Il tocco del peccato
ven 21_03 ore 21.15
GENERE: Drammatico
ANNO: 2013
REGIA: Zhangke Jia
SCENEGGIATURA: Zhangke Jia
ATTORI: Wu Jiang, Meng Li, Lanshan Luo, Baoqiang Wang
MONTAGGIO: Xudong Lin, Matthieu Laclau
MUSICHE: Lim Giong
PAESE: Cina, Giappone
DURATA: 133 Min
Trama
Nella desertica provincia dello Shanxi (luogo natale di Jia Zhangke) un uomo noto per la sua opposizione alla corruzione, non resiste al senso di impotenza e, fucile in mano, decide di eliminare i problemi alla radice. In un centro rurale del sudovest, un lavoratore ritorna a casa dalla sua famiglia dopo diverso tempo ma non regge più ritmi e consuetudini di una vita sedentaria. In una città della Cina centrale una receptionist di una sauna cerca di cambiare vita senza successo e, ritornata a quella precedente, viene aggredita dai clienti. Infine nella città industriale Dongguan un ragazzo lascia e riprende diversi lavori tra cui uno come cameriere in uno dei molti bordelli locali travestiti da attività rispettabili.
Recensione
I quattro segmenti dividono matematicamente il film in 4 tronconi da 30 minuti l'uno, quattro storie a cui il regista dà egual importanza e che raccontano tutte la medesima dinamica, blandamente legate da alcuni incroci che fanno da passaggi di testimone. Nella Cina in cui i lavori si moltiplicano, le possibilità non mancano e tutto pare a portata di mano, tuttavia esiste una tensione sotterranea causata dallo sviluppo eccessivamente rapido che è come una bomba pronta ad esplodere. Quest'esplosione in A touch of sin prende la più classica forma della violenza volutamente calmorosa, improvvisa, efferata e impressionante, proprio perchè frutto di sensazioni insopprimibili. Ma non è la violenza reale, quella dei fatti di cronaca, l'obiettivo di Jia Zhangke, i suoi cittadini impazziti che uccidono come preda di un raptus sono figure paradigmatiche che hanno poco del tragicamente ordinario.
Contrariamente al suo solito il regista cinese non distoglie mai lo sguardo, anzi indugia con ferma volontà sul massacro esteriore, sui tagli, gli spari i voli giù dalla finestra e le teste fracassate, mostra moltissimo sangue e tanta devastazione operata da personaggi che non sono mai killer di lavoro ma occasionali omicidi, uomini e donne esasperati di un paese in cui i ragazzi definiscono il resto del mondo "in bancarotta".
Il suo A touch of sin (titolo che non può non far pensare a A touch of zen, il primo film ad uscire dalla Cina per approdare al festival di Cannes nel 1971) è abbastanza lontano dai toni e ritmi compassati delle opere precedenti come Still Life e The World, vira verso lidi più commerciali, non disprezza l'uso di un po' di umorismo e prende di petto un'idea unica da perseguire fino alla fine, anche a discapito della sua usuale capacità di mettere in scena un piccolo mondo colmo di sensazioni complesse. Molto di ciò è dovuto alle interpretazioni degli attori, più macchiettistiche e inclini all'ammiccamento, specie Jiang Wu e Zhao Tao (moglie del regista e nota al pubblico italiano per aver preso parte a Io sono Li).
A guadagnarci è la leggerezza e non è detto che sia un passo indietro. Sacrificando un po' di rarefazione per un pugno di ritmo Jia Zhangke riesce a dire qualcosa forse ad un pubblico più ampio e con una potenza semplice e diretta che comunque rimane prerogativa del cinema migliore.
Gabriele Niola
GENERE: Drammatico
ANNO: 2013
REGIA: Zhangke Jia
SCENEGGIATURA: Zhangke Jia
ATTORI: Wu Jiang, Meng Li, Lanshan Luo, Baoqiang Wang
MONTAGGIO: Xudong Lin, Matthieu Laclau
MUSICHE: Lim Giong
PAESE: Cina, Giappone
DURATA: 133 Min
Trama
Nella desertica provincia dello Shanxi (luogo natale di Jia Zhangke) un uomo noto per la sua opposizione alla corruzione, non resiste al senso di impotenza e, fucile in mano, decide di eliminare i problemi alla radice. In un centro rurale del sudovest, un lavoratore ritorna a casa dalla sua famiglia dopo diverso tempo ma non regge più ritmi e consuetudini di una vita sedentaria. In una città della Cina centrale una receptionist di una sauna cerca di cambiare vita senza successo e, ritornata a quella precedente, viene aggredita dai clienti. Infine nella città industriale Dongguan un ragazzo lascia e riprende diversi lavori tra cui uno come cameriere in uno dei molti bordelli locali travestiti da attività rispettabili.
Recensione
I quattro segmenti dividono matematicamente il film in 4 tronconi da 30 minuti l'uno, quattro storie a cui il regista dà egual importanza e che raccontano tutte la medesima dinamica, blandamente legate da alcuni incroci che fanno da passaggi di testimone. Nella Cina in cui i lavori si moltiplicano, le possibilità non mancano e tutto pare a portata di mano, tuttavia esiste una tensione sotterranea causata dallo sviluppo eccessivamente rapido che è come una bomba pronta ad esplodere. Quest'esplosione in A touch of sin prende la più classica forma della violenza volutamente calmorosa, improvvisa, efferata e impressionante, proprio perchè frutto di sensazioni insopprimibili. Ma non è la violenza reale, quella dei fatti di cronaca, l'obiettivo di Jia Zhangke, i suoi cittadini impazziti che uccidono come preda di un raptus sono figure paradigmatiche che hanno poco del tragicamente ordinario.
Contrariamente al suo solito il regista cinese non distoglie mai lo sguardo, anzi indugia con ferma volontà sul massacro esteriore, sui tagli, gli spari i voli giù dalla finestra e le teste fracassate, mostra moltissimo sangue e tanta devastazione operata da personaggi che non sono mai killer di lavoro ma occasionali omicidi, uomini e donne esasperati di un paese in cui i ragazzi definiscono il resto del mondo "in bancarotta".
Il suo A touch of sin (titolo che non può non far pensare a A touch of zen, il primo film ad uscire dalla Cina per approdare al festival di Cannes nel 1971) è abbastanza lontano dai toni e ritmi compassati delle opere precedenti come Still Life e The World, vira verso lidi più commerciali, non disprezza l'uso di un po' di umorismo e prende di petto un'idea unica da perseguire fino alla fine, anche a discapito della sua usuale capacità di mettere in scena un piccolo mondo colmo di sensazioni complesse. Molto di ciò è dovuto alle interpretazioni degli attori, più macchiettistiche e inclini all'ammiccamento, specie Jiang Wu e Zhao Tao (moglie del regista e nota al pubblico italiano per aver preso parte a Io sono Li).
A guadagnarci è la leggerezza e non è detto che sia un passo indietro. Sacrificando un po' di rarefazione per un pugno di ritmo Jia Zhangke riesce a dire qualcosa forse ad un pubblico più ampio e con una potenza semplice e diretta che comunque rimane prerogativa del cinema migliore.
Gabriele Niola
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