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Demolition


ven 2_12 ore 21.15
serata in collaborazione con l'associazione Bivacco

GENERE: Commedia , Drammatico
ANNO: 2015
REGIA: Jean-Marc Vallée
ATTORI: Jake Gyllenhaal, Naomi Watts, Chris Cooper, Polly Draper, Brendan Dooling, Wass M. Stevens, Tom Kemp
SCENEGGIATURA: Brian Sipe
FOTOGRAFIA: Yves Bélanger
PAESE: USA
DURATA: 100 Min





Trama
Davis Mitchell fatica a ritrovare un equilibrio dopo la tragica morte della moglie. Quello che nasce come un banale reclamo a una società di distributori automatici si trasforma in una serie di lettere, nelle quali Davis fa delle confessioni personali inquietanti che catturano l'attenzione di Karen, responsabile del servizio clienti. E così, due perfetti sconosciuti stringono un legame molto profondo, che diventa per entrambi un'ancora di salvezza.

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Roberto Bolle - L'arte della danza



Arriva al Cinema Marconi solo martedì 22 novembre


Roberto Bolle è l’artista che ha regalato all’arte della danza l'entusiasmo riservato finora alle star del pop

ARRIVA AL CINEMA MARCONI
SOLO IL 22 NOVEMBRE 2016
ORE 18.00 E 21.15
ROBERTO BOLLE - L’ARTE DELLA DANZA

Il film/evento diretto da Francesca Pedroni è un viaggio intimo alla scoperta delle grandi interpretazioni di Roberto Bolle.
Con immagini esclusive dal palcoscenico e dal backstage di “Roberto Bolle and Friends" attraverso tre luoghi simbolo del patrimonio culturale italiano: l’Arena di Verona, il Teatro Grande di Pompei, le Terme di Caracalla a Roma

«La danza è il fuoco che ho dentro. Mi ha formato, mi ha dato un'identità. L'uomo che sono ora lo devo alla danza». Roberto Bolle

Biglietto intero: 10,00 €; ridotto 8,00 € per prenotati alla mail info@cinemamarconi.com (prenotazione valida fino alle ore 12.00 del giorno di proiezione) e promozione speciale per gruppi. Contattaci!

La ragazza del treno


gio 24_11 ore 21.15
sab 26_11 ore 21.15
dom 27_11 ore 18.00 e 21.15

GENERE: Thriller
ANNO: 2016
REGIA: Tate Taylor
ATTORI: Emily Blunt, Haley Bennett, Justin Theroux, Rebecca Ferguson, Luke Evans, Edgar Ramirez, Allison Janney
SCENEGGIATURA: Erin Cressida Wilson
FOTOGRAFIA: Charlotte Bruus Christensen
MONTAGGIO: Michael McCusker
PAESE: USA
DURATA: 112 Min









Trama
La storia è quella di Rachel Watson, una giovane donna che non ha superato il suo divorzio e il fatto che il suo ex si sia prontamente risposato, e che si è attaccata troppo alla bottiglia, arrivando a perdere anche il lavoro. Ciò nonostante, prende ogni mattina il treno dei pendolari come se ancora dovesse recarsi in ufficio, guardando fuori dal finestrino e fantasticando sulle cose e le persone che osserva: in particolare, la sua attenzione si fissa su una coppia che, nella sua immaginazione, ritiene perfetta. Un mattino, però, Rachel vede la lei della coppia assieme a un altro uomo, e dopo pochi giorni la ragazza sembra essere svanita nel nulla. Rachel inizierà a indagare sulla sorte di questa sconosciuta, scoprendo una verità sconcertante.

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Il diritto di uccidere


ven 25_11 ore 21.15

 GENERE: Drammatico , Guerra , Thriller
ANNO: 2015
REGIA: Gavin Hood
ATTORI: Helen Mirren, Aaron Paul, Alan Rickman
SCENEGGIATURA: Guy Hibbert
FOTOGRAFIA: Haris Zambarloukos
MONTAGGIO: Megan Gill
MUSICHE: Paul Hepker, Mark Kilian
PAESE: Gran Bretagna
DURATA: 102 Min





Trama
Il colonnello Powell guida a distanza una squadra di militari antiterrorismo nella cattura, in territorio kenyano, di una cittadina inglese che ha rinnegato il proprio Paese per il fondamentalismo islamico di Al Shaabab. Quando l'esercito, servendosi di droni, scopre la verità sui piani dei terroristi l'urgenza di fermarli con ogni mezzo diviene una priorità. Ma nei piani alti nessuno vuole prendersi la responsabilità di un attacco letale e dei suoi danni collaterali.
Quasi una rappresentazione teatrale, in cui su un tema destinato a dividere vengono esposti i diversi punti di vista. I tre poteri dello stato - militare, giuridico e politico - si trovano a dover prendere una decisione in nome del male minore. Qualcuno innocente, in ogni caso, si farà male. Hood non fa sconti, esibendo cadaveri tra le macerie senza morbosità, ma con il piglio verista di chi vuole ricostruire con la massima fedeltà una vicenda esemplare. Sulla guerra che è e sulla guerra che sarà, soprattutto.

