appunto, Maria è sola. Sera dopo sera, la piccola classe viene spostata in giro per Napoli: ora in un'aula provvisoriamente "rubata" a una scuola diurna, ora in qualche palazzo pubblico inutilmente colmo di antichi splendori, ora in uno squallido e anonimo deposito perduto nel degrado urbano. Lo stato non li vuole,né li vuole la città,questi scarti e residui d'esseri umani. Anche lei, Maria, sembra vivere una vita ai margini della vita. È sola, forse dopo un amore finito. Di sicuro, la felicità che le resta non va molto oltre la platea di un cinema nel quale passa i suoi pomeriggi. Questo è il suo tempo, dunque: un susseguirsi ordinato e grigio di giorni e di ore, in un presente che non lascia spazio all'imprevisto. Poi, proprio al cinema, incontra Pietro (Guido Caprino). Forse è un inizio, qualcosa che può muovere la sua vita verso il futuro. E quando resta incinta quel futuro sembra a portata di mano. In fondo, non conta che Pietro fugga via, spaventato dalla responsabilità. Conta che un figlio (una figlia) stia per entrare nella sua solitudine, aprendola e cancellandone il grigio. Non si direbbe una storia "straordinaria", questa raccontata da Lo spazio bianco, se non per il distacco inusuale di Maria dalla volgarità quotidiana e dalla quotidiana indifferenza. Per il resto, sembra una normale vicenda di biografie che s'avvicinano e poi s'allontanano, ognuna dando la misura di sé, del proprio coraggio o della propria paura. Invece, di colpo, nella sua storia entra l'eccezione, una delle più terribili. La figlia che le sta nascendo le viene strappata via da qualcosa che le si ribella contro nel suo stesso corpo. È questo che spezza il tempo, il suo e quello della narrazione cinematografica. Così come ai suoi occhi, anche ai nostri il prima e il poi si confondono. Con intelligenza e sensibilità, la sceneggiatura non si preoccupa di mettere in fila, uno dietro l'altro, i fatti che portano Maria in ospedale, e che la costringono a passare giorni e settimane accanto al bianco tecnologico e asettico di un'incubatrice. Semplicemente, improvvisamente, la racconta e la mostra svuotata della vita che la riempiva, e anzi svuotata d'ogni vita.
La sua angoscia, sconfinata e inafferrabile, nasce dalla separazione fisica da Irene, come la convince a chiamare la figlia non ancora nata Giovanni (Gaetano Bruno), il "dottorino" che la assiste. E questa angoscia la induce a smettere d'esser madre dei suoi allievi, che abbandona alla loro fatica d'ogni sera. D'altra parte, non c'è più sera e non c'è più giorno nella sua vita. Immobile, quasi incatenata all'incubatrice, il tempo le si è ridotto a un presente senza direzione né senso. Del passato le giungono solo immagini frammentarie: l'amore di Pietro, soprattutto, e la sua fuga nella simmetria insensata della marcia di un gruppo di turisti irreggimentati in piazza del Plebiscito, nel centro di Napoli; e poi anche lo spezzarsi nel suo corpo del legame con la figlia. Quanto al futuro, ogni sua immagine s'è persanella mancanza che le si è aperta dentro.
Questa mancanza, per paradosso, è però anche tutto ciò che le resta. Solo lì, in quello spazio vuoto abissalmente suo, può e deve ritrovarsi. Nella figlia non ancora nata, ma neppure ancora morta, può e deve imparare a diventar madre, o a ridiventarlo: madre di Irene, e madre anche degli scarti e dei residui d'umanità affidati alla sua cura d'insegnante. Con amore e pudore, il cinema di Francesca Comencini e la recitazione di Margherita Buy la accompagnano in questo suo lavoro interiore, in questa sua difficile, incerta, coraggiosa ricostruzione del tempo.
Da Il Sole-24 Ore, 25 Ottobre 2009

1.2,3,...

