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Leviathan


venerdì 30_10 ore 21.15

GENERE: Drammatico
ANNO: 2014
REGIA: Andrey Zvyagintsev
SCENEGGIATURA: Oleg Negin, Andrey Zvyagintsev
ATTORI: Alexey Serebryakov, Roman Madyanov, Yelena Lyadova, Vladimir Vdovichenkov
FOTOGRAFIA: Mikhail Krichman
PAESE: Russia
DURATA: 140 Min






Trama
Kolia vive in una remota località rurale nel nord della Russia, vicino al mare. In quel piccolo paese un sindaco prepotente e corrotto ha deciso di volere per sè le terre di Kolia e cerca quindi di comprarle. Ex-militare e uomo dal temperamento violento e coriaceo, Kolia non solo non accetta ma si scaglia con violenza in una causa legale per mettere in mutande il sindaco stesso. Ad aiutarlo c'è un amico, avvocato di Mosca, con lui sotto le armi e molto determinato nel fermare quest'abuso.

Recensione

Viene dritta dal libro di Giobbe questa parabola umana di disperazione ma è asciugata completamente da qualsiasi forma di speranza o fiducia in Dio (e figuriamoci nella Chiesa!). I disastri nella vita del protagonista infatti si susseguono uno dopo l'altro ma non è tanto la volontà di Satana a metterlo alla prova, quanto più prosaicamente l'accanimento del sindaco cioè della forma minore di potere statale che si possa incontrare.
Dividendo con molta cura il film in due parti, una prima iniettata di pesanti dosi di ironia contro tutti (il popolo russo, le abitudini malsane legate al bere, la propria storia politica...) e una seconda in cui prende piede sempre di più il destino di sofferenza del protagonista, Zvyagintsev riesce a costruire un mondo al limite dell'umano in cui paesaggi desolati svelano con sempre maggiore decisione la totale solitudine umana. Quelle lande che Il ritorno aveva esplorato attraverso il viaggio qui appaiono statiche, immobili, ferme e proprio per questo agghiaccianti.
Tra relitti di un'altra epoca (case distrutte, imbarcazioni sventrate...) e relitti di esseri viventi (un gigantesco scheletro di Balena che non può non far pensare al Leviatano del titolo) si muovono uomini che lentamente perdono tutto ad opera proprio di quello stato del quale dovrebbero essere parte fondante, che dovrebbe garantire le loro libertà nella visione dell'altro Leviatano, quello di Hobbes. È infatti con un certo rigore e una chiarezza espositiva che non lascia dubbi che Zvyagintsev raduna intorno ad un tavolo i tre poteri (legislativo, esecutivo e giudiziario) nel momento in cui il sindaco pianifica il suo contrattacco. Didascalicamente mette lo stato nella forma più alta (c'è una geniale preponderanza nella fotografia della classica foto di Putin sul muro dell'ufficio del sindaco) a tramare, a braccetto con il potere ecclesiastico. Con equilibrismo invidiabile Leviathan riesce in questo modo a non dare mai l'impressione di accanirsi sui protagonisti ma semmai di condurli in un percorso di sofferenza imputabile ai personaggi e non al sadismo dell'autore. Nel clima desolato in cui è immersa la storia l'impressione è che quella sia l'unica possibile strada per tutti coloro i quali decidono di alzare la testa.
A chiudere la parabola c'è un finale di alto valore simbolico (specie se raffrontato a quello con cui nella Bibbia si chiudono le peripezie di Giobbe, cioè con la restituzione delle sue fortune raddoppiate) che fa piazza pulita di qualsiasi similitudine biblica e dimostra come il film abbia usato una parabola tra le più conosciute dall'uomo per svelare la mancanza di un senso superiore nelle vite individuali. La chiesa non è un conforto e in nessuno degli incredibili paesaggi che costellano tutto il film sembra di intuire una presenza superiore che regoli tutto, solo il silenzio del vento e il vuoto delle anime. Gabriele Niola

