L'associazione Arte del Sogno propone il tradizionale venerdì notte per gli appassionati del brivido, con la VIII edizione della cine-maratona horror.
Il tema di quest'anno è Happy Horror Family: tre film dedicati alla "doppia faccia" in famiglia, con un titolo di quest'anno, un titolo del 2000 (ma che è già un classico) e un omaggio agli anni Settanta.
Si inizia alle 21.30 con il film The Visit, del regista M. Night Shymalan (Il sesto senso, Signs): due ragazzini, fratello e sorella, vengono mandati dai loro nonni, in una remota fattoria delle Pennsylvania, per un vacanza di una settimana. Una volta che i bambini scoprono che la coppia di anziani è coinvolta in qualcosa di profondamente inquietante, vedono diminuire di giorno in giorno le possibilità di un loro ritorno a casa...
Durante gli intervalli sarà offerto un buffet. Attenzione! I primi 20 spettatori avranno un omaggio "d'autore", un poster a tiratura limitata realizzato dai due illustratori Loris Bozzato e Claudio Fabris e in collaborazione con La'Mas laboratorio tipografico letterpress.
La biglietteria apre alle ore 21..
venerdì 25_12 ore 18.00 sabato 26_12 ore 15.00 e 18.00 domenica 27_12 ore 15.00 e 18.00
GENERE: Avventura , Family ANNO: 2015 REGIA: Christian Duguay ATTORI: Félix Bossuet, Tchéky Karyo, Margaux Chatelier, Thierry Neuvic, Urbain Cancelier SCENEGGIATURA: Cécile Aubry, Juliette Sales, Fabien Suarez FOTOGRAFIA: Christophe Graillot MONTAGGIO: Oliver Gajan MUSICHE: Armand Amar PAESE: Francia DURATA: 97 Min
Trama
Dopo lo straordinario successo del primo capitolo, tornano Belle e
Sebastien in un'avventura con più azione, nuovi importantissimi
personaggi e sempre tante, tantissime emozioni. Sebastien attende con
ansia il ritorno di Angelina che è in procinto di tornare a casa con
tutti gli onori: è infatti stata insignita di una medaglia al valore per
i servizi resi nel corso della guerra. Il giorno tanto atteso arriva ma
Angelina rimane vittima di un terribile incidente aereo e data per
morta dalle autorità locali. Sebastien però non si rassegna all'idea di
averla perduta e decide di andare a cercarla insieme al nonno e al suo
inseparabile amico a quattro zampe. Nel corso della spedizione di
salvataggio Sebastien si troverà di fronte ad una grande scoperta che
cambierà la sua vita.
GENERE: Drammatico
ANNO: 2015
REGIA: Woody Allen
ATTORI: Emma Stone, Joaquin Phoenix, Parker Posey, Jamie Blackley, Ethan Phillips, Meredith Hagner, Ben Rosenfield, David Aaron Baker, David Pittu
SCENEGGIATURA: Woody Allen
FOTOGRAFIA: Darius Khondji
PAESE: USA
DURATA: 97 Min
Trama
Abe Lucas, professore di filosofia ormai privo di
qualsiasi interesse per la vita, si trasferisce nell'Università di una
cittadina. Preceduto da una fama di seduttore incontra la collega Rita
Richards che cerca di attrarlo a sé per mettersi alle spalle un
matrimonio fallito. C'è però anche la migliore studentessa del corso,
Jill Pollard, che subisce il suo fascino e progressivamente gli si
avvicina. Un giorno i due ascoltano, del tutto casualmente, la disperata
lamentela di una madre che si è vista togliere la tutela di un figlio
da parte di un giudice totalmente insensibile a qualsiasi esigenza
umanitaria. Abe, in quel preciso momento, sente di poter fare qualcosa
per quella donna e, con questo, di poter ridare un senso alla propria
vita.
Recensione
Dopo le atmosfere retrò di Magic in the Moonlight
Woody Allen torna a un presente che lui vede come eternamente
ritornante perché ciò che riguarda il rapporto dell'essere umano con la
propria esistenza può mutare nelle sue manifestazioni ma resta
essenzialmente uguale. Da sempre Woody ci ricorda che Dio è morto, Marx è
morto e anche lui si sente (esistenzialmente) poco bene. I suoi
personaggi sono testimonial di questo suo profondo disagio a proposito
del quale non smette mai di interrogarsi.
La vita non ha senso e, per cercare di attribuirgliene uno o almeno per
non ricordarselo troppo spesso è necessario 'distrarsi'. Per lui la
distrazione è fare cinema. Per Abe potrebbe essere la filosofia di Kant,
di Kierkegaard e di tutti i pensatori le cui aporie sa illustrare con
abilità ai suoi studenti. Il problema consiste però nel far aderire la
teoria alla realtà. È allora che nascono i problemi perché un mondo
kantiano privo della seppur minima menzogna sarebbe l'ideale ma
comporterebbe, ad esempio, la denuncia della famiglia Frank dinanzi a
una precisa domanda dei nazisti.