Vi proponiamo questo divertente modo di contare:

Lenny Abrahamson

Oggi vi parliamo di Lenny Abrahamson, regista che incontreremo venerdì con il film Garage.

Nel giugno dello scorso anno Lenny Abrahamson ha seupervisionato la realizzazione di un film collettivo realizzato in occasione del Darklight Film Festival

Dublin 26-06-08: the Movie from Dublin the Movie: 26-06-08 on Vimeo.

Questo film è stato interamente girato tra le 12.01 e le 23.59 del 26 giugno 2008:
una sorta di archivio Frankenstein della città di Dublino e delle vite di giovedi 26 giugno 2008.
Il prodotto finale è un collage di 30 esperienze visive girate da team o singoli filmmaker: dei migliori talenti artistic i irlandesi.
Il regista Lenny Abrahamson ha curato l'intero film e remixato la modifica in 4 giorni.
Questi i filmmakers:
Rebecca Daly | Peter 'Magic' Johnson | Gavin Kelly/Piranha Bar | Rachel Rath/The Attic Studio | Carmel Winters | Jason Figgis | Yolanda Barker | Simon Gibney | Frances Roe | Conor McMahon | Jessie and Sue LoveAction | Aine Ni Fhaolain | Marc-Ivan O'Gorman | Derek O'Connor | Paddy Jolley| Emer Martin | David Crann | Aaron O'Reilly | Conor Barry et al | Graham Cantwell | Donal Scannell | Ruairi O Brien | Tristan Hutchinson | Daniel O'Hara | Miriam and Diolmhain | Ingram | Kevin Marron| Vj Voytas | Denise Woods | Jesus Urda | Enda Mac Nally, Michael Lathrop, David Chandler | Andrew McAvinchey | Lenny Abrahamson | Declan Lynch

Il tutto ci riporta ai tempi dei Misteri di Roma, film collettivo coordinato da Cesare Zavattini.

Skhizein Animation


Vi presentiamo questo curioso cortometraggio dell'illustratore francese Jeremy Clapin

All'opera!



Inizia domenica 1° novembre la rassegna "Opera 2009-2010" che vedrà la proiezione ogni prima domenica del mese di una famosa Opera dai più belli teatri d'Italia.

dom 01_11 ore 17


un’opera di Giuseppe Verdi
dall’Arena di Verona

Direttore: Daniel Oren
Regia: Denis Krief
Scenografia: Denis Krief
Costumi: Denis Krief
Maestro del coro: Marco Faelli
Direttore del corpo di ballo:
Maria Grazia Garofoli
Interpreti:
Nabucco – Leo Nucci
Ismaele – Fabio Sartori
Zaccaria – Carlo Colombara
Abigaille – Maria Guleghina
Fenena – Nino Surguladze
Gran Sacerdote di Belo – Carlo Striuli
Abdallo – Carlo Bosi
Anna – Patrizia Cigna
Nuovo Allestimento
Orchestra, Coro, Corpo di ballo e tecnici
dell’Arena di Verona


biglietto intero € 12 - biglietto ridotto opera under 20 anni € 6

Per le successive proiezioni consultate il menu a destra.

Garage

ven 30_10 ore 21.15


Regia: Leonard Abrahamson
Sceneggiatura: Mark O'Halloran
Attori: Pat Shortt, Anne-Marie Duff, Conor Ryan, Don Wycherley
Fotografia: Peter Robertson
Musiche: Stephen Rennicks
Produzione: Element Pictures, Broadcasting Commission of Ireland, Film4
Paese: Irlanda 2007
Genere: commedia/drammatico
Durata: 85 min