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Le mani sulla città


martedì 27_10 ore 21.15
Cinema Ritrovato

GENERE: Drammatico
ANNO: 1963
REGIA: Francesco Rosi
SCENEGGIATURA: Francesco Rosi, Raffaele La Capria, Enzo Provenzale, Enzo Forcella
ATTORI: Rod Steiger, Salvo Randone, Guido Alberti, Angelo D'Alessandro, Carlo Fermariello, Marcello Cannavale, Alberto Canocchia, Gaetano Grimaldi Filioli, Terenzio Cordova,
PAESE: Italia
DURATA: 105 Min




Trama
Napoli, primi Anni Sessanta. Crolla un palazzo a causa di un cantiere limitrofo di proprietà di un certo Nottola, speculatore edilizio appoggiato dalla maggioranza che guida l'amministrazione della città. Viene aperta una commissione d'inchiesta dalla quale emerge che le pratiche per la concessione sono state corrette dal punto di vista formale. Nottola è però diventato 'scomodo' e non è possibile garantirgli il posto da assessore che egli pretende in seguito alle ormai imminenti elezioni.

Recensione
Ci sono film, anche di valore, che con il passare degli anni perdono la presa che ebbero al momento della loro uscita e restano lì a farsi ammirare come un prezioso utensile del passato di cui riconosciamo la perfezione ma che può solo restare chiuso in una teca. Altri invece (e il film di Rosi è fra questi) che invece conservano una loro inattaccabile attualità. Verrebbe da dire: purtroppo. Purtroppo perché quei problemi, quel malcostume, quel modo di intendere l'amministrazione della cosa pubblica perdurano. È sicuramente anche questo uno dei motivi della tenuta di Le mani sulla città ma quello che lo distacca dalla cronaca politica è lo stile narrativo.
Rosi non fa un 'film di denuncia', va oltre. Sceglie un taglio da "cinema verité" quando riprende le sedute del Consiglio comunale offrendoci dei totali di un'aula in cui ci si prepara a una lotta di tutti contro tutti. Da questo magma fa emergere delle figure che sono rappresentative di posizioni e di interessi diversi che finiscono con il ruotare attorno a Nottola (interpretato da un Rod Steiger che domina l'inquadratura). Sarebbe facile definire 'profetico' un film in cui si agitano 'mani pulite' o in cui il conflitto di interessi diviene tanto palese quanto socialmente metabolizzato. Le mani sulla città è qualcosa di più e di diverso. È un film che va alle radici di uno dei cancri che hanno corroso e continuano a corrodere la nostra società e ne mette spietatamente in luce le metastasi. Divenendo un paradigma (anche se non del tutto compreso, al di là delle polemiche sul suo contenuto, al momento dell'uscita). Tanto che anche il cinema successivo gli ha reso omaggio in più occasioni. Due esempi per tutti. La voga da fermo di Nanni Moretti, protagonista de La seconda volta di Mimmo Calopresti, che richiama l'entrata in scena di Maglione e il politico non vedente in Baarìa che, dinanzi a un plastico di un nuovo complesso edilizio, mette, letteralmente, 'le mani sulla città'. Giancarlo Zappoli

Inside Out



domenica 25_10 ore 15.00



GENERE: Animazione
ANNO: 2015
REGIA: Pete Docter
SCENEGGIATURA: Pete Docter, Meg LeFauve, Josh Cooley
PRODUTTORE: Disney - Pixar
PAESE: USA
DURATA: 94 Min







Trama
Crescere può essere faticoso e così succede anche a Riley, che viene sradicata dalla sua vita nel Midwest per seguire il padre, trasferito per lavoro a San Francisco. Come tutti noi Riley è guidata dalle sue emozioni: Gioia, Paura, Collera, Disgusto e Tristezza. Le emozioni vivono nel centro di controllo che si trova all'interno della sua mente e da lì la guidano nella sua vita quotidiana. Mentre Riley e le sue emozioni cercano di adattarsi alla nuova vita a San Francisco, il centro di controllo è in subbuglio. Gioia, l'emozione principale di Riley, cerca di vedere il lato positivo delle cose ma le altre emozioni non sono d'accordo su come affrontare la vita in una nuova città, in una nuova casa e in una nuova scuola.