Recensione

Se Michael Bay ha scelto di concentrarsi sull'eroismo dei riservisti e sugli errori dei burocrati e Andrew Niccol sul dramma umano di chi gioca al videogame della guerra uccidendo esseri umani in carne e ossa, a Gavin Hood interessa il dilemma morale. È cinema antico il suo, che della contemporaneità utilizza la moltiplicazione degli schermi e dei dispositivi o la prospettiva del drone; il resto è classicità pura, affidata a due interpreti straordinari. Helen Mirren sceglie il cuore in inverno del colonnello Powell, consapevole della crudeltà di alcune scelte ma dedita esclusivamente al raggiungimento del proprio obiettivo. Alan Rickman, invece, nella sua ultima interpretazione, regala al generale Benson un assaggio della sua inconfondibile ironia british.
Senza negare mai la propria funzione di film che si presta all'apertura di un dibattito, il regista riesce umilmente a rinverdire i fasti di una forma di cinema troppo spesso trascurata. L'anacronistico film-caso di studio, figlio de La parola ai giurati di Sidney Lumet o, per restare in tema bellico, di Orizzonti di gloria di Kubrick, si riconfigura come dialogo socratico: una meticolosa ricostruzione dei fatti destinata a toccare dei nervi - politici, comportamentali, etici - scoperti e a rendere problematica una presa di posizione chiara che prescinda dalle ragioni dell'"altra parte". E il fatto che la sensazione di imperdonabile indecisione di fronte al dubbio morale che attanaglia sia ribaltata dallo schermo allo spettatore è fortemente voluto. Elementi che, uniti alle interpretazioni inevitabilmente impeccabili di Rickman e Helen Mirren, elevano Il diritto di uccidere al di sopra dell'aurea mediocritas in cui rischia, colpevolmente, di finire relegato. Emanuele Sacchi 

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Un padre, una figlia


ven 18_11 ore 21.15

GENERE: Drammatico
ANNO: 2016
REGIA: Cristian Mungiu
ATTORI: Adrian Titieni, Maria-Victoria Dragus, Ioachim Ciobanu, Vlad Ivanov
SCENEGGIATURA: Cristian Mungiu
MONTAGGIO: Mircea Olteanu
PAESE: Romania, Francia, Belgio
DURATA: 128 Min
NOTE: Premio per la miglior regia al Festival di Cannes 2016.





Trama
Romeo Aldea è medico d'ospedale una cittadina della Romania. Per sua figlia Eliza, che adora, farebbe qualsiasi cosa. Per lei, per non ferirla, lui e la moglie sono rimasti insieme per anni, senza quasi parlarsi. Ora Eliza è a un passo dal diploma e dallo spiccare il volo verso un'università inglese. È un'alunna modello, dovrebbe passare gli esami senza problemi e ottenere la media che le serve, ma, la mattina prima degli scritti, viene aggredita brutalmente nei pressi della scuola e rimane profondamente scossa. Perché non perda l'opportunità della vita, Romeo rimette in discussione i suoi principi e tutto quello che ha insegnato alla figlia, e domanda una raccomandazione, offrendo a sua volta un favore professionale.

Recensione
Il protagonista di Bacalaureat ha provato, a suo tempo, a cambiare le cose, tornando nel proprio paese per darsi e dargli una prospettiva di rinnovamento, anzitutto morale. Non ha funzionato. Tutto quello che ha potuto fare è restare onesto nel suo piccolo, mentre attorno a lui la norma era un'altra. Trasparente nel mestiere, meno nella vita sentimentale, perché la vita prende le sue strade, e non tutto si può controllare. Ora però non si tratta più di lui: le biglie dei suoi giorni trascorsi sono più numerose delle biglie nella boccia dei giorni che gli rimangono. Ora si tratta di sua figlia, di impedire che debba sottostare allo stesso compromesso, ovvero restare in un luogo in cui le relazioni tra le persone sono ancora spesso fatte di reciproci segreti, di silenzi da far crescere e redistribuire: una rete che imprigiona e "compromette" la vera vita. Ma fino a che punto si ha diritto di scegliere per i propri figli? Una rottura del proprio codice morale, per quanto occasionale e dimenticabile come una pietra che arriva improvvisa e rompe il vetro della finestra di casa, basta a mettere in discussione l'intera costruzione?
Come in Oltre le colline Mungiu s'interroga sulle conseguenza di una scelta, in un film però molto diverso dal precedente, per certi versi più freddo ma anche più morbido, in cui l'errore non è più lontano dalla presa in carico delle conseguenze e delle responsabilità che ne derivano e dove la lezione passa, aprendo forse davvero una seconda opportunità per il protagonista, proprio in quell'aspetto del suo essere che credeva di condurre al meglio: la paternità.
"Perché suoni sempre il clacson?" Domanda Eliza. "Per sicurezza." "Sì, ma perché lo suoni anche quando non ci sono altre macchine?" L'ironia della sorte, che nel cinema rumeno degli ultimi anni non manca mai, e scorre tanto sotto le commedie grottesche che sotto i drammi più amari, fa sì che il dottor Aldea agisca quando non c'è bisogno di farlo, travolto dal terrore che il futuro di sua figlia possa andare improvvisamente in frantumi come il vetro, quando in realtà sono la sua età e la sua situazione che gli stanno domandando il conto. Marianna Cappi

