UN GIORNO DEVI ANDARE


ven 26_4 ore 21.15 (rassegna venerdì d'essai)
sab 27_04 ore 21.15
dom 28_04 ore 18.00 e 21.00


GENERE: Drammatico
REGIA: Giorgio Diritti
SCENEGGIATURA: Giorgio Diritti
ATTORI: Jasmine Trinca, Anne Alvaro, Pia Engleberth, Sonia Gessner, Amanda Fonseca Galvao, Paulo De Souza, Eder Frota Dos Santos, Manuela Mendonça Marinho, Federica Fracassi
FOTOGRAFIA: Roberto Cimatti
MONTAGGIO: Esmeralda Calabria
MUSICHE: Marco Biscarini, Daniele Furlati
PAESE: Francia, Italia 2013
DURATA: 110 Min





Trama
Augusta è una giovane donna in viaggio. Lasciata l'Italia per il Brasile, si lascia portare dalla corrente del fiume, approdando sulle sponde e nella vita degli indios che suor Franca, amica della madre, vuole evangelizzare a colpi di preghiera e bambinelli luminescenti. Sorda al richiamo di qualsiasi dio e refrattaria alla condotta missionaria, Augusta sceglie laicamente di "essere terra", proseguendo da sola e affittando una stanza a Manaus, capitale dell'Amazonas sulla riva del Rio Negro. Decisa a dare un senso alla sua 'navigazione' si stabilisce nella favela, dove la povertà è lambita da una ricchezza che compra uomini, donne e bambini. Accolta da Arizete, madre e nonna dentro una famiglia numerosa, Augusta trova nelle relazioni umane consolazione al suo dolore e al suo lutto: un bambino perduto, un marito dileguato, una vita disfatta. Ma l'afflizione di una nuova amica la persuade a riprendere il viaggio e il fiume. Sbarcata su un'isola si esclude dal mondo e dagli uomini, sprofondando nei silenzi interiori e nei suoni ancestrali della natura.


Recensione

Alla maniera dei suoi personaggi, i film di Giorgio Diritti sono gioielli (in)visibili che si affermano con la propria forza e la propria grazia. Orgogliosamente indipendenti, sfidano le logiche produttive e l'indifferenza dei distributori, scoprono mondi, volti, corpi e paesaggi come da tempo non si vedevano nel cinema italiano. Un giorno devi andare non fa eccezione e rilancia con sguardo limpido ed esatto quel sentimento della comunità già emerso ne Il vento fa il suo giro e in L'uomo che verrà. Dopo essersi trattenuto coi valligiani tra i monti della Val Maira e dopo aver 'resistito' con i contadini bolognesi sulle montagne di Monte Sole, Diritti lascia la terra per risalire il fiume e la vita di una giovane donna 'interrotta' da un dolore che diventa opportunità di (ri)scoprirsi. La comunità che ne Il vento fa il suo giro boicottava i nuovi venuti fino a estrometterli dal villaggio in Un giorno devi andare è umanità accogliente e fidente. La favela di Manaus è luogo geografico e luogo dell'anima in cui Augusta diventa personalità insostituibile al di là delle tentazioni di fuga dal reale e di illusoria autorealizzazione nel privato. La dialettica tra individuo e comunità assume allora un valore definitivo per la coscienza personalista, superando la ricerca di un'originalità estenuante, individualistica e individualizzante. La perdita del suo bambino, e la conseguente sterilità, le impediscono di concepire ma non di essere madre e di avere cura degli altri, che da quella parte del mondo non hanno paura di 'farsi insegnare' da un forestiero.
Sensibile e generosa, l'Augusta di Jasmine Trinca contrappone il dialogo e il monologo (interiore) al soliloquio religioso, riconoscendo il valore della diversità culturale e il valore della sua comprensione. Se gli indigeni sono per lei il termine di paragone con un passato di purezza perduta e la favela terreno di socialità, solidarietà e convivialità, Augusta 'incarna' per i favelados la speranza di dare nuova vita a una comunità (e)marginalizzata e alla mercé dei narcotrafficanti che agiscono con modalità speculari allo Stato. Ancora una volta la prospettiva, etica, estetica e antropologica, che l'autore bolognese assume è quella degli umili, vittime di un controverso progetto di urbanizzazione della favela, perseverato con meccanismi opachi di selezione dei beneficiari che finiscono per produrre forti competizioni e ostacolare le iniziative solidali di mobilitazioni. Da quell'ordine precario, che può crollare in ogni istante al modo di una baracca dopo una piena, da quell'"insuperabile povertà" e da quell'essere fuori e tuttavia appartenere ripartirà di nuovo la protagonista, scegliendo la solitudine come modalità radicale di separazione.
Battuta dal vento e dai marosi come la spiaggia bianca che la 'ricovera', Augusta congela il desiderio di essere collegata, vicina, prossima all'altro. Almeno fino a quando un bambino 'venuto dal mare' non la rimetterà al mondo, riparando un'assenza 'cullata' dentro l'ecografia che avvia il film e dissolve sul fiume. Perché il vento fa il suo giro e tutto ritorna. Marzia Gandolfi

Approfondimenti
rassegna stampa

Commenti