Recensione
«Inside out», non a caso definito «uno dei più bei titoli della Pixar» dal maggiore esperto italiano d'animazione Marcello Garofalo, è un capolavoro di ridotte quanto armoniche proporzioni, in realtà assai complesso, ma godibile a livello di bambino e adulto nonché basato su un'idea tanto forte e ardita da essere capace di sorprendere il geniale team degli autori allo stesso modo e nello stesso tempo in cui sorprenderà milioni di spettatori. In particolare Pete Docter, consolidato talento della factory di John Lasseter, si è ispirato per il suo esordio registico al passaggio tra infanzia e adolescenza della figlia, riuscendo nell'affatto scontata impresa di ambientare la trama pressoché interamente nella testa dell'undicenne Riley in procinto di cadere in balia dell'instabilità umorale connaturata all'età difficile. Se le emozioni restano le fondamenta del grattacielo cinematografico hollywoodiano, è in fondo logico che alle stesse vengano una buona volta consegnati ruoli in qualche modo realistici (...) un universo autonomo, caustico e un pizzico moralistico, imperniato sul quel sofisticato blend avventuroso/fantastico che da Alice e le sue meraviglie discende fino a Disney e Disneyland, il cinema musical, horror e thrilling, l'innovatore Spielberg e naturalmente «Toy Story» capostipite della casa fondata nell'85 da Lasseter. Sfidando infine l'acribia degli esperti del ramo, anche l'animazione, i colori e il design ci sembrano all'altezza della posta in palio, di fatto assai delicata perché stavolta a interagire con l'eroina Pixar sono chiamati personaggi dalla struttura per cause mutevole, imprevedibile e astratta. (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 17 settembre 2015)

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Black Mass - L'ultimo gangster


giovedì 22_10 ore 21.15
sabato 24_10 ore 21.15
domenica 25_10
ore 18.00 e 21.15

 GENERE: Azione, Drammatico
ANNO: 2015
REGIA: Scott Cooper
SCENEGGIATURA: Scott Cooper
ATTORI: Johnny Depp, Joel Edgerton, Sienna Miller, Benedict Cumberbatch, Dakota Johnson, Rory Cochrane, Kevin Bacon, Adam Scott, Corey Stoll, Peter Sarsgaard, Jesse Plemons, Julianne Nicholson, Jeremy Strong
FOTOGRAFIA: Masanobu Takayanagi
PAESE: USA
DURATA: 122 Min



Trama
Boston (1970), l'agente dell'FBI John Connolly (Edgerton) persuade il gangster irlandese James "Whitey"Bulger (Depp) a collaborare con l'FBI per eliminare un nemico in comune: la mafia italiana. Il dramma racconta la vera storia di questa alleanza che permise a "Whitey" di eludere l'applicazione della legge, consolidare il potere, e diventare uno dei gangster più spietati e potenti nella storia Boston.

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Le regole del caos


ven 23_10 ore 21.15
Rassegna venerdì d'essai

GENERE: Drammatico, Sentimentale, Storico
ANNO: 2014
REGIA: Alan Rickman
SCENEGGIATURA: Alison Deegan
ATTORI: Kate Winslet, Alan Rickman, Matthias Schoenaerts, Helen McCrory, Stanley Tucci, Jennifer Ehle, Danny Webb, Phyllida Law, Steven Waddington, Adrian Scarborough, Adam James, Henry Garrett, Cathy Belton
FOTOGRAFIA: Ellen Kuras
PAESE: Gran Bretagna
DURATA: 112 Min



Trama
Anno 1682. Sabine De Barra (Kate Winslet), donna volitiva e talentuosa, lavora come paesaggista nei giardini e nelle campagne francesi. Finché un giorno riceve un invito inaspettato: Sabine è in lizza per l'assegnazione di un incarico alla corte di Luigi XIV (Alan Rickman). Se, al primo incontro, l'artista della corte del Re Sole André Le Notre (Matthias Schoenaerts) appare disturbato e indispettito dall'occhio attento di Sabine e dalla sua lungimirante natura, alla fine sceglie proprio lei per realizzare uno dei giardini principali del nuovo Palazzo di Versailles. Malgrado - e forse proprio grazie - al poco tempo a disposizione, il valore della ricerca artistica individuale di Sabine, del suo "little chaos" sarà presto riconosciuto anche da Le Notre.