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In guerra per amore


gio 17_11 ore 21.15
sab 19_11 ore 21.15
dom 20_11 ore 18.00 e 21.15

GENERE: Commedia, Guerra, Sentimentale
ANNO: 2016
REGIA: Pif
ATTORI: Pif, Miriam Leone, Andrea Di Stefano, Stella Egitto, Aurora Quattrocchi, Robert Madison, Vincent Riotta, Maurizio Marchetti, Sergio Vespertino, Maurizio Bologna, Antonello Puglisi, Mario Pupella
SCENEGGIATURA: Pif, Michele Astori, Marco Martani
FOTOGRAFIA: Roberto Forza

PAESE: Italia
DURATA: 99 Min





Trama
New York 1943. Mentre il mondo è nel pieno della seconda guerra mondiale, Arturo vive la sua travagliata storia d'amore con Flora. I due si amano, ma lei è promessa sposa al figlio di un importante boss. Per convolare a nozze, il nostro protagonista deve ottenere il sì del padre della sua amata che vive in un paesino siciliano. Arturo, giovane e squattrinato, ha un solo modo per raggiungere l'isola: arruolarsi nell'esercito americano che si prepara per lo sbarco in Sicilia: l'evento che cambierà per sempre la storia della Sicilia, dell'Italia e della Mafia.

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Fiore del deserto


gio 10_11 ore 21.15 
Eccezionalmente giovedì d'essai

GENERE: Biografico , Drammatico
ANNO: 2009
REGIA: Sherry Hormann
ATTORI: Liya Kebede, Sally Hawkins, Timothy Spall
SCENEGGIATURA: Sherry Hormann
FOTOGRAFIA: Ken Kelsch
MONTAGGIO: Clara Fabry
MUSICHE: Martin Todsharow
PAESE: Gran Bretagna, Germania, Australia, Francia
DURATA: 120 Min





Trama
Waris è una bellissima ragazza somala che si ritrova catapultata nel cuore di Londra, a piedi nudi e con un passaporto fasullo in mano. A Londra incontrerà prima un'aspirante ballerina, Marylin, che, malgrado il temperamento bizzarro e la diffidenza iniziale, diventerà la sua migliore amica, e poi un celebre fotografo di moda, che saprà riconoscere in lei il potenziale di apparire sulle copertine di tutto il mondo. Ma Waris ha un passato oscuro, di cui fanno parte alcuni eventi traumatici nella nativa Somalia: l'infibulazione che tocca in sorte a moltissime bambine africane e il matrimonio combinato, a 13 anni, con un vecchio di cui diventerebbe la quarta moglie. Waris, il cui nome significa Fiore del deserto, si sottrae al suo destino scappando prima a Mogadiscio poi in Inghilterra, dove prenderà a poco a poco consapevolezza non solo della sua bellezza fuori dal comune ma anche dei suoi diritti come donna e come essere umano.

Recensione
Fiore del Deserto racconta la vera storia di Waris Dirie, top model di fama internazionale nonché portavoce ufficiale della campagna dell'Onu contro le mutilazioni femminili. Dirie ha ripercorso la sua vita avventurosa nell'autobiografia su cui è basata la sceneggiatura del film, scritta dalla regista americana di origini tedesche Sherry Hormann, e realizzata da una giovane casa di produzione indipendente di Verona, la Ahora! Film. La scelta più importante era naturalmente quella della protagonista, ed è la più felice del film: ad interpretare Waris è un'altra supermodella che proviene dalla stessa parte del mondo (anche se è etiope e non somala), Liya Kebede, che al suo debutto cinematografico si rivela non solo perfetta per il ruolo, ma anche un'ottima interprete. È dai tempi dell'esordio di Audrey Hepburn, allora conosciuta solo come modella, in Vacanze romane che non si vedeva un passaggio così riuscito dalle passerelle di moda al grande schermo. Kebede, di una bellezza devastante, sa essere leggera e profonda, comunica gravitas africana e desiderio di emancipazione londinese, grazia e timidezza, paura e determinazione, ingenuità e buon senso, suprema vulnerabilità e altrettanto suprema dignità.
Accanto a lei funziona molto bene Sally Hawkins nei panni dell'amica Marylin, in qualche modo non meno seducente di Waris, vulcanica e pasticciona, goffa e sfacciata, sgarrupata e orgogliosa. Le scene fra le due attrici sono le più divertenti di un film che deve raccontare anche la tragedia ma riesce a farlo alternando il melodramma ai momenti comici. Timothy Spall nei panni del celebre fotografo Terry Donaldson e Juliet Stevenson in quelli della direttrice di un'agenzia di modelle con la sindrome di Pigmalione sono adeguati comprimari.
Hormann ha un forte senso del cinema, evidente in alcune sequenze - come la scena dello specchio e quella della scala mobile - e fa scelte coraggiose come quella di mescolare orrore e comicità - la scena della visita ginecologica - anche se talvolta cede alla sottolineatura retorica, gravata da una musica incessante che accompagna tutte le parti drammatiche del film. Ma è impossibile non innamorarsi di Waris-Liya che saltella sul set fotografico o si raggomitola in un portone londinese, che prima tiene gli occhi bassi per pudore e modestia e poi li solleva con fierezza davanti alla sala conferenze del Palazzo di vetro. Questa è quel che si chiama una star performance, e poiché il film si regge interamente su di lei, Liya Kebede traghetta Fiore del Deserto fuori dal pericolo di trasformarsi in un feuilleton televisivo. Paola Casella 