Un'anonima e semi deserta cittadina irlandese. Un luogo grigio e monotono dove tutti conoscono tutti, dove il bar in cui andare la sera è uno solo. Josie potrebbe essere il classico "matto del vilaggio": vive e lavora da sempre in una stazione di servizio, ha la bontà propria dell'ingenuità e il sorriso sempre pronto. Un giorno ad aiutarlo nel lavoro arriva David, adolescente altrettanto solitario e buono. Quest'incontro cambierà per sempre la vita di Josie.
Garage, vincitore al Festival di Torino nel 2007, è un piccolo grande dramma della solitudine. È un'indagine umana, scarna e diretta, sulla vita di un uomo e sulla società che lo circonda. Josie, interpretato con grande maestria e partecipazione da Pat Shortt, è un uomo che vive in un mondo tutto suo, fatto di lavoro e piccole conversazioni, di scherni da parte dei bulli del paese e di confidenze da parte di coloro che sono più soli di lui. Un uomo disponibile, un uomo onesto, un uomo che ha delle qualità poco adatte alla società del terzo millennio e che quindi diventa disadattato.
Il regista Lenny Abrahamson racconta questa esistenza e la solitudine che la circonda con schiettezza e rigore donando alla pellicola un sapore bivalente: se addirittura si arriva a ridere o quanto meno a sorridere, è un riso amaro, che lascia immediatamente spazio a una tenerezza malinconica e riflessiva.
Un piccolo grande film, grigio e insieme colorato: se infatti tutto l'ambiente che circonda Josie è fatto di tinte plumbee è proprio quest'uomo a dare gioia. Facendo capire quanto sia obbligatorio essere ottimisti e felici di tutto ciò che ci circonda. Perché anche la vita che apparentemente sembra essere la più desolata e triste ha in sé delle piccole grandi gioie da cogliere senza titubare.
Un personaggio che ricorda un po' quelli loachiani, dalla purezza indiscussa e dalla forza di volontà disarmanti. Un film (che arriva con grande ritardo nelle sale italiane) da vedere per apprezzarne la genuinità e il sapore d’altri tempi. Letizia della Luna

Lo spazio bianco


sab 31_10 ore 21.15
dom 01_11 ore 21.00

sab 07_11 ore 21.15
dom 08_11 ore 18.00 e 21.00

REGIA: Francesca Comencini
CAST: Margherita Buy, Salvatore Cantalupo,
Guido Caprino, Maria Paiato, Gaetano Bruno,
Antonia Truppo, Giovanni Lude
GENERE: Drammatico
ANNO PROD: 2009
NAZIONALITÀ Italia






