I Vitelloni

Venerdì 17 Ottobre ore 21:00
Venerdì d'essai
in versione restaurata

Genere: Commedia Anno: 1953 Regia: Federico Fellini Attori: Franco Interlenghi, Alberto Sordi, Franco Fabrizi, Leopoldo Trieste, Riccardo Fellini, Eleonora Ruffo, Jean Brochard, Claude Farell, Carlo Romano, Lída Baarová, Arlette Sauvage, Enrico Viarisio, Paola Borboni, Vira Silenti, Maja Nipora, Achille Majeroni, Silvio Bagolini, Guido Martufi, Giovanna Galli, Franca Gandolfi, Gigetta Morano, Rosalba Neri, Ottavia Piccolo, Massimo Bonini, Alberto Anselmi, Milvia Chianelli, Gustavo De Nardo, Graziella De Roc, Gondrano Trucchi, Lino Toffolo Paese: Italia, Francia Durata: 115 min

TRAMA
Quattro trentenni di una piccola città di mare, vivono nell’eterna attesa di diventare adulti. Durante le stagioni invernali, si trascinano fra il biliardo e il caffé, fra velleità letterarie, scherzi goliardici e facili avventure erotiche, in una dimensione di ozio irresponsabile. Li segue con ingenua ammirazione il più giovane Moraldo, che gradatamente si libera dall’influenza di Fausto, dongiovanni da strapazzo e decide di abbandonare il tepore protettivo del borgo per affrontare il viaggio alla volta di Roma. Fellini intreccia le vicende dei quattro vitelloni (interpretati magistralmente da Sordi, Franco Fabrizi, Leopoldo Trieste e dal fratello Riccardo), adottando una narrazione vivacemente frammentaria che culmina in sequenze di sottile amarezza (l’atmosfera disfatta del dopo Carnevale) e in situazioni beffarde (la tentata seduzione di Leopoldo da parte di un vecchio guitto omosessuale). Per la prima e unica volta nel cinema felliniano, il mondo degli adulti (i genitori dei vitelloni) è rappresentato come un modello etico, senza ambiguità. Le riprese si svolsero per lo più a Ostia e, nelle prime copie del film, i distributori non vollero figurasse il nome di Sordi, che a quell’epoca ritenevano fosse sgradito al pubblico.

CRITICA
“I vitelloni riconferma la vena satirica più viva che oggi conti il nostro cinema; che l’atmosfera grigia della provincia (quelle strade notturne, per le quali echeggiano i canti e le battute sciocche dei vitelloni; quelle case povere, modeste o comode, in ogni caso onorate, in cui l’inutilità professionale di quei giovinastri trova rifugio ogni notte dopo l’ozioso girovagare; quel mare squallido; quei periodici sussulti di euforia artificiosa: la festa col concorso di bellezza, il veglione) ed alcune psicologie (quella del bellimbusto Fausto, quella del giullare Alberto, assai pittorescamente interpretato da Sordi, quella del “signorino” Moraldo) appaiono interpretate da un osservatore e psicologo assai acuto. Il quale, da buon moralista, sa spremere alla fine un senso dal suo racconto, che non vuol certo essere un semplice “divertissement”.

Troppi “leoni” al lido, (Giulio Cesare Castello “Cinema” (nuova serie), a. VI, n. 116, 31 agosto 1953)

“La freschezza non manca certo alla gamma di Fellini. Il suo maggiore merito è proprio quello di non badare al macchinoso, al prestabilito; ma di abbandonarsi a ciò che sente e risente, a momenti e stati d’animo apparentemente trascurabili o di secondo piano. Invece, in quei momenti è artista; e tutto rivela allora una vibrazione e un significato”. (Mario Gromo, “La Stampa”, 9 ottobre, 1953)

“Anche se non conoscessimo la sua attività passata […], basterebbero poche inquadrature per far chiaro che Federico Fellini è un umorista. Ma un umorista malinconico, ci sia o no contraddizione. Sorride, ma con amarezza. E’ chiaro che il piccolo mondo neghittoso e turbolento ch’egli descrive gli dà la stessa sgradevole impressione che dà a noi, un mondo di creature sciupate, di superflue esistenze. Lo comprende, lo studia; non direi lo schernisca; piuttosto lo commisera, ma è evidente che cerca con ironia il contrasto tra il molto presumere e lo squallido essere. (Arturo Lanocita, “Corriere della Sera”, 28 agosto 1953)


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