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Per un pugno di dollari


mart 20_10 ore 21.15
Cinema Ritrovato

DATA USCITA: 12 settembre 1964
GENERE: Western
ANNO: 1964
REGIA: Sergio Leone
ATTORI: Clint Eastwood, Marianne Koch, Gian Maria Volonté, Wolfgang Lukschy, Sieghardt Rupp, Joseph Egger, José Calvo, Margarita Lozano, Daniel Martin, Benito Stefanelli, Bruno Carotenuto, Aldo Sambrell, Mario Brega, Antonio Prieto, José Orjas, Fredy Arco, Raf Baldassarre, Antonio Molino Rojo
PAESE: Germania, Spagna, Italia
DURATA: 100 Min




Trama
Pistolero solitario, Joe arriva a San Miguel, cittadina al confine tra Stati Uniti e Messico divisa dalla lotta per il monopolio di due famiglie, i Rojo e i Baxter, che commerciano rispettivamente in alcol e in armi. Fingendo di vendersi ai primi, Joe fa in realtà il doppio gioco con lo scopo di mettere gli uni contro gli altri e trarre profitto dalla reciproca eliminazione delle forze antagoniste. Scoperto l'inganno, i Rojo torturano Joe che, salvatosi in extremis, sferrerà l'ultimo colpo in uno spettacolare duello.

Recensione
Straordinario successo al botteghino di un titolo che inaugurerà la fruttuosa stagione del cosiddetto "spaghetti western", Per un pugno di dollari costituisce la prima astutissima mossa di quella "trilogia del dollaro" che, insieme a Per qualche dollaro in più e Il buono, il brutto, il cattivo, consegnerà il cinema di Sergio Leone alla storia del cinema. Per certi versi inferiore ai due successivi movimenti, più compositi e articolati, rappresenta una lezione insostituibile per quella rappresentazione grafica della violenza che sarà assorbita da molti cineasti attivi tra i Sessanta e i Settanta. Differentemente dal western classico, il tema della conquista della frontiera, qui, lascia il passo a una "dimensione più privata", a rondò estremamente fisici il cui motore primo sembra essere quello della sete di vendetta. Da un soggetto fortemente ispirato a La sfida del samurai di Akira Kurosawa, che fece causa e fu risarcito con i diritti esclusivi di distribuzione in Estremo Oriente, Leone mette a punto, di fatto, un nuovo linguaggio in cui la fanno da padrone nichilismo e pessimismo, raggelante ironia e una generale brutalità a livello visivo, ritmico, recitativo, è il caso della bidimensionalità di ogni personaggio.
Imitatissimo e inimitabile, Per un pugno di dollari è un film spartiacque non solo per il cinema italiano che nasconde in sé più di quanto mostri ad una sommaria visione: «in esso confluiscono liberamente richiami all'Iliade e all'Odissea, all'Arlecchino servitore di due padroni di Goldoni, a Shakespeare (del resto il film di Kurosawa rilegge Red Harvest di Dashiell Hammett, punto d'incontro ideale tra letteratura noir americana e tragedia elisabettiana...)» (Stefano Della Casa, Cinema popolare italiano del dopoguerra in Storia del Cinema Mondiale vol. VII, Einaudi, p. 805).
Nell'ottica di un sfruttamento commerciale internazionale, i titoli di testa celano dietro a pseudonimi anglofoni i realizzatori: Leone diventa Bob Robertson (in omaggio al padre regista che si firmava Roberto Roberti), tra gli altri, il direttore della fotografia Massimo Dallamano è Jack Dalmas e Gian Maria Volonté appare come John Wells.
All'intensità della visione contribuisce non poco il lavoro svolto da Ennio Morricone (alias Don Savio), alla prima collaborazione con il regista, autore di una partitura resa indimenticabile anche dal fischio di Alessandro Alessandroni. Girato in Almeria. Marco Chiani 

Io e lei


giovedì 15_10 ore 21.15
sabato 17_10 ore 21.15
domenica 18_10
ore 18.00 e 21.15

GENERE: Commedia, Drammatico
ANNO: 2015
REGIA: Maria Sole Tognazzi
SCENEGGIATURA: Maria Sole Tognazzi, Francesca Marciano, Ivan Cotroneo
ATTORI: Margherita Buy, Sabrina Ferilli, Fausto Maria Sciarappa, Domenico Diele, Ennio Fantastichini, Alessia Barela, Massimiliano Gallo, Anna Bellato, Roberta Fiorentini
PAESE: Italia
DURATA: 97 Min