Maria, insegnante di italiano in una scuola serale di Napoli, vive da sola, senza genitori né amanti. Tra una confidenza all’amico Fabrizio e un ballo in discoteca, trascorre i pomeriggi al cinema, dove incontra Pietro, ragazzo padre in preda a una crisi isterica del figlioletto. I due si frequentano, hanno una relazione e Maria rimane incinta. Alla notizia, il compagno non ne vuole sapere, rifiuta di partecipare alla gravidanza, non vuole prendersi responsabilità e, quando la bambina nasce prematura, Maria dovrà affrontare il calvario dell’attesa completamente da sola.
La nascita di un bambino prematuro spezza il naturale percorso di crescita di madre e bambino. Con l’interruzione – seppur transitoria - dell’evoluzione fisica della piccola creatura, si sospende anche la preparazione psicologica di chi lo ha portato in grembo fino a quel momento. Impotente di fronte ad un’incubatrice algida e ostile, Maria non può fare altro che rimanere in attesa di un’epifania che illumini una strada da seguire. La rivelazione del destino di Irene, indecisa tra nascita e morte, ‘incubata’ anch’essa in un processo di maturazione, si trattiene e svela, con parsimonia, solo piccoli segni di vita: il monitor che conferma il battere del cuoricino, e il ritmo, fin troppo costante, del respiro costretto a tubi e pompe ospedaliere.
Il tempo passa, lasciando il segno del suo spietato scorrere verso il futuro sull’animo della madre, costretta a rimanere bloccata nello ‘spazio bianco’ del titolo, dove vita e morte coincidono. La toccante storia di Maria, alle prese con una gravidanza inaspettata e tardiva, viene narrata con dolcezza, senza accomodanti: la protagonista, inizialmente infastidita da tutte le preoccupazioni tipiche da mamma (i primi vestitini e i disegni infantili), impara assieme alla figlia ad avvicinarsi al compito della maternità. Non è sicura di voler accettare la responsabilità di una bimba da crescere, fatica ad avere pazienza, vorrebbe scoprire subito se la piccola Irene ce la farà. La figura di Margherita Buy, svestita dai tic nervosi a cui ci ha abituato, viene incessantemente seguita dalla macchina da presa e inquadrata in primi piani commoventi, difficili da sostenere. Attorno a lei, si muovono personaggi che hanno subito il dramma della rinuncia: la dirimpettaia magistrato, costretta a vivere scortata e lontano dai figli, gli attempati alunni della scuola, in difficoltà con Dante e Leopardi, le madri dell’ospedale, private della giovinezza dall’arrivo casuale di un figlio. Sono figure di contorno che vanno avanti, accecate dalle incombenze quotidiane, ma capaci di esprimere grande umanità. In qualche modo, tutte contribuiscono a dare un senso compiuto alla maternità di Maria, aiutandola ad affrontare il dolore, anche quando rimangono apparentemente lontani dall’evoluzione degli eventi.
Lo stile narrativo della Comencini, posato e realistico come in passato, si apre questa volta anche alla forza visionaria di alcune scene surreali (il ballo delle madri, la scomparsa di Pietro dietro una folla di scout in piazza Plebiscito), intermezzi dell’anima che esprimono la parte più intima e personale della protagonista. Nell’attesa di un segno rivelatore, di un cambiamento, di un assestamento, le tende dell’ospedale si aprono e si chiudono segnando il repentino passaggio dall’insicurezza a brevi momenti di gioia, dallo sconforto alla speranza. La musica, tutta al femminile (Blondie, Nina Simone, Cat Power, Ella Fitzgerald), avvolge il dramma dell’attesa in una delicatezza priva di facili sentimentalismi, accarezzando la storia e infondendole forza e tenacia. Un modo raro di raccontare che porta l’attenzione su uno dei momenti più straordinari della vita di una donna. Tra il ‘bianco’ che annulla e contiene tutte le emozioni e lo ‘spazio’ dell’anima, dove la nascita di un figlio riserva un posto speciale. Nicoletta Dose

Typophile Film Fest 5

Interessante video promo e titoli di testa del Typophile Film Fest 5.
Il Typophile Film Fest 5 è una selezione un'ora di film tipografici provenienti da tutto il mondo tra cui Argentina, Olanda, Russia e Stati Uniti. I film variano tra motion graphic , animazione tipografica, fiction, documentari e interviste.

A questo link potete scoprire l'affascintante "making of" del video.



































Baaria

sab 17_10 ore 21.15
dom 18_10 ore 18.00 e 21.00

sab 24_10 ore 21.15
dom 25_10 ore 18.00 e 21.00






Regia: Giuseppe Tornatore
Genere: Drammatico, Commedia
Anno: 2008
Nazionalità: Italia
Cast: Francesco Scianna, Margareth Madè,
Raoul Bova, Laura Chiatti, Monica Bellucci,
Enrico Lo Verso, Nicole Grimaud