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Botticelli – inferno


mart 8_11 ore 21.15


GENERE: Documentario
ANNO: 2016
REGIA: Ralph Loop
SCENEGGIATURA: Ralph Loop
PRODUZIONE: TV Plus Productions Germany, Medea Film - Irene Höfer, Nexo Digital
DISTRIBUZIONE: Nexo Digital
PAESE: Germania, Italia
DURATA: 96 Min






A distanza di secoli l'opera di Botticelli continua a coinvolgere ed emozionare. I suoi quadri più celebri portano nei musei e nelle mostre di tutto il mondo migliaia e migliaia di visitatori ogni anno. Tuttavia uno dei suoi disegni più intimi e misteriosi - forse uno dei più importanti per comprenderlo nel profondo- è rimasto a lungo chiuso nei depositi climatizzati del Vaticano. Si tratta del  disegno che Botticelli dedicò all'Inferno di Dante e che diventa oggi protagonista di un film documentario originale, appassionato e coinvolgente. Per secoli, la mappa dell'Inferno è rimasta chiusa nei depositi Vaticani. Ma cosa spinse il maestro fiorentino - che tutti noi conosciamo grazie alla "Nascita di Venere" e alla "Primavera" degli Uffizi - a disegnare l'inferno dipinto da Dante? Qual è il segreto di questa straordinaria opera d'arte? E in che modo rivela il lato oscuro e meno noto di Botticelli?
Botticelli - Inferno trasporterà gli spettatori in un altro mondo: un viaggio nel sottosopra attraverso i nove livelli dell'inferno. Proprio come nell'opera di Dante, infatti, solo attraversando Inferno e Purgatorio si potrà giungere al Paradiso e uscire "a riveder le stelle".
Botticelli fece rivivere le descrizioni dantesche in un totale di 102 disegni minuziosi. Il fulcro dell'opera è proprio la "Mappa dell'Inferno": una sorta di guida attraverso l'inferno con tutti i suoi vari livelli. Un lavoro affascinante e allo stesso tempo efferato su peccatori e contrappassi, incubi e punizioni. Ma cosa ci racconta oggi questa immagine oscura? Quanto svela di quel lato più inquieto e mistico di Botticelli e quanto parla alle nostre anime moderne?
Lo scrittore e regista Ralph Loop ha creato un film che si rivela un viaggio sontuoso in luoghi spesso inesplorati per avvicinarci all'uomo Botticelli e al suo lavoro. Le riprese sono state realizzate in Vaticano, a Firenze, Londra, Berlino e in Scozia durante l'estate del 2016. Proprio in occasione del film, la "Mappa dell'Inferno" è stata digitalizzata con uno scanner ad altissima definizione che ha portato a luce dettagli fino a quel momento invisibili ad occhio nudo.

Qualcosa di nuovo

mar 1_11 ore 21.15
gio 3_11 ore 21.15
sab 5_11 ore 21.15
dom 6_11 ore 18 e 21.15

GENERE: Commedia
ANNO: 2016
REGIA: Cristina Comencini
ATTORI: Paola Cortellesi, Micaela Ramazzotti, Eduardo Valdarnini, Eleonora Danco
SCENEGGIATURA: Cristina Comencini, Giulia Calenda, Paola Cortellesi
FOTOGRAFIA: Italo Petriccione
MONTAGGIO: Francesca Calvelli
MUSICHE: Andrea Farri
PAESE: Italia
DURATA: 93 Min




Trama
Lucia e Maria sono amiche fin dal liceo, ma non potrebbero essere più diverse: Lucia è esigente e rigorosa o, come direbbe Maria, "gufa e spadona"; Maria si descrive come "morbida, positiva e vibrante" o, come direbbe Lucia,"un po' mignotta". Anche il loro rapporto con gli uomini è diametralmente opposto: Lucia, scottata da un matrimonio infelice, ha elevato un muro ed è diventata una "donna di nessuno"; Maria invece è una "donna di tutti" che colleziona avventure occasionali con partner improbabili alla segreta ricerca dell'uomo giusto. A scompigliare le carte arriva Luca, amante di una notte di Maria, 19 anni e una fame inesauribile di sesso e di esperienza di vita. Le due amiche finiranno per contenderselo, non secondo le trite dinamiche della competizione "femminile", ma secondo un percorso di ricerca individuale della propria identità.