Trama
Marina e Federica sono una coppia stabile che convive da 5 anni. Marina è un'ex attrice e un'imprenditrice di successo che ha sempre saputo di essere lesbica, ma che per esigenze di lavoro ha aspettato qualche tempo a fare outing. Federica è architetto, è stata sposata, ha un figlio ormai adulto, e dopo il divorzio si è innamorata di Marina, la sua prima relazione omosessuale. Ma non si considera lesbica e non gradisce che la sua convivenza diventi di dominio pubblico. Quando Federica si imbatte in una figura del proprio passato il rapporto fra le due donne si incrina e vengono alla luce tutte le loro fragilità.

Recensione
Maria Sole Tognazzi si cimenta ancora una volta con quelle figure femminili che popolano la realtà italiana contemporanea ma sembrano essere bandite dal nostro cinema: donne complesse, contraddittorie, non riducibili a un ruolo tradizionale ma in cerca di una propria identità da inventarsi ogni giorno, scevra da compromessi e aspettative. Anche Io e lei è privo di moralismi e prese di posizione aprioristiche e sceglie di raccontare una storia d'amore che solo incidentalmente ha luogo fra persone appartenenti allo stesso sesso, riproponendo dinamiche di coppia universalmente riconoscibili. L'irrequietezza di Federica, donna adulta assai meno risolta di Marina, è un modo di non accettare fino in fondo la propria natura profondamente anticonvenzionale, che va ben al di là delle scelte sessuali. Per contro Marina rinuncia, per amore, a pretendere da Federica quella coerenza che a lei è costata non poca fatica.
Seguendo l'esempio della urban comedy d'oltreoceano (alla Nora Ephron o alla Woody Allen, per intenderci) e tenendo come faro l'equilibro fra autorialità e appeal commerciale di I ragazzi stanno bene, Io e lei racconta la quotidianità di una coppia omosessuale senza cedere agli stereotipi (con la possibile eccezione del cameriere filippino), esplorando la complessità degli equilibri fra persone che si amano ma che non per questo rinunciano alla propria unicità. La sceneggiatura (della regista insieme a Francesca Marciano e Ivan Cotroneo) è raffinata e credibile, si declina su dimensioni socioculturali diverse (benché dia più spazio all'ambiente altoborghese) e mantiene un tono divertito anche nei momenti dolorosi, un sottotesto dolente anche nei momenti comici.
Il cast corale funziona in modo magistrale e Margherita Buy mette a frutto la sua intrinseca vaghezza per rappresentare i dubbi esistenziali di Federica. Ma Io e lei appartiene a Sabrina Ferilli, irresistibile nei panni di Marina, una donna completa che non rinuncia alle proprie radici ma che ha voluto diventare la donna che sapeva da sempre di essere. Non c'è saccenza nella sua interpretazione, né facili concessioni alla macchietta: non solo quella della lesbica "maschile", ma anche quella dell'ex attrice coatta, o della donna manager carrierista. La sua Marina è, semplicemente, una persona reale, piena di tenerezza e ironia, di passione e curiosità, e non permette a nessuno di dirle chi è, o chi deve amare. 

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Pitza e datteri


ven 16_10 ore 21.15
Rassegna venerdì d'essai

GENERE: Commedia
ANNO: 2015
REGIA: Fariborz Kamkari
SCENEGGIATURA: Antonio Leotti, Fariborz Kamkari
ATTORI: Giuseppe Battiston, Maud Buquet, Mehdi Meskar, Hassani Shapi, Giovanni Martorana, Esther Elisha, Gaston Biwolè, Monica Zuccon, Hafida Kassoui
FOTOGRAFIA: Gogò Bianchi
PAESE: Italia
DURATA: 92 Min




Trama
Una piccola comunità islamica con sede a Venezia deve fronteggiare una crisi imprevista: il suo luogo di culto è stato evacuato dalle forze dell'ordine e ha lasciato posto ad un hair stylist unisex, gestito da una mussulmana turco-francese progressista che tiene "collettivi femministi". In aiuto alla piccola comunità arriva un giovanissimo imam di origini afghane cresciuto in Italia: sarà lui a guidare il nucleo (anche "armato") composto, fra gli altri, da un veneziano abbandonato dal padre e inseguito dalle autorità e da un curdo "che non può tornare ma solo e sempre andare".