La storia di una famiglia siciliana che prende le mosse dal ventennio fascista in cui Cicco, sin da bambino apertamente contestatore, è un pastore che ha la passione per la letteratura epica. Suo figlio Peppino, cresciuto durante la guerra, entrerà nelle file del Partito Comunista divenendone un esponente di spicco sul piano locale e riuscendo a sposare, nonostante la più assoluta opposizione della famiglia di lei, Mannina che diventerà madre dei loro numerosi figli che saranno comunque considerati da alcuni sempre e comunque ‘figli del comunista'.
Tornatore riprende a narrare della terra che ama, la Sicilia, e lo fa con un affresco collettivo che abbraccia numerosi decenni della storia del secolo scorso. Lo fa con quel piglio che a tratti travalica nell'enfasi che ormai gli è proprio quando torna cinematograficamente a varcare lo Stretto di Messina (e che gli procura tante critiche) ma anche con la sincera voglia di fare cinema a tutto campo. Fare cinema si traduce per lui in un omaggio consapevole e dichiarato a quanti lo hanno preceduto (qui in modo particolare a Sergio Leone ma non solo) senza però rinunciare a un proprio stile narrativo che procede per accumulo di immagini e di situazioni. È una corsa contro il tempo quella che ci viene proposta sin dall'inizio con la figura del bambino che apre il film. Corsa contro il tempo che cancella una memoria collettiva che sembra progressivamente non esistere più e che Tornatore vuole restituirci scegliendo la via della spettacolarità rivolta al pubblico più vasto possibile. C'è una scena in cui Peppino torna a Bagheria dopo essere emigrato per lavoro a Parigi. Ha ancora in mano la valigia e un gruppo di suoi conoscenti, incontrandolo, gli chiede per dove stia partendo. Nessuno di loro si è accorto della sua assenza.
Oggi ben pochi sembrano accorgersi della perdita della conoscenza di un passato recente in cui umiliazioni, lotte e parziali vittorie lasciavano segni profondi nella collettività. Segni che, come l'affresco sulla volta della chiesa, 'dovevano' essere cancellati. Ma ciò che al regista sembra premere ancor di più è il mostrare come il retaggio di un passato di tradizioni ormai incancrenite nella società non sia stato ancora superato nella realtà sociale siciliana e non solo. La sequenza dell'assessore all'urbanistica non vedente che si fa portare i piani regolatori in plastico e li apprezza solo dopo aver intascato l'ineludibile mazzetta è di quelle che si ricordano. Così come (pur nel caleidoscopio a tratti pensoso e a tratti decisamente macchiettistico della miriade di personaggi che attraversano la scena) resta presente, nello scorrere degli anni e delle vicende, la pessimistica sensazione di una sorta di atavica maledizione a causa della quale le uova rotte e i serpenti neri finiscono col far parte del passato, del presente e del futuro di una terra che ha bisogno di una frattura traumatica per poter liberare una volta per tutte una vitalità creativa che certo non le manca. Giancarlo Zappoli

Titoli

Oggi parliamo di titoli di testa cinematografici: a volte dei veri film nei film.
Lo facciamo segnalandovi questi due siti:


the Movie title stills collection
ricco archivio di immagini dei titoli dei film di maggior successo, diviso per annate.
Consigliamo una visita alla sezione noir e alla più "esagerata" western.






The Art of the Title Sequence

Portle che racchiude le clip di molti titoli di testa di film nuovi e passati.
Il sito è ricco di contenuti, oltre ai video offre informazioni tecniche e interviste agli autori.




Fernando Eimbcke

Presentiamo due cortometraggi del regista Fernando Eimbcke che "incontreremo"
venerdì sera con il suo lungometraggio Sul lago Tahoe.


"La suerte de la fea a la bonita no le importa"



"Adios a las trampas"

Il mio vicino Totoro

dom 18_10 - ore 15.00





Regia: Hayao Miyazaki
Genere: Animazione, Fantasy, Avventura
Anno: 1988
Nazionalità Giappone, Usa