Recensione
È proprio la reinvenzione dell'identità la principale chiave di lettura di Qualcosa di nuovo, basato sulla piéce teatrale La scena scritta e diretta per il teatro da Cristina Comencini, e riadattata per il grande schermo con la collaborazione alla sceneggiatura di Giulia Calenda e Paola Cortellesi e il montaggio agile di Francesca Calvelli. Identità di genere, innanzitutto, tanto femminile quanto maschile, in un presente caratterizzato dalla rivoluzione dei ruoli e dei rapporti di potere, dalla disgregazione della famiglia tradizionale e dalla crisi economica, nonché dalla mancanza di un'educazione sentimentale e sessuale che non insegni tanto come si indossi un preservativo, quanto come si debba rispettare la natura e le inclinazioni altrui, e l'altrui libertà di essere altro da noi.
Come ogni storia ben costruita (e rodata sulle assi di un palcoscenico) Qualcosa di nuovo parla anche di altro: di maternità negata, ricattatoria, accogliente, colpevole e generosa; di amicizia femminile, disposta alla solidarietà ma anche esposta alla severità del reciproco giudizio; dell'esigenza delle donne di avere accanto un uomo "ma anche": dolce ma anche forte, comprensivo ma anche protettivo, dotato di sensibilità ma anche virilmente assertivo, tenero ma anche muscoloso. E mentre le donne sono specialiste nell'essere tante cose insieme, gli uomini sembrano disorientati da queste aspettative (apparentemente) contradditorie.
Luca, ad esempio, si relaziona con coetanee che sembrano sapere esattamente quello che vogliono, quando il ventenne maschio di oggi difficilmente sa decidere di che colore scegliere la camicia al mattino. Le "donne mature" Lucia e Maria, invece, hanno già superato la fase in cui si attenevano rigidamente ai loro progetti di vita, e anche quella del successivo smantellamento del castello di carte da loro costruito con ottusa determinazione: sono dunque libere di sperimentare, anche con un liceale che usa bene le mani ed è capace di ascoltare. Lucia e Maria cominciano a dire a Luca quello che non riescono a dire a se stesse, e scoprono quanto stia loro stretto il personaggio che si sono ritagliate nel tempo.
Cristina Comencini ha un talento particolare per raccontare le contraddizioni del femminile, toccando argomenti tabù e sfidando le accuse di maschilismo che certamente verrebbero indirizzate ad un regista uomo in almeno due scene. E la commedia le è particolarmente congeniale perché le permette di veicolare domande scomode sotto le mentite spoglie di battute umoristiche. La malinconia che sottende l'intera vicenda non sfocia mai nel melodramma, anche se un po' di amarezza in più sarebbe stata tollerabile anche dallo spettatore più escapista.
Già dalla presentazione alternata inziale delle due protagoniste, Comencini non si accontenta di riprodurre il suo testo teatrale fra quattro mura, e anzi quelle pareti le scioglie, facendo letteralmente entrare l'una nell'altra stanze di diverse abitazioni, perché le tre vite che racconta si mescolano senza soluzione di continuità seguendo i cambiamenti intimi (più ancora che interiori) dei personaggi. E se gli scambi di battute rimangono talvolta troppo ancorati al testo teatrale senza osare le acrobazie verbali (e fisiche) della screwball comedy che Qualcosa di nuovo era nata per essere, in alcuni monologhi le sceneggiatrici affondano il coltello nella piaga in modo coraggioso e commovente.
Paola Cortellesi è più efficace di Micaela Ramazzotti nel disegnare un personaggio che esce gradualmente dallo stereotipo e conquista credibilità (e cuore), e Eduardo Valdarnini, che ha la fisicità giusta per il ruolo, sconta un'immaturità artistica che va a scapito, invece che a favore, di Luca. Ma ciò che conta è che a questi tre esseri umani imperfetti si vuole bene, si segue la loro intricata vicenda sospendendo l'incredulità e ci si porta dietro interrogativi cui non è facile rispondere. Paola Casella

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Sole Alto


ven 04_11 ore 21.15

 GENERE: Drammatico
ANNO: 2015
REGIA: Dalibor Matanic
ATTORI: Tihana Lazovic, Goran Markovic, Nives Ivankovic, Dado Cosic, Stipe Radoja
SCENEGGIATURA: Dalibor Matanic
MONTAGGIO: Tomislav Pavlic
PRODUZIONE: Kinorama, Gustav Film, See Film
DISTRIBUZIONE: Tucker Film
PAESE: Croazia
DURATA: 123 Min





Trama
1991. Jelena e Ivan si amano stanno per lasciare i paesi in cui vivono per trasferirsi a Zagabria. Ma lei è serba e lui croato e i primi segnali dell'esplodere dell'odio etnico non aiutano questo loro progetto. 2001. Dopo il conflitto la giovane serba Nataša torna con la madre nella casa in cui avevano vissuto e in cui la guerra ha lasciato profonde ferite che segnano anche gli animi. Ante, croato, accetta di lavorare nell'edificio per riattarlo ma la ragazza non sopporta la sua presenza. 2011. Luka, croato, torna al paese in occasione di una festa dopo una lunga assenza. Va a trovare i genitori che non vede da tempo ma, soprattutto, decide di recarsi a casa di Marija, serba con la quale ha avuto molto di più di una relazione.

