Partisan


Rassegna d'essai
venerdì 11_12
ore 21.15

GENERE: Drammatico , Thriller
ANNO: 2015
REGIA: Ariel Kleiman
ATTORI: Vincent Cassel, Jeremy Chabriel, Nigel Barber, Florence Mezzara
SCENEGGIATURA: Ariel Kleiman, Sarah Cyngler
FOTOGRAFIA: Germain McMicking
MONTAGGIO: Chris Wyatt, Jack Hutchings
MUSICHE: Daniel Lopatin
PAESE: Australia
DURATA: 98 Min



Trama
L’undicenne Alexander vive in una sorta di comune alla periferia degradata di una città senza nome. Capo della piccola comunità composta da donne e bambini è un solo uomo adulto, Gregori, figura carismatica che governa incontrastata elargendo affetto e regole ferree, insegnando ai bambini a coltivare la terra ma anche a uccidere, sia per procurarsi il sostentamento vitale che per difendersi da un mondo esterno che Gregori descrive loro come ostile, ingiusto e crudele. Alexander però è sveglio e curioso, durante le sue missioni omicide al di fuori dalla comune raccoglie piccoli oggetti e viene in contatto con gli abitanti di quel mondo esterno, cominciando a porsi qualche domanda sulle regole imposte da Gregori e su quel padre padrone di cui ha sempre accettato la weltanschauung.
 
Recensione
Partisan è una parabola su un microcosmo distopico (e dispotico) in cui pensare con la propria testa vuol dire rischiare l’isolamento, e forse anche la vita. Il regista australiano Ariel Kleiman debutta al lungometraggio dopo una manciata di corti pluripremiati inserendosi in quel circuito festivaliero del quale condivide pregi e difetti: dalla parte dei difetti la lentezza dilatata, l’autocompiacimento e anche una certa furbizia nell’usare i codici espressivi cari ai critici internazionali. Dalla parte dei pregi, e sono molti, la padronanza del mezzo cinematografico, la capacità di creare un universo che obbedisce solo alle proprie regole narrative e filmiche (in perfetta aderenza fra forma e contenuto, trattandosi di una storia su una comunità autoctona), la volontà di raccontare principalmente per immagini senza scendere in spiegazioni didascaliche, la qualità iponotica ed enigmatica della narrazione.
Partisan deve sicuramente molto al cinema che lo ha preceduto, da Il signore delle mosche a Dogtooth passando per Mosquito Coast ma anche, per restare in ambiente australiano, per quell’Animal Kingdom che dà anche il nome a uno dei produttori del film di Kleiman. È supremamente aussie l’abilità nel correlare la ferocia di Gregori e dei suoi piccoli killer alla bestialità intrinseca nella natura umana, la cui componente ferina è sempre latente sotto la superficie civilizzata: un contrasto particolarmente visibile in paesi come l’Australia, dove flora e fauna selvagge sono ancora dominanti sull’urbanizzazione, e in cinematografie come quelle di Peter Weir e Bruce Beresford, ma anche del neozelandese Peter Jackson.
Ad ancorare Partisan in termini di gravitas e credibilità sono le eccellenti performance di Vincent Cassell nei panni di Gregori, potente più nel mostrare vulnerabilità ed empatia che nel lasciar trapelare la violenza repressa e la minaccia sotto l'apparenza paterna, e del neofita Jeremy Chabriel, di impressionante intensità espressiva e di evidente (nel senso di ben visibile) fibra morale.
Attraverso questa favola nera, in cui tutta la conoscenza passa attraverso un unico orco che fornisce il training e gli strumenti per uccidere ma non quelli per sviluppare un pensiero autonomo, Kleiman racconta in forma metaforica la tragedia dei bambini soldato cui è proibita la disobbedienza alla regola omicida, e più in generale la necessità di mettere in discussione l’autorità e autodeterminarsi, scegliendo autonomamente l'universo cui vogliamo appartenere. 

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