A volte per vivere un'emozione bisogna aspettare più di vent'anni. Tanti ne sono passati infatti da quando apparve nei cinema giapponesi Il mio vicino Totoro, diretto da Hayao Miyazaki , già regista di culto in patria grazie ai successi di Nausicaa e Laputa. Con Totoro il regista raccontava per la prima volta il mondo a lui più caro, quello dei bambini, in cui il dettaglio più insignificante rappresenta una grande scoperta e un sentiero poco battuto è l'inizio di una grande avventura.
La storia, ambientata negli anni '50, racconta l'indimenticabile estate vissuta dalle sorelle Satsuki e Mei (la prima di 11 anni e la seconda di 4) , trasferitesi assieme al padre a Matsu no Gô, un piccolo villaggio di campagna circondato da foreste, campi coltivati, fiumi e molte risaie, lontanissimo dagli stereotipi del Giappone supertecnologico, per stare più vicine alla madre, ricoverata in ospedale per una malattia.
La piccola Mei, dopo aver esplorato la casa e i dintorni, s'imbatte in una piccolo e curioso animaletto bianco con due buffe orecchie:seguendo le sue tracce, giunge ad un altissimo albero di canfora al cui interno vive Tororo, lo spirito dei boschi, una enorme creatura pelosa e morbida. Totoro si dimostrerà gentile con le due bambine e permetterà loro di ritrovarsi quando Mei, allontanatasi per portare un regalo alla madre, si perderà nel dedalo di stradine in mezzo al verde.
In Totoro l'inventiva e la creatività di Miyazaki sono ai massimi livelli: la "famiglia" di Totoro, le piccole entità fatte di fuliggine, il soffice e sornione Gatto-Bus (che i bambini possono conoscere "dal vivo" al Museo Ghibli in Giappone), l'incredibile intelligenza e poesia di alcune sequenze (l'attesa dell'autobus sotto la pioggia, forse la più emozionante nella sua garbata semplicità) dimostrano il valore assoluto della pellicola.
Una fiaba moderna, un film dichiaratamente per bambini ma dal quale, come in tutte le pellicole di Miyazaki del resto, anche gli adulti possono e dovrebbero trarre insegnamento. Qui è racchiusa l'intera poetica miyazakiana: c'è l'amore per l'ambiente, per i bambini, il rimpianto per un passato in cui la società ra più grabata e gentile verso il prossimo.
Ciò che stupisce, ma non troppo, del film, è la sua innata freschezza a vent'anni di distanza dal suo esordio nei cinema nipponici. Un'opera indispensabile, graziata, per una volta, da un adattamento italiano encomiabile. Andrea Chirichelli


Dall'Oriente...a passo uno!

Due interessanti video in stop motion da autori orientali.

"Deadline" di Bang-yao Liu



"A wolf loves pork" di Takeuchi Taijin's

Cosmonauta


ven 16_10 - ore 21.15




Regia: Susanna Nicchiarelli
Genere: Commedia, Drammatico
Anno: 2009
Nazionalità Italia
Cast: Claudia Pandolfi, Sergio Rubini, Mariana Raschillà,
Pietro Del Giudice, Susanna Nicchiarelli, Angelo Orlando