Recensione
Sembra appartenere ad un lontano passato il conflitto che ha insanguinato i Balcani tanto che le generazioni più giovani spesso ne sanno poco se non addirittura nulla. È a loro in particolare che si rivolge Dalibor Matanic con questo film che si inscrive, senza ombra di dubbio, nel ristretto gruppo di opere che hanno saputo cogliere nel profondo lo specifico del conflitto che tra il 1991 e il 1995 insanguinò in maniera orribile l'ex Jugoslavia ma anche, e questo è il suo straordinario pregio, le dinamiche che sono proprie di ogni guerra civile. Lo fa attraverso tre storie in cui il rapporto amoroso diviene cartina al tornasole per evidenziare la sofferenza ma anche la possibilità di una speranza che tragga origine dall'accettazione dell'altro visto come persona e non come appartenente a questa o quella etnia o a questo o quello schieramento politico.
Si potrebbe lecitamente pensare ad un archetipo narrativo classico, a un Romeo e Giulietta rivisitati nella contemporaneità ma non è così. Perche Matanic ha conosciuto sulla sua pelle la realtà che porta sullo schermo ed era pienamente consapevole del fatto che, nei Balcani, il film avrebbe potuto avere un'accoglienza contrastata perché i lutti non sono stati dimenticati e non tutte le ferite si sono rimarginate. Ma proprio perché questo film guarda oltre ha il coraggio di ricordarci, in un periodo in cui l'intolleranza sembra tornare a dominare le dinamiche mondiali, che si può guardare alla realtà in modo diverso. Lo fa con una scelta anche cinematograficamente non facile. Perché sceglie gli stessi due straordinari giovani interpreti per tutte e tre le storie costringendo lo spettatore a pensarli come diversi (con un diverso passato, con differenti modi di guardare al presente e al futuro in periodi cronologicamente ben distinti). Al contempo però ci chiede anche di pensarli 'uguali', uguali a milioni di ragazzi e ragazze che vivono o hanno vissuto in situazioni di conflitto in cui chi preferisce odiare pensa di semplificare la vita appiccicando ad ognuno un etichetta che lo renda immediatamente riconoscibile come amico o nemico e su questa base (e solo su questa) decidere se eliminarlo o affiancarglisi.
Matanic non ci propone un embrassons nous retorico o quantomeno utopico. Conosce il prezzo che tutti debbono pagare prima, durante e dopo un conflitto ma pensa anche che sia possibile andare oltre pur non dimenticando il passato. Per fare questo è necessario che la luce sia allo zenit, che il sole sia alto, nonostante tutte le nubi che lo possono nascondere alla vista della società e dei singoli. Giancarlo Zappoli

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Deepwater - Inferno sull'oceano


gio 27_10 ore 21.15
sab 29_10
ore 21.15
dom 30_10
ore 18.00 e 21.15


GENERE: Drammatico , Azione
ANNO: 2016
REGIA: Peter Berg
ATTORI: Mark Wahlberg, Kurt Russell, Kate Hudson, Dylan O'Brien, John Malkovich, Gina Rodriguez, Brad Leland, J.D. Evermore, Joe Chrest
SCENEGGIATURA: Matthew Michael Carnahan, Matthew Sand
FOTOGRAFIA: Enrique Chediak
MUSICHE: Steve Jablonsky
PAESE: USA
DURATA: 97 Min





Trama
Il 20 aprile 2010 sulla piattaforma trivellatrice semisommergibile Deepwater Horizon, situata al largo della costa della Lousiana, 126 lavoratori si sono trovati immersi nel peggior scenario possibile: una devastante esplosione, che ha causato un inferno di fuoco, undici vittime e uno sversamento di greggio nell'oceano riconosciuto come il più grave disastro ambientale della storia.
Mentre le televisioni di tutto il mondo si sono concentrate per mesi sulla portata del danno all'ecosistema, il film di Peter Berg torna sulla piattaforma nel Golfo del Messico (ricostruita, poiché la British Petroleum si è ben guardata dall'offrire supporto alla produzione) per raccontare la giornata degli uomini e dell'unica donna sulla Deepwater, la lotta strenua per la sopravvivenza e gli atti di estremo coraggio che si sono verificati in quell'occasione. Il risultato è un disaster movie avvincente e intelligente, che ha saputo indovinare la giusta dimensione, un equilibrio riuscito tra dramma umano e componente spettacolare, e nel quale non c'è spazio per la vaghezza tecnica e logistica che in molti blockbuster funziona da alibi e da riempitivo.