Che fare allora quando l'altro sesso ti desidera ma tu non lo desideri
più? Quando tutto ti appare come ormai privo di valore tanto da non
temere una roulette russa? Forse allora ti trovi a dare ragione al
Sartre che denuncia che "l'inferno sono gli altri" e individui nell'idea
di fare del bene compiendo il male l'occasione per riprendere in mano
la tua vita. La morte sembra diventare non più la signora con la falce
di Amore e guerra
ma uno strumento per risolvere le conflittualità. Abe ha dietro di sé
una serie di partecipazioni ad attività umanitarie che gli hanno
comunque lasciato il vuoto dentro perché gli sembra non abbiano portato a
un vero cambiamento. Il suo bisogno di lasciare un segno lo accompagna
in fondo da sempre. Tutto il resto gli appare come superficiale. Dopo Crimini e misfatti, Sogni e delitti e Match Point
Allen torna a focalizzarsi sulla morte come estrema ir-ratio per
liberarsi o liberare altri dai problemi. Aveva trattato il tema anche
con il piacere della commedia raffinata in Pallottole su Broadway. Vede anche tornargli utile l'escamotage della casualità dell'ascolto che aveva avuto i suoi effetti comici in Tutti dicono I Love You e profondamente sconvolgenti in Un'altra donna.
Questo significa che Woody si ripete? Forse sì ma lo fa come accade con
la vita di tutti i giorni che a volte ci propone gli stessi quesiti
chiedendoci, col passare degli anni, di ripensare le risposte. In modo
più o meno razionale e tenendo conto delle conseguenze. Che,
nell'universo alleniano, non possono comunque mai sfuggire a una
valutazione morale.
GENERE: Drammatico , Thriller ANNO: 2015 REGIA: Ariel Kleiman ATTORI: Vincent Cassel, Jeremy Chabriel, Nigel Barber, Florence Mezzara SCENEGGIATURA: Ariel Kleiman, Sarah Cyngler FOTOGRAFIA: Germain McMicking MONTAGGIO: Chris Wyatt, Jack Hutchings MUSICHE: Daniel Lopatin PAESE: Australia DURATA: 98 Min
Trama
L’undicenne Alexander vive in una sorta di comune alla periferia
degradata di una città senza nome. Capo della piccola comunità composta
da donne e bambini è un solo uomo adulto, Gregori, figura carismatica
che governa incontrastata elargendo affetto e regole ferree, insegnando
ai bambini a coltivare la terra ma anche a uccidere, sia per procurarsi
il sostentamento vitale che per difendersi da un mondo esterno che
Gregori descrive loro come ostile, ingiusto e crudele. Alexander però è
sveglio e curioso, durante le sue missioni omicide al di fuori dalla
comune raccoglie piccoli oggetti e viene in contatto con gli abitanti di
quel mondo esterno, cominciando a porsi qualche domanda sulle regole
imposte da Gregori e su quel padre padrone di cui ha sempre accettato la
weltanschauung. Recensione Partisan è una parabola su un microcosmo distopico (e
dispotico) in cui pensare con la propria testa vuol dire rischiare
l’isolamento, e forse anche la vita. Il regista australiano Ariel
Kleiman debutta al lungometraggio dopo una manciata di corti
pluripremiati inserendosi in quel circuito festivaliero del quale
condivide pregi e difetti: dalla parte dei difetti la lentezza dilatata,
l’autocompiacimento e anche una certa furbizia nell’usare i codici
espressivi cari ai critici internazionali. Dalla parte dei pregi, e sono
molti, la padronanza del mezzo cinematografico, la capacità di creare
un universo che obbedisce solo alle proprie regole narrative e filmiche
(in perfetta aderenza fra forma e contenuto, trattandosi di una storia
su una comunità autoctona), la volontà di raccontare principalmente per
immagini senza scendere in spiegazioni didascaliche, la qualità
iponotica ed enigmatica della narrazione. Partisan deve sicuramente molto al cinema che lo ha preceduto, da Il signore delle mosche a Dogtooth passando per Mosquito Coast ma anche, per restare in ambiente australiano, per quell’Animal Kingdom che dà anche il nome a uno dei produttori del film di Kleiman. È supremamente aussie
l’abilità nel correlare la ferocia di Gregori e dei suoi piccoli killer
alla bestialità intrinseca nella natura umana, la cui componente ferina
è sempre latente sotto la superficie civilizzata: un contrasto
particolarmente visibile in paesi come l’Australia, dove flora e fauna
selvagge sono ancora dominanti sull’urbanizzazione, e in cinematografie
come quelle di Peter Weir e Bruce Beresford, ma anche del neozelandese
Peter Jackson.
Ad ancorare Partisan in termini di gravitas e
credibilità sono le eccellenti performance di Vincent Cassell nei panni
di Gregori, potente più nel mostrare vulnerabilità ed empatia che nel
lasciar trapelare la violenza repressa e la minaccia sotto l'apparenza
paterna, e del neofita Jeremy Chabriel, di impressionante intensità
espressiva e di evidente (nel senso di ben visibile) fibra morale.
Attraverso questa favola nera, in cui tutta la conoscenza passa
attraverso un unico orco che fornisce il training e gli strumenti per
uccidere ma non quelli per sviluppare un pensiero autonomo, Kleiman
racconta in forma metaforica la tragedia dei bambini soldato cui è
proibita la disobbedienza alla regola omicida, e più in generale la
necessità di mettere in discussione l’autorità e autodeterminarsi,
scegliendo autonomamente l'universo cui vogliamo appartenere.