1957. Roma. Luciana ha nove anni e abbandona la chiesa durante la cerimonia della prima comunione. Motivazione: è comunista. Perché il padre lo era e perché il fratello, che soffre di epilessia, è un appassionato cultore delle imprese spaziali sovietiche. La cagnetta Laika è stata inviata in orbita sopra la Terra e Gagarin, primo cosmonauta della storia, la seguirà battendo sul tempo gli odiati americani. Intanto Luciana è cresciuta (siamo nel 1963) e deve vedersela con un patrigno detestato, con un fratello il cui handicap si fa sempre più ingombrante, e con i 'compagni'. Nel Partito vigono regole che la ragazza sente strette così come quelle di casa. Cercherà, a modo suo, di trovare una sua orbita in quello spazio profondo che è l'adolescenza.
Susanna Nicchiarelli, alla sua opera prima, si assume il compito, più che mai rischioso in tempi 'mocciani', di parlare di adolescenza al cinema per di più partendo da un passato che sembra ormai sepolto anche nell'immaginario collettivo. Nel mondo c'era la Guerra Fredda e la corsa allo spazio ne rappresentava in qualche misura le tensioni trasponendole su un piano da leggenda contemporanea.
In un'epoca come la nostra in cui le ideologie si sono dissolte la regista ci racconta di una ragazzina che ad una di quelle ideologie si aggrappa per cercare di trovare un senso al proprio esistere. Lo fa in modo confuso (come i suoi coetanei del presente che non hanno più neppure quell'appiglio) provando a individuare una traiettoria tra riunioni in sezione, vendette contro i socialisti 'traditori' e, come tutti, nel tentativo di guardare dentro se stessa per capire i piccoli slittamenti del cuore. Susanna Nicchiarelli ama il personaggio che mette in scena. La segue nelle sue improvvise, e talvolta crudeli, ribellioni senza mai giudicarla alternando dramma e commedia dai toni lievi.
Dalla base del suo fare cinema (che vuole essere anche memoria di un passato non così remoto) segue il volo di questa Valentina Tereskova lanciata nella vita. Ricordandoci che, anche se viviamo in un mondo in cui i miti si sono dissolti per farsi sostituire da ectoplasmi evanescenti, i ragazzi hanno più che mai bisogno di modelli e di regole. Con cui magari scontrarsi. Per poter crescere. Giancarlo Zappoli


The Informant


sab 10_10 ore 21.15

dom 11_10 ore 18.00 e 21.00



Regia: Steven Soderbergh
Sceneggiatura: Scott Z. Burns
Attori: Matt Damon, Melanie Lynskey, Scott Bakula, Thomas F. Wilson, Patton Oswalt, Eddie Jemison, Paul F. Tompkins, Joel McHale, Arden Myrin, Scott Adsit, Rick Overton, Larry Clarke, Ludger Pistor, Samantha Albert, Allan Havey, Rome Kanda, Howie Johnson, Tom Papa, Jayden Lund, Daniel Hagen Ruoli ed Interpreti
Produzione: Groundswell Productions, Participant Productions
Paese: USA 2009
Genere: Drammatico, Thriller
Durata: 108 Min



Biochimico aspirante manager aziendale alla Archer Daniels Midland (ADM), multinazionale dell'industria agroalimentare, Mark Whitacre scopre l'esistenza di un accordo fraudolento sul controllo dei prezzi progettato dalla dirigenza per cui lavora. Mosso dal desiderio di diventare un eroe nazionale e ricevere una promozione, decide di collaborare con l'FBI per ottenere le prove del crimine e mandare in galera i superiori. In breve si trasforma in un agente segreto dotato di registratore e microfono, mette in crisi gli accordi 'mafiosi' tra i principali internazionali, portando alla luce tutti gli imbrogli del passato. O meglio, quasi tutti. Quando il caso sembra essere risolto, Whitacre cade in un delirio di bugie ed invenzioni che cominciano a far vacillare le sue 'oneste' dichiarazioni.
Quando la resistenza alla menzogna si rivela fragile e il desiderio di dire una bugia diventa un impulso indomabile, il confine tra verità e invenzione perde colore, sfumando in una confusione che distorce la realtà delle cose. Il signor Whitacre è l'agente segreto ideale – il suo numero di riconoscimento è 0014 perché è furbo il doppio di James Bond - riesce a dimezzare la personalità con grande facilità e supera l'impaccio dovuto alla segretezza delle operazioni grazie alla sorte favorevole degli eventi. A momenti le sue tesi traballano, gli fugge qualche parola in più con la segretaria e si dimentica di raccontare alcuni dettagli scottanti. L'Fbi comincia ad avere dei dubbi. Dotato di grande intelligenza investigativa o semplicemente un truffatore patologico?
Tratto dall'omonimo libro di Kurt Eichenwald, il film percorre le tappe di una storia vera che l'eclettico regista, dopo la parentesi ambiziosa dell'omaggio a Che Guevara, decide di rappresentare con leggerezza e ironia. Abbandona la durezza del cinema d'inchiesta del passato (Erin Brockovich e Traffic) e unisce due stili narrativi classici e ben codificati, il procedural drama e la commedia nera. La parte più comica è sorretta dall'esilarante Matt Damon, nascosto dietro baffi e occhiali da nerd informatico e una pancetta appesantita da impiegato 'qualunque'. Come l'attore risulta irriconoscibile, anche l'identità di Whitacre fatica a uscire dal vortice di bugie e fantasie nel quale è stata inghiottita.
L'inganno che Soderbergh vuole denunciare non è solo quello legale e criminoso dell'azienda fraudolenta. Gli interessa maggiormente puntare la macchina da presa su quello personale dell'uomo che, pur di raggiungere la felicità promessa dal sogno americano, perde il senso della realtà e si perde in un mare di frottole e simulazioni. Nicoletta Dose