Recensione
Oggettivando il pericolo sempre in agguato su questo genere di impianti in una serie di piccoli contrattempi che si rivestono così, automaticamente, della suspence del presentimento, e presentando la forza d'animo dei personaggi che lavorano sulla piattaforma come una verosimile qualità di partenza, quasi una dote, che si portano dietro per necessità oltre che per virtù, Berg prepara con cura il terreno per l'esplodere dell'imprevisto come una catastrofe annunciata ma anche come un campo di guerra, dove regna il cameratismo e un senso di condivisione della sorte.
Deepwater non racconta, perciò, la vicenda di un uomo ordinario - Mike Williams, capo tecnico elettronico della Transocean - alle prese con una situazione straordinaria, o lo fa solo in apparenza, mentre racconta in realtà di un uomo e di un gruppo di persone dal coraggio quotidianamente straordinario, tali da meritare che le loro gesta riempiano un film e che tale film non sia frutto di un romanzo di fantasia sfrenata e catastrofica ma di una serie di dettagliate interviste ai protagonisti e contenga perciò una dimensione di realismo che si fa apprezzare.
Un buon disaster movie, dunque, che poggia su basi tragicamente reali, che non sbandiera istanze generiche né gronda retorica (eccezion fatta per il finalissimo, più a rischio in questo senso). E anche un film sulla responsabilità e le sue due facce: quella penale, di chi ha preso rischiose scorciatoie in nome del profitto, e quella morale, di chi, invece, non si è affrettato ad abbandonare gli altri alla comoda speranza di un colpo di fortuna. Marianna Cappi  

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Il Clan


ven 28_10 ore 21.15
 

GENERE: Drammatico
ANNO: 2015
REGIA: Pablo Trapero
ATTORI: Guillermo Francella, Peter Lanzani
SCENEGGIATURA: Pablo Trapero
MONTAGGIO: Alejandro Carrillo Penovi, Pablo Trapero
PAESE: Argentina, Spagna
DURATA: 108 Min







Trama
Argentina inizio anni 80. All'apparenza una famiglia come le altre che vive nel tranquillo paesino di San Isidro, in realtà un vero e proprio clan che si guadagna da vivere con i sequestri di persona. Arquímedes, il patriarca, è a capo delle operazioni. Alejandro, il suo figlio più grande, è una star del rugby che gioca nel mitico team argentino "Los Pumas". E' lui che adesca le vittime dei rapimenti tra i giovani rampolli dell'alta società. I crimini del clan dei Puccio, famiglia che gode della protezione del regime militare, riescono a passare inosservati nella loro costante ferocia programmatica, ma prima o poi finiscono con il coinvolgere tutti in una crescente spirale di violenza, dove è colpevole anche chi assiste in silenzio. Ispirato ad un episodio realmente accaduto, il film racconta insieme alla storia di una famiglia anche quella di un intero Paese, nella sua delicatissima fase di transizione dalla feroce dittatura militare ad una fragile democrazia.

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recensione
 
 

La vita possibile

gio 20_10 ore 21.15
sab 22_10
ore 21.15
dom 23_10
ore 18.00 e 21.15


 GENERE: Drammatico
ANNO: 2016
REGIA: Ivano De Matteo
ATTORI: Margherita Buy, Valeria Golino, Andrea Pittorino, Caterina Shulha, Bruno Todeschini
SCENEGGIATURA: Valentina Ferlan, Ivano De Matteo
FOTOGRAFIA: Duccio Cimatti
MONTAGGIO: Marco Spoletini
MUSICHE: Francesco Cerasi
PAESE: Italia
DURATA: 107 Min





Trama
In fuga da un marito violento, Anna e il figlio Valerio sono accolti a Torino in casa di Carla, attrice di teatro e amica di Anna di vecchia data. I due cercano di adattarsi alla nuova vita tra tante difficoltà e incomprensioni, ma l'aiuto di Carla e quello inaspettato di Mathieu, un ristoratore francese che vive nel quartiere, gli faranno trovare la forza per ricominciare.

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Fiore

ven 21_10 ore 21.15


GENERE: Drammatico
ANNO: 2016
REGIA: Claudio Giovannesi
ATTORI: Daphne Scoccia, Josciua Algeri, Valerio Mastandrea, Gessica Giulianelli
SCENEGGIATURA: Claudio Giovannesi
PAESE: Italia
DURATA: 110 Min

NOTE: Presentato al Festival di Cannes 2016 nella Quinzaine des Réalisateurs.




Trama
Carcere minorile. Daphne, detenuta per rapina, si innamora di Josh, anche lui giovane rapinatore. In carcere i maschi e le femmine non si possono incontrare e l'amore è vietato: la relazione di Daphne e Josh vive solo di sguardi da una cella all’altra, brevi conversazioni attraverso le sbarre e lettere clandestine. Il carcere non è più solo privazione della libertà ma diventa anche mancanza d'amore. FIORE è il racconto del desiderio d'amore di una ragazza adolescente e della forza di un sentimento che infrange ogni legge.