Recensione
Dopo I fiori di Kirkuk, il regista e sceneggiatore iraniano di origine curda Fariborz Kamkari si cimenta con una favola multietnica ambientata in una Venezia lontana dagli stereotipi turistici, usando luci e colori per illuminare interni fatiscenti e fast food etnici, il negozio della parrucchiera come le calli della Serenissima. La colonna sonora, firmata dall'Orchestra di Piazza Vittorio, fa da ulteriore collante e la lingua italiana è un esperanto fra stranieri nel Bel Paese (compreso l'unico italiano). Il ritmo comico non è all'altezza di quello musicale, ma la narrazione è ricca di grazia e affronta tematiche scottanti, come il trattamento delle donne da parte degli integralisti islamici, in maniera ironica e gentile (ma mai condiscendente). Di ottima qualità la fotografia che vede la bellezza in ogni angolo senza diventare eccessivamente estetizzante.
Resteremmo comunque nell'ambito della commedia multietnica vagamente buonista se la parabola del veneziano Vendramin, convertito all'Islam e rinominato Mustafa, non rendesse le cose più interessanti e meno politically correct. Il suo smarrimento identitario, dovuto più alla "protesta contro il sistema capitalistico corrotto", le banche e le agenzie di riscossione che alla convinzione religiosa, è quello di un Paese che ha perso i propri punti di riferimento insieme alle proprie radici, ed esige "rispetto per tutti, senza umiliazioni". Il che, avverte Kamkari, rischia di condurre ad un epilogo "violento".

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Amarcord

martedì 13_10 ore 21.15

GENERE: Commedia, Drammatico
ANNO: 1973
REGIA: Federico Fellini
SCENEGGIATURA: Federico Fellini, Tonino Guerra
ATTORI: Pupella Maggio, Armando Brancia, Magali Noël, Ciccio Ingrassia, Nando Orfei, Luigi Rossi, Gianfilippo Carcano, Gennaro Ombra, Bruno Zanin, Dina Adorni, Domenico Pertica, Francesco Vona, Maria Antonietta Belluzzi, Stefano Proietti, Josiane Tanzilli, Giuseppe Ianigro, Lino Patruno, Bruno Lenzi, Francesco Maselli, Carla Mora, Antonino Faà Di Bruno
FOTOGRAFIA: Giuseppe Rotunno
MONTAGGIO: Ruggero Mastroianni
MUSICHE: Nino Rota
PAESE: Francia, Italia
DURATA: 125 Min



Amarcord in dialetto romagnolo (il dialetto di Fellini) vuol dire "mi ricordo", e il regista ricorda gli anni della sua infanzia, gli anni Trenta, al suo paese.
Passano dunque i miti, i valori, il quotidiano di quel tempo: le parate fasciste, la scuola (con l'insegnante prosperosa che stuzzica i primi pensieri), la ragazza "che va con tutti", la prostituta sentimentale, la visita dell'emiro dalle cento mogli, lo zio perdigiorno che si fa mantenere, la Mille Miglia, i sogni ad occhi aperti, il papà antifascista che si fa riempire d'olio di ricino, il paese intero che in mare, sotto la luna, attende il passaggio del transatlantico Rex.
Fellini nel '76 era ancora in grado di incantare praticamente con niente, confezionando appunto il "niente" con colori, fantasia e sensazioni. Si giova dei soliti collaboratori, a cominciare da Nino Rota sempre importantissimo nell'economia del cinema felliniano.
Pino Farinotti

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La prima luce


giovedì 8_10 ore 21.15
sabato 10_10 ore 21.15
domenica 11_10
ore 18.00 e 21.15 

GENERE: Drammatico
ANNO: 2015
REGIA: Vincenzo Marra
SCENEGGIATURA: Angelo Carbone, Vincenzo Marra
ATTORI: Riccardo Scamarcio, Daniela Ramirez, Gianni Pezzolla, Luis Gnecco, Alejandro Goic
PAESE: Italia
DURATA: 108 Min