Videocracy - basta apparire

ven 09_10 ore 21.15 (venerdì d'essai)




regia: Erik Gandini
nazionalità : Svezia
anno: 2009
genere: documentario








Un documentario che, a partire dalla trasmissione di uno strip casalingo di una delle prime televisioni private, affronta il tema del potere della televisione in Italia grazie a materiale di repertorio, a interviste esclusive a Lele Mora e a Fabrizio Corona e alla storia di un giovanotto fortemente intenzionato a diventare il Van Damme cantante della televisione.
Diciamolo subito a scanso di equivoci: per il pubblico italiano (sia che sia favorevole o sia che sia contrario a Berlusconi e al suo mondo) non c'è nulla di nuovo sotto il sole tranne qualche gustoso particolare di cui diremo. La vetrina veneziana diventa invece importante come trampolino di lancio per un reportage che batte bandiera svedese e che, quindi, può circolare all'estero. In quelle sedi oltre confine Videocracy potrà trovare la sua giusta collocazione e contribuire a un dibattito sulla situazione italiana.
Per quanto ci riguarda più da vicino, più che il Berlusconi sempre più orgogliosamente autoreferenziale che gli schermi televisivi ci propongono quotidianamente, risultano interessanti le vanità svelate con la guardia più abbassata del solito (si tratta di una produzione ‘nordica' no?) di Mora e Corona. Mora, dal candore che lo circonda (tutto è bianco intorno a lui nella sua villa in Sardegna) tira fuori l'anima nera che ha dentro con grande semplicità. Il suo cellulare di ultima generazione non solo suona “Faccetta nera” ma propone un video di montaggio in cui a immagini di Mussolini si alternano svastiche e altri aberranti simboli. Visto che vanta, non smentito, una grande amicizia con il premier c'è materia su cui meditare.
Corona invece si dichiara, con quella spavalderia proterva che gli si legge nello sguardo, un “Robin Hood” di nuova generazione. Ruba ai ricchi per dare a se stesso. Si esibisce nudo allo specchio e si fa riprendere mentre conta centinaia di euro. C'è poi l'illuso di turno che troverà meno del quarto d'ora di celebrità di warholiana memoria a “X-Factor”. Ma il ritornare su di lui a più riprese finisce con il far perdere di mordente all'intera operazione. Perché di suoi epigoni è ricco l'universo mediatico europeo e mondiale. I “Grandi Fratelli” (purtroppo) non esistono solo in Italia. Giancarlo Zappoli


Il Corpo delle donne

Segnaliamo questo documentario italiano.


Il corpo delle donne





Regia: Lorella Zanardo, Marco Malfi Chindemi, Cesare Cantù
Anno di produzione: 2009
Durata: 25'
Tipologia: documentario
Genere: sociale
Paese: Italia


L'intero documentario è visibile al seguente lnk:
http://www.ilcorpodelledonne.net