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Café Society

gio 13_10 ore 21.15
sab 15_10
ore 21.15
dom 16_10
ore 18.00 e 21.15


GENERE: Commedia , Sentimentale
ANNO: 2016
REGIA: Woody Allen
ATTORI: Jesse Eisenberg, Kristen Stewart, Steve Carell, Blake Lively, Jeannie Berlin, Sheryl Lee, Corey Stoll, Parker Posey, Anna Camp, Stephen Kunken, Paul Schneider, Ken Stott, Paul Schackman, Sari Lennick, Don Stark, Gregg Binkley, Anthony DiMaria
SCENEGGIATURA: Woody Allen
FOTOGRAFIA: Vittorio Storaro
PAESE: USA
DURATA: 96 Min






New York, anni Trenta. Bobby Dorfman lascia la bottega del padre e la East Coast per la California, dove lo zio gestisce un'agenzia artistica e i capricci dei divi hollywoodiani. Seccato dall'irruzione del nipote e convinto della sua inettitudine, dopo averlo a lungo rinviato, lo riceve e lo assume come fattorino. Bobby, perduto a Beverly Hills e con la testa a New York, la ritrova davanti al sorriso di Vonnie, segretaria (e amante) dello zio. Per lui è subito amore, per lei no ma il tempo e il destino danno ragione al sentimento di Bobby che le propone di sposarlo e di traslocare con lui a New York. Ma il vento fa (di nuovo) il suo giro e Vonnie decide altrimenti. Rientrato nella sola città in cui riesce a pensarsi, Bobby dirige con charme il "Café Society", night club sofisticato che diventa il punto di incontro del mondo che conta. Sposato, padre e uomo di successo, anni dopo riceve a sorpresa la visita di Vonnie. Con lo champagne, Bobby (ri)apre il cuore e si (ri)apre al dolce delirio dell'amore.
Commedia del piacere negato, Café Society è la cronaca di una storia d'amore mancata che ribadisce quello che per Woody Allen conta da sempre: il cinema, le donne, se stesso. Se stesso soprattutto perché la singolarità dell'autore risiede nella persistenza con cui ha dato centralità a un personaggio fino a mostrarne la crisi e lo svanire (Harry a pezzi, Hollywood Ending). È una persistenza che evidentemente appartiene al comico ma che Allen conduce sul piano della biografia seriale, declinata in diversi nomi, diverse professioni, diverse età e persino diverse età del secolo. E l'epoca questa volta è la seconda metà degli anni Trenta, Allen non precisa l'anno esatto ma è la Storia a collassare nel cinema e a depositare rovine nella commedia (i coniugi che hanno cenato con Adolf Hitler) attraverso la voce over dell'autore che si ritaglia il ruolo di narratore, misurando un dramma sentimentale con un dramma sociale. Non calca la scena del suo locale e fuori campo ci racconta una nuova storia, la storia di Bobby Dorfman in cui esprime ancora una volta il suo eroe romantico, falso perdente, schlemiel solo presunto e incarnato superbamente da Jesse Eisenberg. A lui, che arde di esaltazione amorosa e voluttuosa ironia, Allen delega se stesso, un se stesso più giovane e insicuro, ancora afflitto dai problemi con le donne, che crede ancora alle parole definitive e non crede più alle scene madri. Fuori dall'ombra in cui ha costruito i suoi migliori ruoli e sovraesposto nella luce accecante della California, Eisenberg pronuncia con esitante eloquio parole meditate e consapevolmente sbilanciate al di là di se stesse, sciolte nella fluidità del dialogo e sostenute da un sottotesto ritmico di meravigliosa resa comica.
Ma Café Society è tuttavia anche il trionfo dell'immagine autosufficiente. Tra grazia e catastrofe, tra guerra e pace, tra Los Angeles e New York, tra esterni e interni, Allen dimostra cosa sa fare col dialogo e cosa saprebbe fare senza perché il suo è un film di décor sovradimensionato e sovraffollato, figurativamente audace. Dopo aver rivitalizzato il cinismo di Billy Wilder (Irrational Man), con Café Society riemerge lo splendore sofisticato di Ernst Lubitsch svolgendo l'intermittenza amorosa di due personaggi inquieti lungo una superficie scintillante che lascia affiorare l'emozione, rimanda la realtà e approccia la morte non con l'arroganza di un giovane uomo che crede di aver scoperto i segreti dell'universo (Amore e guerra) ma con la saggezza di un vecchio signore che sa bene che il solo viatico contro l'estinzione sono i ricordi. Quelli che disegnano il suo intimo skyline, quello concreto della sua infanzia (Brooklyn) e quello accessibile solo con l'immaginazione e la fotografia di Vittorio Storaro (Manhattan).
Frammento di un unico e articolato biopic, Cafè Society rilancia la città-isola come il migliore dei mondi possibili, abitato in un breve incontro di sapore leaniano da Bobby e Vonnie, antenati di Alvy e Annie (Io e Annie) che ci lasciano allo stesso modo ostaggi di un sentimento e ci congedano in un clima di rinuncia e di struggimento da mélo. Ma l'impossibilità di compiere il desiderio, di trovarsi o pensarsi in due, stempera nella possibilità di richiamare alla memoria il primo amore ogni giorno della vita e nella certezza che l'oggetto di quell'amore lo ricambi nel medesimo istante. Istante perduto nel tempo e sciolto sul volto di neve di Kristen Stewart. Marzia Gandolfi

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