Trama
Martina (Daniela Ramirez) non ne può più. Sente che la sua storia con Marco (Riccardo Scamarcio, bravo) ormai è finita e vive con disagio la lontananza della terra natia: desidera solamente poter tornare a “casa” sua. Ma l’America Latina è lontana e a Bari, da ormai sette anni, oltre a Marco c’è anche Mateo (Gianni Pezzolla), bambino amato da entrambi i genitori che, inevitabilmente, soffre la situazione di crisi che si è venuta a creare. Martina però è decisa e, senza il consenso del compagno, approfittando di un suo viaggio di lavoro, prende Mateo e scappa oltreoceano. Un giorno, due, cinque, dieci: nessuna notizia. Marco, avvocato cinico e rampante, non può più aspettare, e tenta l’ultima carta: partire anche lui alla volta del Cile per tentare di ritrovare suo figlio.

Recensione
Tema di drammatica attualità quello affrontato da Vincenzo Marra nel suo nuovo film, La prima luce, ospitato alle Giornate degli Autori di Venezia72: le storie dei “figli contesi” riempiono ormai da tempo anche le pagine dei quotidiani. Terreno scivoloso e delicato, difficile da calpestare in termini emotivi e giuridici, arduo e complesso da percorrere anche nel momento in cui si decide di “romanzarlo” per portarlo sul grande schermo. Ebbene Marra, forte di una sensibilità non nuova, che ormai da tempo contraddistingue la sua cifra stilistica, riesce nella non facile traduzione, realizzando un film tanto doloroso quanto dignitoso: nessun ricorso a scene madri o facili pietismi, piuttosto la volontà di tratteggiare con un sussurro, dei silenzi, due parole, qualche abbraccio, il carattere e la psicologia dei suoi personaggi.
Entrambi innocenti e al tempo stesso colpevoli, Martina e Marco sono facce di un’unica medaglia: non a caso, l’ambientazione del film è chirurgicamente divisa in due, proprio a sottolineare la difficoltà e il disagio provato prima da una, poi dall’altro, in luoghi non sentiti come propri.
Il mare primaverile della Puglia, il freddo dell’inverno ai piedi delle Ande: in mezzo c’è il sentimento non variabile del piccolo Mateo. Che dovrebbe essere salvaguardato a prescindere dagli egoismi di uno o dell’altro genitore. via

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La regola del gioco


ven 9_10 ore 21.15

GENERE: Biografico, Drammatico, Thriller
ANNO: 2014
REGIA: Michael Cuesta
SCENEGGIATURA: Peter Landesman
ATTORI: Jeremy Renner, Paz Vega, Michael Sheen, Ray Liotta, Andy Garcia, Mary Elizabeth Winstead, Robert Patrick, Michael K. Williams, Barry Pepper, Oliver Platt, Rosemarie DeWitt
FOTOGRAFIA: Sean Bobbitt
PAESE: USA
DURATA: 112 Min




Gary Webb è un reporter di talento che lavora per un giornale di provincia. Intraprendente, drogato di lavoro e sempre alla ricerca dello scoop, Webb mette le mani su una storia di narcotraffico che si trasformerà nello scandalo CIA-Contras e nella rovina della sua carriera e vita.
Il miglior cinema d’inchiesta una volta lo facevamo noi, ma di Petri, Rosi e Montaldo non ne nascono spesso, nonostante la materia prima non manchi dalle nostre parti. Lo stesso vale per gli Stati Uniti, che ha una tradizione altrettanto radicata, soprattutto quando a essere coinvolta è la stampa.
La regola del gioco racconta in buona forma una delle pagine più nere della recente storia americana, facendo anche un’interessante digressione sul confine sottile tra verità e menzogna e notizia e informazione, due cose queste ultime che non sempre coincidono.
Quest’ambiguità di fondo rende il film ancora più intrigante e Michael Cuesta, regista che in televisione con Dexter e Homeland ha ben gestito questi temi, mantiene un ottimo equilibrio fino alla fine. Merito anche di un eccellente Jeremy Renner, attore notevole che si sta meritatamente ritagliando uno spazio importante nella Hollywood di oggi. Alessandro De Simone

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